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Quale statua preferisci?

Quale statua preferisci? La Pagoda buddhista di Pieve a Socana

di Rodolfo Savini 29ago11

La domanda sembra uno scherzo insolito o un gioco dell’intelletto; sarebbe a suo luogo ad una fiera d’antiquariato. Dietro a questa domanda vi è una questione che scuote in questi giorni l’equilibrio de La Pagoda di Pieve a Socana, sede dell’Associazione socio-culturale – Onlus omonima.

Si tratta di un complesso incontro tra il nostro modo di vivere la dimensione laica del buddhismo, il suo insegnamento umano, psicologico e sociale e quello di Paesi in cui predominano culture e strutture familiari tradizionali, pressochè statiche, in cui il buddhismo è una religione, un culto e il monaco è la guida indiscussa del suo cerimoniale. E’ una questione di grande rilievo e che va affrontata con sensibilità, rispetto ma anche chiarezza e determinazione.

Il Tempio de La Pagoda è ‘rinato’ proprio a fine giugno ‘11, dopo due anni di impegnativi lavori che lo hanno trasformato. In realtà è ora qualcosa di ‘diverso’. Si fondono tra loro aspetti del tutto nuovi. Il ‘mosaico’ della cupola realizzato con frammenti di mattonelle, le stesse con cui Gaudi in Spagna ha dato forma alla sua arte, incontra, all’interno della cupola, i mosaici che raccontano gli insegnamenti del Buddha. Cultura e arte d’Oriente e d’Occidente danno voce ad un messaggio nuovo. Il Tempio assume un fascino inaspettato e suscita nuovi entusiasmi. Eccoci alla questione che dà serietà e peso alla nostra domanda iniziale: il colore delle statue.

Entriamo nel Tempio per vedere che cosa sta accadendo. Dal parquet, che nasconde il nuovo impianto di riscaldamento a pavimento, emerge sulla destra un altare, un ampio altare di legno realizzato da un grande amico de La Pagoda. Sportelli a scorrimento permettono di riporvi,  suppellettili o libri, sul piano sovrastante già si vedono fiori e ciotole con gli incensi e un supporto che sostiene la candela, una campanella pronta a cadenzare il tempo. Ancor sopra a questo un altro piano per le statue del Buddha. Il tutto nel rispetto della visione tradizionale dei Paesi d’Oriente con una semplice apertura della nostra cultura occidentale a quelle realtà.

Nel progettare e realizzare un tale altare non riuscivamo a intravedere i problemi che avrebbe creato. Prima vi era un vecchio camino in finta pietra e la statua, una statua, era celata dalla cappa e riposava tranquilla sul piano dove una volta ardeva la legna.. Era sola, là in basso e solo sedendoti a terra, potevi guardarla viso a viso. Ora invece l’altare si è alzato, si è allargato si è abbellito nella sua forma e da qui iniziano, piccola scintilla, i danni. Vediamo i protagonisti. La nostra Comunità italiana, quella dello Sri Lanka, quella del Bangladesh e sullo sfondo il nostro Statuto. Siamo già sul terreno minato.

Tra noi italiani, quando nel 1999 il Tempio si trovò abbandonato a se stesso, si decise di dar vita ad Associazione che potesse riprendere l’attitudine che il suo fondatore gli aveva impresso. Luigi Martinelli, ingegnere aretino, aveva realizzato questo Tempio per farne una cassa di risonanza di una sua intuizione, allora – siamo a metà anni ’70 – era davvero un precursore dei tempi: il “buddhismo scientifico”. Tra le tante trovate che la mente umana riesce a formulare questa ci è sembrata da subito davvero salda e ben centrata.  Fa risuonare, nel silenzio della cupola de La Pagoda, la profezia di Albert Einstein: “La religione del futuro dovrà essere una religione cosmica, che trascenda il Dio personale ed eviti dogmi e teologie. Dovrà abbracciare la sfera naturale e quella spirituale, basandosi su un senso religioso che nasca dal sentire tutte le cose naturali e spirituali come un’unità carica di senso. Il buddhismo corrisponde a questa descrizione. (…) Se esiste una religione in grado di far fronte alle esigenze della scienza moderna, quella è il buddhismo”.

Il buddhismo vive anche ad Arezzo nelle casa di molte famiglie dello Sri Lanka e del Bangladesh. In questi Paesi si pratica il “Buddhismo degli Antichi” in cui ci si attiene scrupolosamente ai testi redatti dai primi discepoli del Buddha. Molto diverso da quello del “Grande Veicolo”, più aperto verso l’esterno, presente in forme diverse in Tibet (“il buddhismo tibetano”), Vietnam, Cina, Corea e Giappone, dove acquisisce il nome di “Buddhismo Zen”. Ognuna di queste grandi aree imprime alla sala del tempio un aspetto diverso, ha il suo arredo religioso: statue di un colore o di un altro, di una forma e di un’altra, altari colmi di immagini fino, all’opposto, a sale di meditazione totalmente vuote.

Tra gli italiani che gravitano intorno all’Associazione La Pagoda – Onlus vi è chi si attiene ad una o all’altra di queste diverse correnti. Nessuno di noi avverte l’esigenza culturale o religiosa, forte in queste Comunità dello Sri Lanka e del Bangladesh,  di voler “trasferire” a Pieve a Socana il Tempio di quelle specifiche tradizioni, di quegli specifici Paesi.

