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Compassione, consigli di pratica di Tae Hye sunim – dicembre ’17

Indicazioni per la pratica di Dharma dicembre 2017-gennaio 2018 (2561-2562 E.B.):

Compassione

Il Buddha ha insegnato a coltivare le quattro “dimore divine”: benevolenza (metta), compassione (karunā), gioia compartecipe (muditā) ed equanimità (upekkhā)  –  questi sono atteggiamenti non egoici. Diventano stati mentali incommensurabili quando sono diretti a tutte le creature, senza discriminazione. Metta significa  atteggiamento gentile, benevolo in generale. Quando si sente profondamente la sofferenza degli altri e si augura la liberazione dalla sofferenza, quella è compassione. La partecipazione alla felicità e al successo altrui è gioia compartecipe. La tranquillità equa prevale quando la pace della mente viene mantenuta sia nei momenti positivi sia in quelli negativi della vita.

Oggigiorno si parla molto dell’amore. Tuttavia, la parola ‘amore’ è vaga – di solito significa affetto che qualcuno prova per qualcosa. Coinvolge un ‘io’ che ama qualcuno o qualcosa. Quando poi l’oggetto dell’amore produce delusioni, l’amore può trasformarsi in odio. La compassione, al contrario, è un sentimento privo di aspettative personali. E’ sensibilità empatica, desiderio puro di alleviare la sofferenza degli altri. Non si tratta di soffrire con qualcuno, cioè di entrare in una forma di commiserazione che causi tristezza anche a noi. Compassione significa operare per alleviare la sofferenza, quando è possibile. La compassione è l’opposto dell’indifferenza, dell’incapacità di ascoltare e di comprendere i dolori altrui. E’ l’opposto della crudeltà.  L’atteggiamento compassionevole è vicinanza, il punto di partenza per parole e azioni compassionevoli.

Nella pratica della compassione (karunā-bhāvanā) si rivolgono pensieri di compassione verso una o più persone (o animali) di cui sentiamo la sofferenza nel nostro cuore. Ci sono diverse versioni di questa pratica. Una è la meditazione tonglen della tradizione tibetana, basata sul respiro, in cui il meditatore visualizza in ogni inalazione il dolore degli altri esseri nella forma di un fumo nero, per poi in ogni esalazione trasmettere compassione e gioia, come luce bianca ai sofferenti.

Per la pratica del periodo invernale consiglio:

1. Praticare la meditazione della serena consapevolezza ogni giorno.

2. Qualche volta durante la settimana fare la pratica di karunā, rivolgendosi a qualcuno con pensieri compassionevoli, per esempio per cinque o dieci minuti. “Che lui/lei si liberi dalle sue sofferenze, ansie, paure, sentimenti di odio …”. L’irradiare pensieri altruistici può anche riguardare un gruppo di persone, ad esempio una famiglia problematica. Alla fine si contempla tutti gli esseri, indipendentemente dal fatto che siano simpatici o antipatici, buoni o cattivi.

3.  Agire compassionevolmente nella nostra vita quotidiana. Come posso aiutare concretamente altri esseri sofferenti?

Per essere uno stato sublime della mente, la compassione deve andare oltre il limitato gruppo di persone che amiamo e dei quali ci prendiamo cura. In altre parole, se la compassione abbraccia la vita nella sua totalità in ogni sfera di esistenza, diventa un atteggiamento incommensurabile. Questa è la grande compassione (mahākarunā) del bodhisattva; include la saggezza e il desiderio di condurre verso il risveglio tutte le creature che soffrono nel ciclo del samsāra.

Nella foto il  Bodhisattva Avalokita (Guanyin) della compassione universale nel suo aspetto femminile

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