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DIARIO 28 lug-5 ago 2011 (e se diventasse un fascicolo?)

 POI ANCORA SOLE…..E  VENTO

 Salite e discese

Fitti boschi e prati aperti

Prima sole e caldo

Ora pioggia e vento

 

Poi ancora sole

E  vento

 

Camminiamo così

coi nostri fardelli

che piano piano,

passo dopo passo,

diventano familiari,

non più estranei a noi stessi,

portati con gratitudine.

 

A volte mi ci aggrappo per non volare via!

 

Ma camminare per questi sentieri

ti fa dimenticare ogni distinzione

E anche la voglia di arrivare

e poi quella di ripartire

diventano la stessa cosa

 

Andare dove?

Siamo arrivati?

 Patrizia

 

28 luglio, giovedì  da La Pagoda a Raggiolo 

… E’ da qui che si scompare nella montagna, passando per vecchi casolari abbandonati…

Iniziamo come da copione: yoga e meditazione – giochiamo in casa! Se non siamo così rigorosi al Tempio, come faremo ad esserlo durante il percorso? … e infatti non lo saremo!!! La stanchezza e la non abitudine al cammino (… anche dei piedi!) talvolta hanno fatto saltare questo appuntamento o ne hanno ridotto la partecipazione ad una élite.

Rosanna è con noi e generosamente ci alleggerisce, in questa prima tappa, dal peso degli zaini: nella sua auto rimane solo un posto per lei! Nei giorni passati con Gianluca avevamo  già sperimentato il percorso. Del primo tratto ne eravamo a conoscenza perchè era stato oggetto di una ‘esplorazione podistica’, del secondo perchè era stato percorso con la macchina.

Si parte in salita accanto al bosco de La Pagoda. E’ un sentiero che i frequentatori del Tempio compiono spesso, si sviluppa tra boschi e campi per giungere a Castelfocognano.. Propongo un diversivo per vedere la Chiesa, ma è meglio sempre lasciar da parte i … diversivi! Da Castefocognano si scende giù nella valle. Si passa un torrente e poi, svoltando a destra, si fiancheggia una azienda zootecnica, con un enorme capannone di mucche.

E’ da qui che si scompare nella montagna, passando per vecchi casolari abbandonati, lungo sentieri stretti ma ben tracciati, immergendosi tra i primi rilievi fino a trovarci oltre Casole. Là ci immettiamo sullo sterrato che va da Castelfocognano ad Ortignano, poco avanti ci troviamo a la Vanna.  In un sopralluogo avevamo conosciuto proprio una signora che abita in questo gruppo di case. Gianluca, bussando alla prima, la trova subito. La pioggerella che cominciava a creare un lieve disagio, l’ora di pranzo, insomma … la signora ci dà modo di avvalerci di un gazebo in giardino. E’ la prima tappa e quindi dalle sacche rimaste con noi saltano fuori sacchetti su sacchetti … ci riportano alla nostalgia della casa lasciata  e al timore di non trovare il necessario.

Ormai si scorgono diversi paesini. “Quello è Ortignano?” – “No, è più avanti”. Gianluca non ci fa visitare Ortignano, ma con una stretta svolta a sinistra ce lo fa vedere … dall’alto! Il sentiero ci porta fuori dall’asfalto, ma al prezzo di dover salire su un monte. Questo è il fascino dei sentieri che tagliano fuori l’abitudinario e ti fanno scoprire il paesaggio da un’altra prospettiva. Dopo l’ascesa, finalmente si scende di livello (c’è chi ha un orologio altimetrico e sa rispondere ad ogni domanda) sino ad arrivare ai ‘piedi’ di Raggiolo.

L’insegna di un albergo viene presa per la nostra e ci solleva d’animo. Una volta giunti ci accorgiamo che non è per noi. La proprietaria sta aspettando un gruppo francese e tra noi c’è solo un’amica francese! Ancora più in su. L’unico sollievo è che domani ci risparmieremo questa salita: la stiamo pagando in anticipo.

Il B&B è proprio nella parte più alta ma, prima di giungere a destinazione, ci riposiamo in paese e facciamo un po’ di spesa. Il B&B ha la cucina e così possiamo provvedere da noi. Con la spesa fatta in bottega abbiamo tutti gli ingredienti e soprattutto una efficiente equipe. Ci dà gusta ritrovarci di già ‘in situazione’: la prima tappa ci pensate? Gli ‘ingredienti’ ci sono tutti, dall’appetito, alla fatica, all’amicizia. La cena chiude la serata.

Il B&B è composto da due appartamenti, uno al piano terra, più oscuro ma con un bel lettone l’altro ampio con camera e tinello. Ci dividiamo: due sotto, due in camera e due nel tinello: pronti… via! Parte la caccia a cuscini e improvvisati materassi, c’è chi riesce ad avere la meglio!

Prima di dormire un gioco di società: vedere chi è più abile nell’incollare la scarpa di un’amica.  La sua suola apre la bocca e dice: “Vediamo se riuscirò a farti inciampare al prossimo passo!”.  Le tappiamo la bocca con i “Centochiodi” … vedremo domani chi avrà la meglio! Per fortuna siamo stanchi , altrimenti senz’altro qualcuno di noi si sarebbe svegliato di soprassalto nel pieno della notte gridando: “La suola parla”!!!

 

29 luglio, venerdì – Da Raggiolo alla Croce del Pratomagno

Uscire dal fitto del bosco è una sorpresa che lascio a voi scoprire in una vostra prossima escursione nella vallata de La Pagoda…

Lasciare Raggiolo vuol dire lasciare molto: i soldi per l’affitto delle camere (non tanto poi se  … diviso per quattro!), lasciare i fiori che contornano le case abitate per lo più d’estate da chi vi ritorna, ma vuol dire anche lasciare … le scarpe. Si è cercato di ripararle con i ‘Centochiodi’ (… non vorrei essere quel piede che vi entra …). La suola si è ribellata ai ‘chiodi’ ed è rimasta a Raggiolo.

Nell’uscire dal paese alcuni ci indicano la strada. Non dico nulla, basta guardare le linee di livello: dai 600 mt ai 1600 mt: ma chi ci ha messo quell’ ‘1’  là davanti?!?!

La salita. Pur impegnativa, è molto suggestiva. Enormi massi qua e là delineano il tracciato del sentiero. Una particolare vegetazione, una foresta di enormi tronchi incavati in cui rifugiarsi per ascoltarne la storia. Come si fa a non esserne attratti!

La salita indubbiamente sfianca. !Una sosta meritata ci permette di … alleggerire il ‘nostro’  zaino, sempre rispettando gi altri … certo! C’è anche chi, nella fretta della partenza, ha scambiato la bottiglia dell’acqua con quella del vino. Forse è succo di mirtillo, questi camminatori nascondono sempre qualche sorpresa.

Si prosegue lungo la Costa dei Ciliegi. Si sente un rumore nel bosco fuori sentiero: nessun animale, è un cestino di funghi che porta una persona, ehm, è il contrario. E’ una avventurosa cercatrice di funghi che a conclusione di un weekend micologico, si appresta a portare in esposizione i funghi della zona. Ci supera, poi scompare, ce la ritroviamo nuovamente alle spalle per poi dileguarsi con un sonoro saluto.

Raggiungiamo Baita Buite candidata ad essere un nostro punto di pernottamento. A distanza ci sembra già occupata. Saranno gli scout. Invece è una ditta edile che la sta ristrutturando e allora questa opportunità sfuma. Ce ne sono comunque altre due, vedremo se c’è posto per noi.

Uscire dal fitto del bosco è una sorpresa che lascio a voi scoprire in una vostra prossima escursione nella vallata de La Pagoda (speriamo insieme a noi!).

Qualche foto, più silenziosa delle parole, può dirci qualcosa. Lo spazio si apre in un dolce rincorrersi di promontori ognuno tinto dalla luce con il proprio colore. In questo morbido sentiero si arriva in vista del secondo punto di sosta. Vediamo anche qui tanto movimento e un vocìo allegro e disordinato. E’ un bivacco. Un gruppo di scout, intorno alle griglie, assaporano ancora qualcosa del loro pranzo. Il cielo si fa nuvoloso e, discesi verso il bivacco, ora piove, ora smette, ora diluvia. In una pausa si va a far legna, ci si dedica  a pulire il bivacco che è da tanto che non conosce questa parola. Si monta anche la tenda, almeno serve a qualcosa, dopo averla portata così in alto.

