L’Indefettibile – Brhadaranyaka Upanishad
Questo testo tratto dalla Brhad-aranyaka Upanishad, III,viii, 8 seg.: parla dell’Indefettidile.
E’ questa la traduzione del termine sanskrito “Indefettibile: “a-ksara”. Talvolta lo troviamo tradotto come “immutabile” o “indistruttibile” (AI) ma queste definizioni rimangono “alte” e trascurano la radice di questo termine che è al contempo alto-e-basso, allude sia ad una realtà eterna sia alla sua immanenza. Pervade ogni essere, è la radice che sostiene e dà senso non solo al mondo umano ma a quello di ogni esistente.
Una parola così inusuale con “Indefettibile”, che Pio Filippani-Ronconi usa anche con la maiuscola, aiuta a rallentare il passo, a chiedercene il significato. Su AI trovo che questo termine viene esplicitato come “qualcosa che non può venir meno, che è destinato a durare per sempre”.
Mi sembra che AI colga appieno questo significato all’inizio nel primo esempio, Indefettibile come “qualcosa che non può venir meno” mentre la seconda parte della definizione – “che è destinato a durare per sempre” – introduce la dimensione ‘tempo’ estranea alle speculazione dell’antica India.
Tra queste due formulazioni dunque tralascerei la seconda, mentre la prima coglie appieno per me il senso di questo termine: qualcosa che non può venir meno. “Indefettibile” è un richiamo, una allusione a ciò che è ed è sempre stato alla radice di qualunque aspetto della vita, il “suono primordiale dell’universo” o ancora “la verità eterna che dimora in ogni essere vivente”.
Questo passo mi guida al raccoglimento. Assimilando questo termine, “Indefettibile”, vengo indotto ad una certezza che si cela in ogni cosa, che è la radice di ogni cosa, è la sorgente di ogni cosa.
Così durante la meditazione, seduto sul cuscino, anch’io mi sento “indefettibile”, sento che ogni respiro mi vuole condurre a quella centralità che sostiene ogni cosa, ogni essere, anche me, anche me proprio ora. Mi aiuta a travalicare l’idea che la meditazione sia una acquisizione quando invece è uno spogliamento. Tutto si riconduce a questo “indefettibile” che non è una persona o qualcosa di ‘concreto’, di ‘identificabile’, non è un conformarsi alla verità, ad una verità, è essere qui seduti ed avvertire stupito che nessuna risposta può appagarmi. L’Indefettibile è un baricentro che è sempre lì, pronto a farsi riconoscere. In ogni momento è, in ogni momento non-è. E’ il ricordo da ravvivare.
I passi della Brhad-aranyaka Upanishad che qui riporto hanno sempre come interlocutori il saggio Yajnavalkya e la sua discepola più sensibile, Gargi. Qui vediamo che la parola Indefettibile non è né questo né quello, così come non è neanche il tempo, le ore, i giorni e le notti, le quindicine, i mesi e così via. E giunge infine alla stupenda definizione che questo Indefettibile è “lui che non è visto e che vede, che non è udito e che ode”.
Brhad-aranyaka Upanishad, III,viii, 8
8. Egli (Yajnavalkya) ora le disse : ” < Lo spazio etereo è tessuto e tramato su quel principio > che i brāhmana (i maestri) , o Gārgi , chiamano l’Indefettibile [ a-kṣara ], che non è né grosso né sottile , che non è né corto né è lungo , che non è fiamma e non è liquido, che non è colorato né oscuro, che non è aria né etere , che non è aderente, che non ha sapore , non ha odore , è privo di occhi , è privo di orecchi , è privo di voce , è impercettibile , è privo di calore , non ha soffio , non ha bocca , è immisurabile , privo di interno e privo di esterno ; questo principio nulla mangia e non è da alcuno divorato”.
9. ” E , invero , sotto l’autorità di questo Indefettibile che il sole e la luna stanno al loro posto : è , invero , sotto l’autorità di questo Indefettibile , o Gārgi , che il cielo e la terra hanno una propria esistenza ; è, invero, sotto l’autorità di questo Indefettibile , o Gārgi , che secondi ed ore , giorni e notti , quindicine , mesi , stagioni , anni , hanno ciascuno il proprio corso ; è , invero , sotto l’autorità di questo Indefettibile , o Gārgi , che scendono i fiumi , gli uni ad oriente , gli altri ad occidente dei candidi monti”.
11. ” In verità , o Gārgi , questo Indefettibile è lui , che non è visto e che vede , che non è udito e che ode , che non è pensato e che pensa , che non è conosciuto e che conosce ; non esiste fuor di lui altro veggente , altro udente , altro pensante , altro conoscente . E , in verità , è su questo Indefettibile , o Gārgi , che l’etereo spazio è tessuto e tramato”.
Testo edito da Boringhieri (ristampa 1977) curato da Pio Filippani-Ronconi pp. 108-109