Nel buddhismo, salvo quello tibetano, manca una figura di riferimento, come p.es. il Dalai Lama, e la religione viene coltivata nei diversi monasteri con diversi orientamenti e … diverse statue. Non è mai capitato, come sta avvenendo a La Pagoda in questi giorni, che già all’interno di queste Comunità del buddhismo degli Antichi presenti nell’aretino si generi una tensione tra statue bianche e marroni, centrali o periferiche, ventotto o sette, grandi o piccole. Ecco la difficoltà che ci travolge. Per amicizia e rispetto vorremmo accontentare tutti ma è praticamente impossibile. Una soluzione che ci hanno prospettato è quella di metterle … tutte! Dividendole per colore, altezza o secondo quale altro parametro? Che insulto sarebbe a quei poverini che vorrebbero la sala di meditazione vuota!

In questa atmosfera si sono svolti i primi tre incontri di riapertura della “nuova” Pagoda. L’uno, il 26 giugno, in cui prevalevano le statue marroni; un secondo, il 17 luglio, in cui si erano state messe le statue bianche e il terzo, il 21 luglio, in cui l’altare, preparato questa volta da noi del Consiglio Direttivo, prevedeva statue bianche e marroni. Ma non andava bene, le statue bianche dovevano essere piccole rispetto a quelle marroni grandi. Dietro a tutto questo l’appello della Comunità dello Sri Lanka e del Bangladesh, attraverso la raccolta di firme tra le comunità “marroni” , di volersi palesare come vittime del nostro “sopruso”. La Comunità “bianca” si è ritirata dalla contesa, ma metterle tutte marroni a questo punto voleva dire incoraggiare uno specifico atteggiamento egemone che avrebbe impedito, in avvenire, evoluzioni più rispettose di esigenze diverse. Mantenere alcune statue bianche al centro è diventato quindi per il nostro Consiglio Direttivo sia soprattutto una scelta estetica (si definiscono assai bene sullo sfondo di pietra), sia l’ultimo appiglio per tutelane la laicità dello stesso contro l’invadenza di un ordine monastico appartenente ad una specifica tradizione. L’alternativa è quella di soccombere…  tra una miriade di statue o di far diventare La Pagoda un verso e proprio Tempio dello Sri Lanka-Bangladesh con le loro cerimonie e loro lingua, chiuse su se stesse, estranee al progetto che ha animato il suo fondatore, l’ing. Martinelli. Teniamo presente per in questi Paesi donare una statua al Tempio è considerata una importante azione “meritoria”. Il Tempio de La Pagoda – Onlus è 5×5! Verrebbe veramente voglia di dare retta a chi tra noi, di orientamento zen, volesse dire anche la sua: una sala totalmente vuota! Ringraziamolo per il suo silenzio.

Certo ad Arezzo le Comunità dello Sri Lanka e del Bangladesh sono molto numerose e compatte, niente a che fare con i soci italiani e laici dell’Associazione. Nel nostro Statuto però l’elemento di forza non è il numero, nè la localizzazione di una Comunità o di un’altra. Quello che vogliamo difendere è il principio della convivenza tra le tutte le diverse tradizioni buddhiste e le altre esperienze spirituali indipendentemente dal numero, anche fosse solo una  persona.

Alle Comunità dello Sri Lanka e del Bangladesh il Tempio de La Pagoda è sempre aperto. Accoglierli è ed è stata una gioia (da più di dieci anni svolgono con i loro monaci importanti Cerimonie presso il Tempio) ma in nessun modo possono ritenere che il dono e il messaggio che abbiamo ricevuto dall’ing. Martinelli perda il suo senso.

Nessuno vieta loro di realizzare altrove un Tempio che aggreghi le loro Comunità, conforme alle loro tradizioni. Fare pressioni o ingerenze, spesso in modo violento, sull’Associazione è una cosa di oggi, e guarda caso, oggi che il Tempio da una pericolante struttura, è diventato, con il nostro sforzo e con quello di sinceri praticanti cingalesi, un importante punto di riferimento per il buddhismo in Casentino e da domani nel nostro Paese..

 Sul nostro Statuto non può scendere la polvere, soprattutto dove si dice che: “L’Associazione intende alimentare l’incontro degli associati con le diverse esperienze religiose, coltivando il dialogo tra di esse, e in particolare diffondere la pratica del Buddhismo di tutte le tradizioni”. Già con le statue c’è chi vuol mettere a tacere le altre tradizioni.

Un ultimo appello ci viene da alcuni versi di uno  dei testi universalmente riconosciuto da tutte le tradizioni buddhiste, il Dhammapada, ma anch’esso, con tristezza, cade inascoltato:

 “Vieni, contempla questo mondo.

Guardalo: è un carro addobbato a festa.

Vedi come gli stolti sono rapiti

dalle proprie idee

mentre il saggio non nutre attaccamento”

Dhammapada, 171

 

 “Chi trasforma

vecchie e inconsapevoli abitudini

in gesti freschi e salutari

fa luce nel mondo

come la luna  libera dalle nuvole”

Dhammapada, 173

Aiutiamo queste Comunità tradizionali a conservare la loro religione ma anche ad aprirsi alla nostra cultura. E’ un piccolo passo che chiediamo. E’ un colpo di pennello che chiediamo.

Aiutateci a diffondere, come già avviene lungo tanti rivoli (basti per tutti l’Associazione A.Me.Co di Roma), un buddhismo scientifico e laico capace di sostenere la nostra esistenza di libertà  con la forza del raccoglimento e con la leggerezza dell’altruismo.

Un amico del Bangladesh, prendendomi in disparte, mi ha detto: pace, pace, pace. La sua religione incontra la mia libertà. Grazie, ti abbraccio di cuore.

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