Dagli scout si voleva rimediare un po’ di brace per accendere il nostro camino, ma ci danno direttamente la diavolina. La tenda, destinata al suo legittimo proprietario, ha subito una illecita occupazione. Tra noi una persona non c’è più … si è ‘rificcata’ nella tenda per riposare senza sapere che potrebbe restarvi (o  galleggiare …) per il violento scroscio di pioggia che aveva ripreso in quel momento.

Il bivacco, piccolo e poco luminoso, ci induce a restare fuori, incollati al muro per riposarci. Un rivolo d’acqua arriva silenzioso lungo il muro: ‘Attenti!’. Di nuovo in piedi e zaino in salvo dentro al bivacco meravigliosamente ripulito da qualche ‘mano santa’.

L’impresa della giornata non è però finita: dove è la Croce del Pratomagno? Ancora più in su, prima l’avevamo intravista e ora … vogliamo raggiungerla. Sotto la pioggia che riprendeva a scendere giungiamo alla Croce, ma anche qui gli scout ci avevano preceduto!

Per cena nessun dubbio: al ‘Giocondo’ e quindi ancora a piedi verso il ristorante. Gianluca li aveva avvertiti. Al ristorante c’era la nostra tavola, già grande, e di fronte,un’altra tavolata tre volte la nostra: è il gruppo micologico! C’è la cercatrice instancabile che tiene banco. Poco prima, su un tavolo nella veranda, erano stati messi tutti i funghi trovati; i presenti facevano domande, li osservavano incuriositi, li toccavano per saggiarne la consistenza e l’odore. La nostra cercatrice ci saluta, passa da noi con un sacchetto: “Prendete pure queste vengono da casa mia, non dal bosco del Pratomagno!”. Nocciole squisite: grazie!

Ci si mette a tavola e si rallegra la serata con varie discussioni alimentari che alla fine si focalizzano sul vino. E’ possibile “far transitare” le bottiglie da un tavolo ormai lasciato? Si apre un confronto economico ed etico, che attenua i suoi toni in quel tratto di strada che ci riporta al bivacco.

 

 

 

30 luglio,  sabato -  dalla Croce del Pratomagno ai Bagni di Romagna

Non resisto, la rincorro con il fiato in gola, le chiedo qualcosa in più sulla sua esperienza e se possiamo farci una foto insieme: anch’io ho una maglia da podista!…

 

 Il sole entra dalla finestra, ma non scalda. Accendo il fuoco con la legna ancora calda coperta dalla cenere. Quando gli amici si svegliano l’ambiente è più asciutto e con calma possiamo preparare i nostri zaini e apprezzare questo spazio che, da quando siamo arrivati, si è trasformato in qualcosa di più nostro. La prossima volta bisogna ricordarsi di portare una scopa che non abbia i capelli tagliati a zero!

Arriva nel bivacco anche chi, possedendo la tenda, è stato costretto, giocoforza (non hanno ancora inventato i sacchi a pelo a castello!) alla grande prova: ieri di montare e oggi di smontare e imbustare i pezzi – ce ne è sempre qualcuno che manca o è di troppo.

Gli zaini rimangono lì mentre noi tranquilli andiamo al ristorante di ieri, “Il Giocondo” a fare la nostra colazione. Ci sediamo all’aperto con il sottaciuto desiderio, chiusi gli occhi al sole già caldo, di veder scorrere la terra sotto ai nostri piedi e di trovarci già là, ai Bagni di Cetica. Basta una voce: “Si va, allora?” per riportarci in carreggiata, contenti  dentro di noi, di poter calpestare metro a metro il sentiero per Bagni.

Torniamo al nostro bivacco, prendiamo gli zaini e di nuovo in su, verso il crinale del Pratomagno.

Avvengono incontri ravvicinati con mucche al pascolo che, incuriosite, si avvicinano per annusare di che animale si tratti. Giunti al crinale, mentre per la Croce si svolta a sinistra, noi, diretti verso Cetica, volgiamo sulla destra.

Si prosegue per un sentiero ora tracciato nell’erba, ora immerso, per brevi tratti, in una vegetazione bassa e fitta. Questo percorso ha un fascino particolare. Non presenta difficoltà e ti senti in equilibrio tra due grande vallate. Da un lato il Casentino che stiamo abbracciando con il nostro giro e dall’altro la pianura del Valdarno che via via sfuma tra le colline del Chianti verso il mare.

Per strada incontriamo un cane che a fatica riusciva a seguire la sua padrona. La vediamo passare, scambiamo due parole, ma tanto basta per farle sputare il rospo! Ha fatto per più anni maratone con percorsi in montagna e tra i primi premi ce ne era sempre uno per lei. Nel tornare indietro, ci supera con passi silenziosi: “Ah, sì, mi piace camminare veloce, voglio riabilitare pian piano l’articolazione del ginocchio” … per fortuna ‘pian piano’.

Non resisto, la rincorro con il fiato in gola, le chiedo qualcosa in più sulla sua esperienza e se possiamo farci una foto insieme: anch’io ho una maglia da podista!

 

Non saprò dove mandargliela, comunque so che ci siamo conosciuti. Sul Pratomagno incontrare una podista è una bellissima sorpresa. Forse più toccante di quella di ‘toccare’ le more. Scivolano in bocca con tecniche diverse, una ad una oppure colte e tesaurizzate per trangugiarle tutte insieme, di tanto in tanto appare anche, incerto, qualche gesto di altruismo.

Giunti all’incrocio di Poggio Varco di Castelfranco, qualcuno già parte per la tangente, ma vengono richiamati: “Quale strada facciamo? La strada o il sentiero che passa per il Valico?”. Domande così poste non ammettono repliche e allora eccoci tornare di poco indietro per riprendere il sentiero 00.

Tra scorci e spazi senza fine si giunge ai piedi dell’ Uomo di Sasso” (è una montagna). Vi è un vento impossibile e, data l’ora, si trova un avvallo in cui rifugiarci per far sì che non sia il vento ad avere la meglio sui nostri panini. Dopo qualche momento di riposo si prosegue per quel poco che manca all’Uomo di Sasso e da qui si comincia a scendere verso i Bagni di Cetica.

E’ un discesa tra viottoli e asfalto fino a giungere alla svolta, sempre più in discesa, verso i Bagni di Cetica.

Questo è un posto davvero accogliente, fatto di prati pianeggianti e di due vecchi casolari ben tenuti. La famiglia che lo gestisce viene qui durante la primavera-estate. Bagni di Cetica: “bagni” a 5 gradi in vaschette poco più ampie di uno spogliatoio di piscina, chiuse in piccole celle individuali. In quell’acqua così fredda di certo non si ha tempo di farsi qualche bracciata!

Nel tardo pomeriggio si apprezza di più il prato, senza scarpe i piedi si rilassano nell’erba morbida e da poco tagliata. Aspettiamo Serena e Giovanni che ci dovrebbero ora raggiungere. Sappiamo che sono rimasti bloccati dal ritardo di un treno. Intanto all’albergo camere, docce, lavaggio di panni: scendiamo tutti lustri (abbiamo indosso l’abito meno sporco!) per l’appuntamento serale: la cena. Stamane lassù per l’umidità e ora quaggiù per la stanchezza niente meditazione e yoga. A cena Serena e Giovanni ci raggiungono.  A tavola c’era già il posto per loro. Passato il momento dell’incontro, ci ritroviamo come amici da sempre.

 

 

31 luglio 2011   Da Bagni di Cetica a Pieve di Romena 

 … “Questo è quello che c’è!” ma prepara tutto con tanta tempestività da soddisfare prima la fame che le fantasie ‘egoiche’ di qualcuno di noi…

 

I Bagni di Cetica! Che bel coraggio! Acqua fredda a 5 gradi ‘costanti’, aggiunge orgoglioso il proprietario. L’acqua emerge dalla montagna e passa per una cisterna poco più in su. Il luogo è molto accogliente. Un gran giardino ben curato e pronto con tavoloni di legno e panche, gazebo e  sdraio. L’idea di una doccia fredda era lontana dalle mie previsioni. La vasca, capace di contenere solo una persona, era in cemento ed entravi e chiudere quella porta di legno con una piccola feritoia dava l’idea di un’ “ultima” spiaggia.

