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Bilanciare le due propensioni, riflessioni su “Mantra&Meditazione” di Swami Ritavan Camaldoli maggio ’25 n. 2

Il mantra è alimentato da una emozione che può condensarsi in una percezione più ricca di se stessi, una intuizione che incoraggia a proseguire. Dall’altro lato vi è il peso del samsara che gioca all’apposto. Per esempio dal vivere una emozione positiva può emergere la possessività egoica, oppure proprio quel seme può ricollegarci alle tante perle che giacciono nel profondo di noi stessi. Come fare a riconoscerle? Perché ci donano un barlume di pace che a sua volta, nel circolo del divenire, è alimento di incoraggiamento nella pratica.

Distinguiamo due realtà, quella in cui si muovono i sensi e i loro oggetti e quella che ci riconduce a noi stessi. Noi viviamo ogni attimo ora affascinati dai molteplici colori creati dai sensi e ora stupiti di intravedere anche solo per un attimo una luce dentro di noi. La nostra pratica dovrebbe bilanciare queste due propensioni. Per far questo, abituati come siamo all’estroversione, si richiede lo sforzo della pratica. Attenzione a non crearsi un’altra forma di stordimento: distrazioni quotidiane e ubriacatura di pratica. Richiedono entrambe di essere accompagnate dalla chiara visione di chi siamo. Solo allora ci si può rendere disponibili alle risonanze silenziose del mantra.

Nel mantra vi è la possibilità, se a lungo praticato, di superare il dualismo tra questi due recinti, quello del mantra e quello della vita quotidiana. Al posto di questo dualismo potrebbe emergere la loro simultaneità e pervasione. Non si tratta di due “cose”, è la fusione delle due cose.

L’esperienza di questa coesistenza nasce dall’abilità di viverli ‘assieme’, all’insorgere della vivacità dispersiva delle mente simultaneamente si accende il mantra a placarla. Perchè questo accada occorre aver una buona confidenza con il mantra, vale a dire che deve essere a lungo praticato. Allora più che avvalersi del mantra per spegnere i samskara, questi, in virtù di un mantra interiorizzato, si dissolvo alla loro radice. Se questo non accade allora interviene a posteriori il filo spinato di un mantra “secco”, arroccato sulla difensiva. Perde però, così facendo, la sua apertura alla luminosità. Da un mantra che opera come una àncora che ci tiene saldi in un golfo ad un mantra che illumina con sicurezza la navigazione anche in alto mare.

Rodolfo S.

 

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