Dopo che il primo di noi, varcata quella soglia, ne esce tranquillo esaltando i benefici più immediati di quelle acque (una brochure non so quante ne elenchi), un’altra amica lo segue (poi abbiamo saputo che aveva bagnato solo i piedi …), un altro ancora supera le titubanze, va, apre la porta e zluf entra e poi salta fuori al sole e poi ancora una volta e ancora un’altra fino ad arrendersi al mite caldo del sole sul soffice manto d’erba.

Tra tutte queste emozioni ci ricordiamo di svuotare le nostre camere e di scendere per raggiungere chi già aveva iniziato la colazione compresa nel prezzo. Buoni biscottini e torta ma ohibò! Niente bustine nè di the nè di orzo, solo caffè! La cameriera fa avanti e indietro tra cucina e sala, così rapidamente per evitare l’imbarazzo di una colazione all’asciutto.  C’è comunque tra noi chi prevede tutto e allora si ordina solo … acqua calda, da una di quelle borsette magiche che un’amica salta fuori una preziosa … tisana!

Una bella foto di gruppo e poi, non prima delle 9.30 giù verso Cetica.

Il sentiero dapprima scende giungendo, passato il paese di Cetica, ad un antico ponte sul torrente Soiano. Ora inizia la montagna russa, che scende e sale e, senza scampo, una bella impennata (ehm … se avessimo avuto la moto …) su ancora tenendosi a monte del fosso della Lama verso … la strada!

Una sosta d’obbligo almeno per renderci conto di dove siamo: può sembrare di essere usciti dall’era glaciale al vedere il reperto di un “animale preistorico” trovato da una nostra amica.

Percorriamo la strada sulla sinistra per poco e poi, laddove piega sulla destra, noi si prosegue dritti e per fortuna abbiamo chi ci indica il percorso! Qui, tra viottoli e strada asfaltata si giunge, ripassato il ponte sul Soiano, ad una tappa intermedia … cioè è l’ora di pranzo.

Siamo a Strada in Casentino. E’ già tardi e i negozi mettono in mostra solo le loro saracinesche fatto salvo un artigiano-pittore che nel suo studio dipinge tranquillo seguendo i tempi della sua arte.

Si giunge nella piazzetta dove corriamo verso l’unico bar (anche ristorante!) che, imitando gli altri, sta per chiudere. La signora che lo gestisce è una donna pratica e risoluta, ci mette in riga e con determinazione ha la meglio sui nostri gusti che, nonostante la stanchezza, non si sono ancora fiaccati. “Questo è quello che c’è!” ma prepara tutto con tanta tempestività da soddisfare prima la fame che le fantasie ‘egoiche’ di qualcuno di noi.

Alcuni volti sono però inespressivi, diciamo che ‘stanno pesando (intanto però mangiano lo stesso…) a come aggirare i restanti km con l’aiuto del pullman di cui avevamo già visto le fermate poco prima. La signora del bar così efficiente e rapida nel servire deve esserlo altrettanto nel camminare o nel correre perchè ha confuso le nostre gambe nelle ruote della sua auto! “Pieve a Romena? Siete già arrivati, manca poco” e ci indica come prendere una tranquilla strada secondaria. Gianluca annota tutto con tanto di carta alla mano. La signora ci ha così fascinati sul percorso restante che anche i più ‘timidi’ si dimenticano del pullman e così continuiamo tutti insieme ma … nella direzione apposta. Nel giungere in paese non ci era sfuggito il parco comunale. Se eravamo veramente così vicini come la signora ci aveva detto, era naturale che venisse un’idea: “riposiamoci un po’”. Miracolosamente le panche divengono letti, il prato una comoda sdraio.

I più tenaci, suggestionati dal posto (o timorosi di sdraiarsi: bisogna poi rialzarsi!) si portano lungo il fiume in cerca delle “loro” pietre , comode anche se non come il prato. Da una borsa salta fuori un libro di Raimundo Panikkar. Perchè non leggerne un passo? Patrizia inizia dalla prima pagina, si trova qualche difficoltà ella comprensione: gambe dure e … testa dura, che bella simbiosi! Forse sarebbe stato meglio ascoltare della musica … il fiume ce la stata suonando!

Dopo questo bel relax sentiamo ruggire i leoni: … è ora di ripartire! Brava con i clienti … meno come guida … le parole rassicuranti della signora del bar ci fanno imboccare con tranquillità la strada secondaria verso Romena.

E’ uno scorrere piacevole di sali scendi, solo che i km non scorrono mai. Romena è lontana e irraggiungibile. Comincia a farsi tardi e la possibilità di essere presenti alla conferenza di  don Luigi Ciotti per festeggiare l’anniversario dei 20 Anni di Romena pian piano sfuma. Per rincuorarci di tanto in tanto, fermandoci davanti a qualche abitazione, poniamo la fatidica domanda “Quanto ancora per Romena?” le risposte erano sempre le stesse “E’ ancora un bel camminare”.

Sarà perchè ormai non ci usciva più il fiato e solo con gli occhi potevamo riformularla davanti all’ennesima casa che un signore non esita ad offrirci una passaggio in auto (non ditelo a nessuno … per dei pellegrini un passaggio in auto!!!). Quanta generosità: “Allora vai tu”, “no, vai tu con gli zaini, noi si prosegue a piedi” Ingenui! Anche la moglie esce e senza darci neanche la possibilità di fare qualche convenevole ci troviamo tutti sulle loro due auto. Per fortuna nessuno di noi soffre di mal d’auto: non so quanti km di salite e discese, curve di qua e di là ci sono volute per arrivare a Romena. Ringraziamo, la voce e l’entusiasmo ci sono tornati, ma restiamo ancora un momento insieme per raccontarci ancora qualcosa delle nostre avventure.

La cerimonia con il discorso di don Luigi Ciotti è ormai conclusa, anche la liturgia è finita e anche del ricco rinfresco per i 20 anni di Romena non rimane che qualche pezzo d’anguria. Rimane la musica con due gruppi che ora suonano insieme ora si alternano, l’uno formato da un gruppo tedesco, l’altro da un gruppo africano. Quest’ultimo ha proposto la musica d’addio, così sfrenata che sembrava voler rincorrere il ritmo per non lasciarlo andar via.

Ritornati nuovamente in noi stessi prendiamo atto di come la nostra cena, neanche iniziata sia già conclusa! Anche per dormire la responsabile interpellata risolve facilmente la questione: “Ci sono i gazebo, usateli pure” – “Grazie”. Sotto i due gazebo ci sono dei tavoli di legno allestiti per le soste di visitatori occasionali della cui presenza rimanevano ancora i segni sul prato. Soluzione: dormire sulle panchine o sui tavoli… Vediamo così “già” risolto, si fa per dire, ogni problema per la notte….

… quando appare… Sì, appare il volto sorridente di una donna: “Siete pellegrini? Arrivate ora? Seguitemi nella foresteria, vi farò conoscere lo spirito di Romena” il resto non si può immaginare. Dai gazebo e senza cena, tutto cambia nell’opposto. Ci riesce Assunta, questa ragazza che, pur conoscendo Romena , era lì solo da una settimana. E’ la nostra ‘padrona di casa’ e ci fa accedere nel mondo dell’ospitalità … “… è lo spirito di Romana … riecheggia nel nostro intimo.

Dietro alla foresteria ci fa vedere l’edificio che ci accoglierà per la notte. Si era già fatta l’ora della cena e della convivialità. Quante persone, quanta disponibilità e attenzione scorrono tra una pietanza e l’altra, tra una mano che la porge e quella che l’accetta. I piatti sempre colmi di ciò che nutre. Anche se quel momento finirà con la freddezza dell’orologio, sarà con noi in quell’orologio  che segna sempre e solo il presente, quella chiave misteriosa che solo la pace sa girare.

Dopo cena eccoci pronti per il trasloco. Un altro amico di Romena ci conduce negli stanzoni pronti per la ristrutturazione e indicati per riposare. Dietro c’è un magazzino che contiene reti e materassi. Prendiamo ciò che ci occorre e lo portiamo nei nostri locali. Montiamo i letti e l’essenziale è pronto per il nostro riposo. Fuori, nel silenzio della luna nuova,  muovendoci tra le stelle, una sola emozione ci pervade.

 

 

1° agosto   Pieve di Romena – Eremo di Camaldoli

 … La salita non è proprio una passeggiata, infatti mancano le … panchine anche se si trova dove appoggiare la schiena…

 

Come tante formichine ci liberiamo dal nostro gravame e piano piano ora con il materasso, ora con la rete riportiamo tutto nel deposito retrostante. Questa notte ci sono stati davvero utili. Qualcuno, dato una spettacolare cielo stellato, ha comunque preferito dormire all’aperto  con il sacco a pelo.

Questa mattina solo meditazione. L’entusiasmo per la pratica meditativa sorto dai colloqui della sera precedente si mantiene sostenuto, tant’è che via via nella navata centrale della Chiesa si assommano i cuscini e il cerchio si allarga. Il corpo, il respiro, la mente vengono percorsi dalla nostra attenzione. La concentrazione sul fluire del respiro incontra le sensazioni del corpo che a loro volta si aprono. Si è presenti ‘con la pelle’ in questo spazio sacro.

Nel clima di domande e risposte si crea una vitalità intensa che desidera rinnovare questo incontro. Ritroviamo lo spirito del “cammino consapevole” che ci ha sostenti sin qui, accolti già ieri sera nella cordialità di Romena. La meditazione diviene convivio.

In cucina intanto si alternano, miele, marmellate,  biscotti, pane e bevande che nutrono dapprima gli occhi. Di tanto in tanto si affaccia alla porta qualcuno a chiedere: “Voi siete del turno A? Noi siamo quelli del turno B”. Povera serie B, non sa che l’entusiasmo li farà scivolare in serie C…la simpatia ci faceva dimenticare il tempo.

A Romena rimane anche una parte di noi. Patrizia rientrerà questa sera a casa, vuole restare a Romena per la messa. Noi proseguiamo, … ciao Patrizia, alla prossima.

La nostra strada, per ora asfaltata, scende verso valle e poi, al di là del ponte sull’Arno, l’ingresso a Pratovecchio. In piazza non ci facciamo scrupolo ad occupare un’intera panchina (all’ombra!) con la nostra carta … magica. Per leggere poi che cosa? Che Pratovecchio è il punto di svolta del nostro cammino. Stiamo attraversando l’Arno che ora cominceremo a vedere dall’altra sponda.

Ci troviamo  quindi a salire dall’altro versante del Casentino. Stimo salendo … ma non ci rendiamo ancora conto di ‘quanto’! Stiamo salendo verso Casolino. Quando vi arriviamo già le gambe risentono dello sforzo. A Casolino troviamo una fontana in pietra dove fare rifornimento e speriamo che con un po’ di fortuna  (qualcuno ci crede … veramente…!) si riesca a giungere all’Eremo prima di notte.

Salutiamo Casolino e anche i suoi abitanti pelosi … come quel cane da slitta dell’Alaska che ci guarda dal suo muso avvolto in un fitto pelo bianco. La salita non è proprio una passeggiata, infatti mancano le … panchine anche se si trova dove appoggiare la schiena… L’umore del tempo è vario e quando proprio di arrabbia ci induce a bussare ad una porta per chiedere riparo.

E’ un enorme centro vacanza per scout. Si fa amicizia con i responsabili che, nonostante stessero già ultimando le pulizie del salone, ci offrono la disponibilità di tavolo, bicchieri, posate, acqua. L’ospitalità, verremo poi a sapere da un compagno di viaggio, è turbata da un giudizio sgarbato su uno di noi. Chi sarà il personaggio sconosciuto? Abbiamo fatto un sondaggio tra di noi. Questa pausa inaspettata dà modo ad ognuno di noi di riposarsi nei modi più vari. C’è anche chi, nonostante tutto, non si fa distrarre dalla fatica.

La salita non conosce la parola fine, tanto da mettere a dura prova anche la nostra guida. Siamo ormai immersi nelle Foreste di Camaldoli. Poco ci manca alla meta ma, reduci dalle “terme ghiacciate (5 gradi) di Cetica, c’è tra noi chi vorrebbe ripetere l’esperienza ‘alla grande’, ma non trova granché credito e si adegua alla maggioranza.

Ormai siamo giunti alla terrazza prospiciente l’Eremo, stiamo facendo appello alle nostre ultime energie per suonare il campanello! Giungere all’Eremo è anche l’incontro con la Comunità Camaldolese cui la Pagoda è particolarmente legata. Padre Alberto ci viene incontro e ci porta nelle stanze per gli ospiti.

Una grande sala, una lunga camerata con letti a castello, una piccola cucina e da cui si apre la porta del bagno. Ah! Ecco, dimenticavo … il camino!!! I muri ci incoraggiano ad accenderlo, vogliono scrollarsi da dosso l’umidità. Siamo in quota e alla sera ce ne è bisogno, come è stato alla Croce del Pratomagno,

Ora è il momento della purificazione. La doccia è la prima. Riusciamo ad alternarci senza code e lamentele e poi … la purificazione spirituale. Questa inizia nella “Ghiacciaia”, l’antico locale ora trasformato (con il dovuto riscaldamento) in un accogliente luogo di meditazione. Si sale poi su alla Chiesa per i canti e la lettura dei Vespri.

Al rientro nell’appartamento a noi riservato ecco dispiegarsi un grande tavolone vuoto! Poco ci vuole per colmarlo di ciò che serve. Dopo la giornata di oggi ne abbiamo bisogno. Lo intuisce anche Padre Francisco che entra con in cestino di legno con tutto ciò che serve (frutta, formaggio, pane, …). Ciò che sta bollendo in pentola servirà a colmare questo dono. Giunge Padre Alberto che ci augura una buona cena. Restiamo soli, ma non ci sentiamo tali.

 

2 AGOSTO    Eremo di Camaldoli - Badia Prataglia

… Ogni movimento e ogni respiro profondo turbano la ricchezza dello spazio che impone all’amino una sola cosa: “in silenzio, apriti alla contemplazione”…

Nel lungo camerone dall’Eremo vi è ancora silenzio. La sveglia delle 6.00 passa inaudita e solo poche ombre ancora sonnolenti escono per fare yoga e meditazione nel Tempietto della vecchia ghiacciaia. E’ questo un luogo che affascina e rafforza.. Siamo in pochi, altri ospiti dell’Eremo via via si aggiungono. Niente yoga. Ogni movimento e ogni respiro profondo turbano la ricchezza dello spazio che impone all’amino una sola cosa: “in silenzio, apriti alla contemplazione”.  Suonano le campane che qui cadenzano il tempo religioso e spirituale. E’ il primo tocco, tra poco vi saranno le Lodi Mattutine. Lentamente, ammaestrati dalla meditazione, si sale passo a passo verso la Chiesa.

I monaci e i fedeli sono già a sedere, anche noi prendiamo il libro delle letture e sediamo. Tra canti e letture si recitano salmi e preghiere. In Chiesa ci ritroviamo tutti condividendo, insieme alla Comunità, questa esigenza di parole sante che sappiano aiutare. Dopo la Cerimonia vi è una pausa. Ne approfittiamo per riordinare la camera e poi ancora in Chiesa per l’Ufficio delle Letture.

Ritornando nel nostro appartamento, ci prepariamo alla colazione. Sul lungo tavolone mettiamo ciò che serve, qualcosa viene dall’acquisto della sera precedente al negozio dell’Eremo, altrettanto viene dalla generosa premura di Padre Francisco, addetto all’accoglienza, che già la sera prima ci aveva portato un bel cesto di frutta e formaggio. Una volta sparecchiato c’è un via vai di zaini, di panni lavati e stesi sui rami raggiunti dal sole già caldo nello spazio protetto dell’Eremo.

Più volte, anche stamane, Padre Francisco si è affacciato alla porta dell’appartamento per chiederci se tutto andasse bene. “Bene” si risponde, “Ora finiamo di pulire questi locali e portiamo gli zaini al portoncino dell’accoglienza.

Non tutti gli zaini si fermano lì, due non ci sono più. Sono già fuori dall’Eremo, già pronti per lasciare gli altri: sono quelli di Catya e Serena. Oggi tornano alla loro ‘terra’. Tra i boschi e i prati, tra il sole e le nuvole incombenti ci si dimentica della nostra terra, in un attimo, ci si trova proiettati nel tempo favoloso del viaggio, della fatica e del riposo, di una natura che ti fa prigioniero dei suoni tempi.. Aspettiamo insieme, nel piazzale antistante l’Eremo, l’unica corsa mattutina del bus per Bibbiena. Arriva, ma l’autista non ha fretta e ci lascia insieme per un momento ‘in più’. Ci sembra di aver passato un’eternità insieme e chissà se altrettanta sarà la dimenticanza tornati nelle nostre case. Il bus parte e solo le mani, muovendosi, esprimono il nostro stato d’animo.

Si rientra all’Eremo. Incontriamo Padre Francisco e gli chiediamo della cella di San Romualdo, il fondatore dell’Ordine Camaldolese (1012). Si apre nel suo sguardo la generosità e la gioia di farci partecipi di un segreto, il segreto della vita monastica. La cella di San Romualdo torna a far sentire, attraverso le parole di Padre Francisco, l’esperienza spirituale camaldolese: la ‘via del monaco’, la sua libertà nella ricerca e nello studio, il ruolo della Comunità. L’allora e l’oggi si esprimo insieme attraverso le parole di P. Francisco. Ci accomiatiamo dalla Comunità e dai monaci che ci hanno accolto, P. Francisco e P. Alberto.

Il portone si chiude e il nostro percorso riprende svoltando verso sinistra. Il sentiero comincia a salire verso il “Prato”. Mi attardo gustando la bellezza del posto, la foresta e i passi meditativi che riecheggiano dentro di me. Assorto in questo cammino proseguo seguendo il percorso nel bosco. Quando decido di riprendere gli amici accelero un po’ il cammino e ancora. La strada ora scende, è chiaro che sono in un altro luogo. Il telefono per fortuna prende: “Sì ho capito, al guado di quel ruscello si prosegue dritti su per la montagna? Va bene, aspettatemi!”. Torno rapidamente indietro e vedo, proprio al guado del ruscello, sulla destra un viottolo proseguire ripido verso l’alto e un segno del Cai ormai confuso con la corteccia di un albero. Dopo aver ritrovato i miei amici, si sale ancora per immetterci nel sentiero 00 della Gea che ci conduce, in un sali scendi, verso i Fangacci.

E’ questo un crocevia di sentieri senza … semaforo! Molte persone lo percorrono chi di qua chi di là, chi ne ha fatto il proprio luogo di sosta. Anche noi veniamo tratti in inganno da questo andirivieni e ne rimaniamo coinvolti. Gianluca riemerge dalla sua lettura della carta e con risoluzione: “Non è questo, torniamo indietro!”. Aveva ragione. Non occorreva arrivare  nel grande spiazzo del passo dei Fangacci; poco prima di giungervi vi era sulla destra il nostro sentiero che saliva ripido. C’era, prima non visto, un cartello del Cai che indicava la giusta direzione: “Badia Prataglia”. Il sentiero prosegue in salita fino a giungere inaspettatamente alla discesa verso Badia.

L’arrivo a Badia è preannunciato da un moderno impianto sportivo: bar, terrazza, campi da tennis e da calcio. Ma soprattutto, poco sotto, un bel prato in leggero declivio tutto per noi. Ne approfittiamo, chi per fare meditazione, chi per riposare. Ormai manca poco alla cittadina. Nell’arrivare in paese si fanno un po’ di conti.

La prenotazione era per cinque persone mentre invece siamo solo in quattro. Carlo, il proprietario del B&B prenotato non demorde, con Gianluca ribadisce: “Avete prenotato per cinque e quindi vi faccio pagare per cinque!”. Giunti in paese si trova subito una pensione a meno, ma proseguiamo decisi di ‘fare i conti’ con Carlo.

La ‘Casa Luca’, così si chiama il suo B&B, è sull’alto del paese dalla parte opposta, sarà da lì che domani ripartiremo verso il passo di Lupatti. Una volta giunti troviamo due gestori! Da un lato il ‘duro’, dall’altro la ‘comprensiva’. Carlo è deciso a farci pagare per cinque ma Gianluca lo affronta faccia a faccia. La moglie attenua i toni ed è conciliante: “Fa lo stesso, ci fa piacere di avervi nel nostro B&B”. La signora apre la porta e ci troviamo in un ampio appartamento su due piani. Cucina al piano terra, bagno all’ammezzato, due camere al primo piano. Il tutto tenuto in modo egregio, pulito e ordinato, completo del necessario. I toni si fanno pian piano più amichevoli e … il costo a testa rimane quello pattuito. Ritorna la cordialità e Carlo si fa avanti per accompagnarci giù per fare spesa.

Ci cuciniamo da noi e i proprietari ci mettono a disposizione anche la griglia all’aperto (salsicce per i non vegetariani, melanzane e zucchine per gli altri). I tempi non sono coordinati e la carbonella stenta a divenire brace, sul tavolo all’aperto sta già arrivando la pasta al pesto. Intanto si inizia, dalla griglia qualcosa esce ben cotta, altra deve proseguire la propria cottura con la padella in cucina. L’atmosfera si fa tranquilla e quieta. A “Casa Luca” si comincia a vivere come a casa propria. Dopo la cena non serve la campana per annunciare il riposo. Lavati i piatti e fatta l’ultima salita … ognuno trova il proprio letto …  è il primo che capita. Salvo per chi di noi aveva prenotato la camera singola!!!

3 AGOSTO   Badia Prataglia – Rimbocchi

… già eravamo pronti  per uscire per cena. Ma si poteva formulare un tale proposito? …

Gli orari sono gli stessi, verso le 7.00 ci troviamo nel cortile davanti all’appartamento, un po’ in discesa, scomodo per lo yoga, più comodo per la meditazione: serve un cuscino in meno!

Carlo, il proprietario, ha stipulato una convenzione con il bar di piazza, presentando un voucher colazione servita in abbondanza, a detta sua. Ma serve il voucher e ieri sera ce l’ha fatto solo intravedere … “ve lo darò solo domattina dopo aver pagato”, aveva ribadito con un diverso tono di voce. Lo abbiamo accontentato.

Circa il bar aveva ragione, una volta giunti era già stato preparato un tavolo  per noi, sotto ai tovaglioli posti a riparo, molte leccornie, biscotti di pasticceria, torte nostrane, ordiniamo solo ciò che serve da bere.

Dopo la colazione risaliamo alla “Casa Luca” per riprendere gli zaini ma non riusciamo più a partire. Il sig. Carlo è un fine conoscitore di ogni aspetto della storia locale. Ci spiega il perchè del nome di Badia Prataglia, il rapporto tra i pratalesi e i camaldolesi, il sopravvento di questi ultimi, il perchè del nome del suo B&B, le caratteristiche meteorologiche di quest’area. Tutto espresso in modo preciso e interessante anche se la sua enfasi non conosce sosta e aggiunge: “Il prossimo anno se venite vi farò una conferenza!”.

“Casa Luca” ci stimola, si potrebbe organizzare davvero qualcosa di diverso, p.es.  “camminando nella cultura” e non sarebbe una esperienza da poco riuscire a guardare con un’altro volto il paesaggio del Casentino. La moglie di tanto in tanto appare con uno sguardo paziente. Carlo mi cattura nel suo salotto per farmi vedere la ricchezza del suo sito, riesco a stento a ricordargli il nostro intento: ”Il sito lo vedrò a casa, ora non serve” e aggiungo “venga pure fuori lei che ci facciamo una foto tutti insieme”. L’idea piace ed ecco che  Carlo si rivela un attento professionista nella scelta dello sfondo.

Ormai siamo in partenza una vicina di casa porta alla moglie di Carlo un grondante cestello di ricotta. Che fare? “Quanto costa?”, “allora va bene!”, risponde un altro compagno di viaggio. “Me ne è rimasta proprio una” fa la ragazza. E così con il sacchetto della ricottella riprende il nostro viaggio.

I pellegrini sono una brutta razza, quando gli metti in testa qualcosa non si tirano indietro. Già noi avevamo in mente di allungare il percorso passando per il Passo dei Mandrioli, ma poi Carlo ha raddoppiato la posta in gioco: “guardate … ne vale la pena … un paesaggio … sarebbe da raggiungere … ci sono reperti … “.  Tanto basta per dirigere i nostri passi in quella direzione. Stai a vedere che riusciremo a raddoppiare la durata della tappa … e così è stato, ma effettivamente ne è valsa la pena.

Da “Casa Luca”, si scende di poco e si svolta a destra, da qui riprendere la salita. E una bella strada di montagna larga e molto verde; è la passeggiata di Badia. Vi incontriamo molti “pellegrini” venuti a fare due passi fuori paese. La prima meta è il Passo dei Mandrioli, ma al suo “passo” bisogna giungervi con i nostri “passi” in consapevolezza e ce ne voglio un bel po’. Subito ci assumiamo la responsabilità della nostra scelta: anzichè proseguire dritti per i Mandrioli, si passa lungo il Sentiero delle Fate, su fino al Passo dei Lupatti. Da qui effettivamente l’orizzonte si apre su luoghi inaspettati, verso l’Alta Valtiberina da un lato  e dall’altro sul Casentino. Il massiccio del Pratomagno, alto e lontano, ci è vicino per una sorta di intimità acquisita nei primi giorni del nostro pellegrinaggio.

Il Sentiero 00 delle Gea diviene ora un dolce sali scendi tra boschi e ampi spazi. L’ultimo sforzo per giungere ai Mandrioli è … per scendere: occorre molta attenzione a non scivolare tra le foglie di un ripido sentiero a malapena segnato. Una volta sulla strada un breve tratto di asfalto ci riporta un po’ in quota. Solo ilmodo di vestire ci distingue da tre ciclisti che proprio in quel momento sopraggiungono al Passo, anche loro con l’aspetto di chi ce la sta mettendo tutta.

Da qui proseguiamo verso un monte dal nome bizzarro di Zuccherodante (lo chiederemo a Carlo – senz’altro ci darà una risposta prima di guardare l’enciclopedia!). Per noi questo monte ha un significato gastronomico: “Quando si arriverà al Zuccherodante ci fermeremo a mangiare!”. Superata questa sosta si prosegue verso il Passo Serra, che si lascia sulla sinistra, per scendere verso Biforco.

E’ la Via Romea di cui ci aveva parlato a lungo Carlo con tanti particolari avvincenti sugli insediamenti Longobardi nell’area.  In certi tratti questa Via è evidente con le pietre che ne definiscono il percorso, a tratti scompare in piccoli viottoli per essere nuovamente ritrovata. Si passa davanti ad una piccola Cappella in pietra e poi ancora giù lungo strada battuta e sentiero verso il paese di Biforco. Si scambiano due parole con una signora: “Guardate che l’ospitale è qua, I pellegrini si fermano qui. A Rimbocchi un ospitale? Non ne so nulla”: ah, bene, comincia a sorgere qualche perplessità ma il nostra manager-director, Gianluca, ci riporta sulla braccia.

Da Biforco a Ribocchi il percorso è breve e tutta discesa. L’Ospitale è nella piazza del paese, dove vi è un generale fermento in preparazione della Sagra del Pane prevista per il fine settimana … speravamo che facessero delle prove anche il mercoledì! Subito dopo, alzando lo sguardo, vediamo su un terrazzo due signore che sorridono come se ci conoscessero. Io ero il primo  e mi fecero cenno di salire … ma chi saranno? Non sarà mica questo l’Ospitale?! Ed era invece proprio quello!! Lella ed Elisa ci aspettavano già da qualche ora (spero non sempre in terrazzo …!) e ci accolsero come ‘mamme’, “Sì, siamo noi le Ospitaliere”. Sono due donne speciali. Non era un Ospitale, era come se ci avessero invitati a casa loro e avessero predisposto tutto per farci sentire a nostro agio, bevande e biscottini. Il tutto con una pragmatica semplicità  nell’organizzare tempi e spazi.  La doccia è lì, dovete fare così, lo spazzolone è là, insomma è passato tutto così rapidamente che dopo poco già eravamo pronti (e ne avevamo bisogno … la ricottella era già stata ben che digerita …) per uscire per cena. Ma si poteva formulare un tale proposito? Già era tutto predisposto per la cena. Pasta, sugo, polpette, verdure; tanti colori e tanta accoglienza.

Dopo essere passati per il tunnel delle presentazioni, ci siamo trovati in una allegra comitiva che, conclusa la cena, ha continuato a discorrere pacatamente al bar di piazza. Discorsi fatti  di parole e sensazioni, che hanno coinvolto anche la padrona del bar intenta a cenere: “Permettete? ho già aperto questa viennetta, noi non la finiamo, vi va?” Dire no era impossibile e non solo perchè si è golosi. Tornati a ‘casa’ anche l’onda di questo discorrere va a riposare e rimane un profondo fluire di sensazioni che pian piano si quieta. Nella camera il tavolo era già addossato al muro e sui due letti a castello due posti erano già occupati dal sonno in persona.

 

  …     è un sentiero che non lascia scampo: è sempre e soltanto salita. Anche il sentiero piega qua e là come i tornanti di una strada di montagna

 

4 AGOSTO   Rimbocchi -La Verna   

Ancora oggi, dopo tentativi su tentativi, prima delle 9.30 non siamo riusciti a partire. “Non ho mai visto dei pellegrini partire a quest’ora!” ci sentiamo apostrofare da Lella, l’ospitaliera.

Ha ragione, ma non sa che noi siamo pellegrini sui generis. Ogni momento il nostro pellegrinaggio si conclude e ad ogni momento riparte. Comunque stiamo alla battuta e non possiamo che darle ragione. La nostra sveglia aveva però suonato già alle 6.30  – nei primi giorni suonava alle 6.00 ma poi non si sa nè quando, nè perchè sia slittata di 30 min.. Alle 7.00 si era già pronti per la nostra pratica mattutina.

Il piccolo giardino di casa era così umido da non porre dubbi: “Oggi si pratica dentro!”. Tra i due letti a castello, il tavolo addossato al muro, gli zaini ammassati vicino al camino siamo riusciti a trovare lo ‘spazio’.

Prima yoga che tende a protrarsi al di là dei 30 minuti e poi la meditazione di consapevolezza Non sappiamo che intanto, dietro alla porta, già tutto era pronto per la nostra colazione.

Subito la nostra camera da letto torna ad acquisire l’aspetto di sala da pranzo e sul tavolo, a seconda dei gusti … the, caffè, orzo. E in più biscotti, ma perchè no, anche dei pasticcini per festeggiare un’accoglienza così solidale.

Rimbocchi è famosa per il suo pane e viene legittimo chiedersi se lo è anche per la pasticceria. Un salto alla panetteria, vicino all’Ospitale, basta a convincerci di questa qualità.

Quando sulla strada, ormai pronti a partire, salutiamo Elisa e Lella ecco che inaspettatamente tirano fuori un fazzoletto bianco ed erompono in un gioioso canto augurale. Con le mani e il sorriso ricambiamo questa graziosa sorpresa.

Fuori Rimbocchi ci attende una breve discesa, il guado del torrente Corsalone e poi, ehm!, è meglio non guardare … l’ascesa a La Verna.

E’ un sentiero che non lascia scampo: è sempre e soltanto salita. Anche il sentiero piega qua e là come i tornanti di una strada di montagna. Nel diradarsi, per altro non frequente, del bosco, appaiono spaziosi scenari verso la vallata, mentre de La Verna nessuna traccia.

Si fa scorgere solo una volta giunti al Poggio Monopoli. Questa ‘apparizione’ rafforza le spalle e le gambe e così si continua, con brevi soste, fin sotto al promontorio de La Verna. Una sosta più lunga questa volta  per il pranzo. Qualche lamentala sulle provviste dimenticate a Rimbocchi ma la pancia si accontenta.

Un sentiero a destra e una a sinistra per aggirare il promontorio del Monte Penna e giungere al Santuario, si va a sinistra passando in un fitto bosco che induce, con maestose pietre ‘cresciute’ qua e là come erba del prato, al silenzio. Si giunge al Santuario proprio dall’ingresso principale. Il caldo e la fatica mettono in dubbio la prevista ascesa al monte Penna.

E’ la prima volta che si corre il rischio di separarsi. Da un lato c’è chi preferisce visitare il Santuario e dall’altro chi vuole proseguire nell’ascesa al Penna. Questi ultimi, deposti gli zaini dietro a degli alberi, sono decisi, liberati da quel peso, a salire. L’arrivo di Rosanna con la macchina proprio in quel momento risolve i problemi di peso e di custodia: vai! Tutto in macchina!.

Così alleggeriti facciamo il giro del Penna, non sappiamo se più per gustarne gli scorci, le pietre, gli alberi o per tener fede al programma. Giunti in cima proviamo con tanto di mappa, bussola e cannocchiale a individuare e dare un nome alle montagne che appaiono all’orizzonte. Rimangono delle incertezze: Ma da dove vengono su quelle montagne?! Ci arrendiamo e scendiamo completando il giro.

Davanti alla Chiesa incontriamo Giovanni. Ci stava cercando. Aveva una notizia: aveva incontrato Lella ed Elisa che erano in gita a La Verna,  come ci avevano preannunciato. E’ stata una sorpresa vederle sbucare dalla porta che dà verso La Beccia. Sono in partenza, ma tanto basta per scambiare qualche parola e un gesto di affetto.

Nel tornare dentro al Santuario leggiamo il volantino di una conferenza alla biblioteca: “l’eremitismo benedettino e francescano”. E’ proprio ciò che fa per noi.

Padre Francisco, nell’introdurci nella cella di S. Romuoldo, ci spiegava a grandi linee proprio questa differenza. Tra un vita da monaco (monos, che vive solitario), più protesa ad una ricerca introspettiva che si volge alla purificazione dell’anima tramite lo studio e la preghiera. Ed una più aperta alla socialità e alla condivisione. In quella ogni monaco vive nella propria cella, in questa i frati dormono in una camerata tutti insieme.

Mentre ci avviamo verso la Sala della biblioteca incontriamo Gabriella, un’amica di Arezzo. In un precedente Cammino meditativo – nel 2008 – ci aveva accompagnati nella tappa che attraversava Arezzo facendoci percorrere luoghi inaspettati della nostra città. Prendiamo posto nel Salone e quando Gabriella ritorna, guarda caso, era proprio un posto accanto al suo.

Lasciamo la Conferenza dopo la relazione sull’eremitismo, avvincente anche se la stanchezza della giornata induceva un certo sforzo per mantenere la giusta presenza (…  a star seduti veniva sonno …). Nello scendere lungo il ciottolato incontriamo Rosanna e Gianluca annoiati dall’attesa (avevano finito prima il loro giro). Salutiamo Rosanna che scenderà con l’auto colma di zaini giù a Chiusi alla casa d’accoglienza “La Roccia”.

Nello scendere a piedi ci è facile trovarla anche noi. Una villa moderna e dall’impianto razionale contenuta in un ampio giardino appena realizzato che, come quello de La Pagoda, deve fare i conti con un suolo che porta ancora i segni dei lavori eseguiti.

Una suora ci accoglie. Molto schietta e pragmatica, ci porta in una stanza a prendere le brandine che sono confortevoli lettini da spiaggia (!) che non si sa come siano giunti fino a Chiusi; e poi, passando tra gli zaini di una comunità scout lì residente, in un locale a noi destinato. Ampio con un grande camino sullo sfondo, è arredato con un lungo tavolo e qualche sedia (giusto quante ne bastano per noi). Scopriamo che il bagno, pulitissimo, non ha purtroppo la doccia, così come manca la possibilità di cucinare (… che pellegrini esigenti sono giunti a La Roccia!). Per cena ci saremmo dovuti mettere a scovare il contenuto segreto dello zaino del vicino, se non fosse stato per la nostra Rosanna che, con l’auto, ha raggiunto il paese per prendere delle pizze. N.b.: ognuno ne ha ordinata una diversa dall’altra…! Giovanni, con la tranquillità di sempre, va in cucina dalle suore e rimedia un po’ di frutta e un melone. Bene, ora c’è proprio tutto. Dopo cena una brandina rimane vuota, qualcuno avrà preferito dormire all’aperto.

Gli scout fanno risuonare le risa e le voci dei loro giochi allegri e rumorosi. Il sonno ha la meglio.

 

 

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5 luglio:      …  Il fontanile è generoso di acqua fredda e allora chi può resistere ad una bella bevuta e a una doccia? La giornata a tutto sole allenta così …   

Il 5 luglio – Sulla via del ritorno: da La Verna a La Pagoda

Ultimo giorno. Un po’ di incertezza la sera sull’orario della sveglia. Si voleva partire prima senza meditazione e yoga. Giovanni aveva un treno, ma tutti noi la voglia non detta della ‘propria’ casa. Rimane comunque tutto come nei giorni precedenti. Ore 6.30 sveglia; ore 7.00 meditazione e yoga; ore 08.00 caricare gli zaini nella Smart di Rosanna e partire per la prima impresa: salire dalla casa di accoglienza a La Beccia per fare … colazione. Dista poco dalla casa La Roccia che ci aveva ospitati la notte. E’ impossibile salutare le suore che già sono partite per il Santuario.

A La Beccia un volto irrigidito da giorni passati senza sorridere non esita a dirci: “Non c’è nessun bar qui a La Beccia, il mio è solo ristorante” e sparisce nel buio del suo ristorante (poi sapremo che il bar era poco più avanti!).

Cambiamo i nostri programmi: se giungiamo a Chiusi ci conviene ‘scivolare’ (il percorso sarà in gran parte discesa) verso La Pagoda lungo un altro sentiero. La colazione nel bar davanti ai giardini seduti comodamente nella veranda ci fa quasi dimenticare la premura della partenza. Ci riprendiamo e così eccoci sulla strada verso il campeggio da cui prende avvio sulla sinistra il nostro sentiero.

L’ultimo saluto a Chiusi passando da un alimentari(unici ‘monumenti’ visitati quotidianamente) e alla Posta per saldare i ‘dislivelli’ di alcune spese.

L’sms di un’amica che ci ha lasciato alcuni giorni addietro mi prende  nel risponderle e così assorto tra quei tasti mi perdo (… è la seconda volta e per fortuna l’ultima mia inottemperanza!) dal resto della comitiva. Quando mi riprendo, dopo aver premuto il tasto ‘invia’, non li trovo più. E’ semplice, basta accelerare il passo, ma non si ottiene il risultato previsto.

Questa volta la responsabilità è loro. Hanno, diciamo, ‘scelto’ una scorciatoia. Ricorrere al cellulare in questo cammino in consapevolezza non è certo la soluzione migliore eppure … “va bene, vi aspetto lungo la strada”. Ecco  poco dopo il gruppo, nuovamente, al completo, che procede snello (… almeno perchè non si avevano gli zaini in spalla ed era tutta discesa!) verso la Croce di Sarna.

Ci si intrufola nel piccolo borgo e, procedendo dritti, si ritrovano le sbiadite strisce bianche e rosse del CAI. Dopo una svolta a sinistra, una leggera salita turba gli animi, ma poi di nuovo giù verso Taena. Il sentiero ci conduce  nel paesino e sembra proporci l’asfalto. Gianluca, vedendo un fontanile, si ricorda: “Il sentiero passa di qui”. Il fontanile è generoso di acqua fredda e allora chi può resistere ad una bella bevuta e a una doccia? La giornata a tutto sole allenta così il suo peso. Ma si allenta anche in un altro modo: la frutta! Prugne e more ci fanno vedere l’altra faccia del caldo: la faccia golosa!

Il sentiero è un tratturo che non mostra segni di passaggi recenti, ma che tutta via è ben segnato. Così ben segnato che ci sfuggono i  segni del … CAI:

La strada perde quell’andamento lineare riportato sulla mappa e scende di quota con ampli tornanti. Niente di importante, sì arriverà sulla strada. Magari! Giunti nei pressi della via asfaltata che accorgiamo che il campo, non si sa quando, è circondato da una rete metallica ben posizionata e da un bel cancello con tanto di lucchetto ma senza filo spinato! Dalla libertà della collina siamo caduti in una … trappola.

Si cercano eventuali passaggi ma niente da fare. Il più deciso sceglie e caldeggia la via dello scavalcamento del cancello. Un altro, fattosi uomo talpa, cerca di intrufolarsi sotto la rete e ci riesce. Secondo voi quale passaggio viene scelto dalla comitiva?

Eccoci finalmente sulla strada più in su de ponte sul Rassina. Qualche km di asfalto non ci fa male anche se ormai dal 27 ce ne eravamo scordati!

Al bivio con la via che scende da Chitignano il cartello stradale. “Rassina 3 km”: per noi ce ne vorranno altri 3 per giungere a La Pagoda. Il sole, che prima ci scaldava la schiena, ora scende dall’alto e non lascia scampo, solo il sudore ci corre in aiuto … ! Il rumore (è il prezzo da pagare) delle auto diviene una nuova esperienza sensoriale anche se più eccitante è quella visiva: ad ogni curva si rischiava di grosso! Auto e camion non si potevano aspettare dei “camminatori in consapevolezza” dietro la curva.

Sulla destra, ormai dei pressi del paese, si vede il segnale di quel sentiero già tante volte percorso in un senso ma smarrito nell’altro! Ormai a tre km da La Pagoda si avverte un calo di energia. Ogni passo difficile su quell’asfalto bollente. Ma ci siamo e il cammino diviene spontaneamente silenzioso.

Giunti a Pieve a Socana suggerisco un aperitivo al bar per festeggiare la conclusione del nostro percorso, ma queste parole trovano solo un espressivo cenno di diniego.

A La Pagoda ci sono le finestre aperte e un’auto parcheggiata sotto un albero: Rosanna ci aveva preceduti con gli zaini. Già si era messa a preparare il pranzo.

Entriamo nel Tempio e su una tovaglia i piatti con tutto il coperto, un pentolone di pasta e zucchine, uno più piccolo con fagioli in umido.

Siamo già alle prese con gli orari di rientro e tra un boccone e l’altro c’è un sapore di nostalgia ma anche di sollievo. La nostalgia di aver lasciato quei monti che ci hanno accompagnato in questi giorni e dall’altro il sollievo di poter ritrovare i tempi e i luoghi del quotidiano.

Giovanni sarà il primo a partire. Poi, con più calma, Gianluca e Rosanna riprenderanno la via di casa. Claudio ed io restiamo da soli ad apprezzare le comodità del Tempio. Claudio però non si adegua e, travolto da un ulteriore spirito di ‘fusione con la natura’, prepara la sua amaca, a lungo celata nello zaino, tra un muro della veranda e un albero: vuole ancora dovere della luce delle stelle e della luna crescente. Con un po’ di nostalgica invidia mi sdraio nel letto della cameretta.

Buona Notte “Cammino in consapevolezza 2011”!

“Questa è La Pagoda, accomodatevi, prego!” 

Casa La Roccia - La Verna: gambe in spalla ...

In discesa usare i … freni!
“Siamo arrivati, prego accomodatevi!”
Un posto … “al sole”

Claudio, l'ultimo a partire

La PRESENTAZIONE dell’INIZIATIVA

Programma giornaliero:

ore 6:00 Meditazione e Yoga
ore 7:00 In cammino
ore 13:00 Pranzo e riposo
ore 17:00 Di nuovo in cammino
ore 19:00 Meditazione e Yoga
ore 20:00 Cena
ore 21:00 Condivisione
Durante il cammino leggeremo dei passi e avvremo momenti di raccoglimento se avete proposte per le letture fatevi avanti.

CAMMINANDO IN CONSAPEVOLEZZA

TERZA EDIZIONE

DAL 27/7 AL 5/8

Eccoci arrivati alla terza edizione della nostra iniziativa, dopo essere giunti all’Istituto Lama Tzong Kapa nel 2008 e al Monastero Santacittarama nel 2010, quest’anno abbiamo deciso di proporre un cammino nella nostra stupenda valle del Casentino con partenza e arrivo nel tempio appena ristrutturato della Pagoda, sede dell’associazione.

Attraverseremo luoghi di grande pregio naturalistico, antichi borghi e posti di profonda spiritualità come l’Eremo di Camaldoli, il Santuario della Verna e la Pieve di Romena sede dell’omonima fraternità che proprio il giorno del nostro arrivo festeggia i suoi venti anni.

Le tappe non molto lunghe ci permetteranno di affrontare il cammino con tutta la calma e l’attenzione necessaria ad immergerci nella profondità delle nostre menti e dei nostri cuori. Passo dopo passo, ci lasceremo alle spalle i fardelli della vita quotidiana andando a ritrovare la purezza e la serenità propri della mente originale.

È proprio in questo senso che intendiamo il peregrinare: attraverso la fatica ed il sudore ma anche la gioia e lo stupore di luoghi ed incontri che mentre si svelano agli occhi aprono i cuori.

Attraverso momenti di meditazione, contemplazione e raccoglimento cercheremo di creare in noi quelle condizioni affinchè tutto ciò possa accadere.

Il percorso è articolato in nove tappe:

27/7 La Pagoda (Pieve a Socana) Ci incontremo la sera dalle 18 in poi per conoscerci e fare un po’ di meditazione, pernotteremo nel tempio appena ristrutturato. – 28/7 Raggiolo Circa 18km, una delle tappe più lunghe anche se non troppo impegnativa, pernotteremo presso “il borgo dei corsi”, abbiamo a disposizione due monolocali dove a secondo di quanti saremo ci dovremo arrangiare più o meno comodamente e più o meno economicamente a partire da 50€ in quattro persone in giù.– 29/7 Croce di Pratomagno 8km tutti in salita che ci porteranno a 1591 metri e dove dormiremo sotto le stelle o in tenda per chi preferisce.– 30/7 Bagni di Cetica 10km tutti sul crinale del Massiccio del Pratomagno ed al nostro arrivo un bagno tonificante nelle terme fredde di Cetica, pernottamento all’albergo “antiche terme” 50€ cena + colazione. –31/7 Pieve di Romena 18km di cui la maggioranza in discesa e su piccole strade provinciali, se saremo fortunati saremo ospitati nella foresteria della Pieve altrimenti dormiremo in tenda.– 1/8 Eremo di Camaldoli 15km tappa piuttosto impegnativa in salita fin sul crinale dell’Appennino, ripagati al nostro arrivo dall’ospitalità dei frati che mettono a nostra disposizione la foresteria dell’Eremo.–2/8 Badia Prataglia 10km non impegnativi tra le foreste casentinesi, pernottamento a “Antica podestà” 36€ –3/8 Rimbocchi 14km anche in questa tappa sarà in maggioranza in discesa, ma non dimentichiamo di essere in montagna. Pernotteremo presso l’ospitale per pellegrini “Ospitale Valle Santa”– 4/8 Santuario della Verna 9km in salita attorno al monte Penna e fin sulla sua cima. Pernottamento presso la casa di spiritualità “La Roccia” – 5/8 La Pagoda 14km tutti in discesa dove si concluderà il nostro cammino.

Non domenticate di portare sacco a pelo e materassino e se ce l’avete anche la tenda, avremo a disposizione una macchina per portare i bagagli più pesanti anche se raccomandiamo in ogni caso di ridurre tutto all’essenziale, questo ci aiuterà a meglio lasciarci alle spalle i legami con il quotidiano e a immergerci nella libertà propria dell’essenziale.

Per partecipare è sufficiente iscriversi all’associazione La Pagoda versando 40€ sul C.C. Postale N° 94381084 intestato a La Pagoda onlus loc. Quercia Grossa 33 52026 Castel Focognano (AR), specificando la causale Camminando in consapevolezza 2011.

Per arrivare alla Pagoda da Arezzo si giunge a Rassina. Si volta a sinistra e si passa l’Arno; ancora a sinistra si fiancheggia la sponda opposta del fiume. Dopo un km, al bivio per Carda, volgere a destra; ancora un km e sulla destra si sale al Tempio.

Per qualsiasi informazione:

Gianluca 3334692756 Rodolfo 3293715815

Associazione Socio-Culturale Buddhista La Pagoda – Onlus

www.lapagoda.org – info@lapagoda.org

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