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DIARIO 13.06.12 – Staffetta Pagoda-Pomaia 3a tappa: da Cavriglia a Radda 13 giugno

Questo progetto riprende un’esperienza del 2008 in occasione delle Olimpiadi di quell’anno che segnarono un momento di forte tensione della Cina sulla popolazione tibetana. Ho ripercorso quei sentieri per delineare, anche sulla terra passo a passo, un ponte tra le due Comunità buddhiste, con l’intento di condividere questa esperienza con tutti gli amanti dei grandi valori della vita. Che questa esperienza possa essere di buon auspicio per le infinite vie di pace che attendono la nostra presenza. Un ringraziamento a Carla Freccero che mi ha incoraggiato a compiere questi passi.

 

Terza Tappa   13 giugno 2012

Da Cavriglia a Radda in Chianti

  Vi è ancora silenzio quando scendo dalla ‘mia’ stanza.  Mi spiace lasciare un luogo così denso di accoglienza eppure è nello spirito del pellegrinaggio che ciò accada. Esco dal portone principale ma sento ancora il bisogno di scattare qualche foto e soprattutto l’ultima, prima di chiudere il portone alle mie spalle: una fila di ombrelli  di tutte le misure e di tutte le età. Sembra veramente una realtà senza confini.

 

 

 

La cittadina di Cavriglia è spaziosa nel silenzio della mattina. Qualche netturbino ha già preso il suo lavoro, qualche bar comincia ad alzare le serrande. Domando sull’itinerario, per scambiare una parola o ancor più per esprimere, come possibile, il mio saluto a ciò che ormai sto lasciando alle mie spalle. “Si, la strada per Grimoli è in quella direzione, verso lo stadio”.

Devo stare attento a non seguire l’indicazione per Montaio, ma volgere verso Grimoli. In paese un altro bivio mi mette in difficoltà. Giro qua e là alla ricerca di chi mi possa dire qualcosa. Trovo una signora che sta uscendo con il proprio bimbo. Con grande cordialità mi svela il segreto: “Devi proseguire dritto; no, no, non si scende sulla destra” e vedo che la strada comincia a … salire. Dai 300 mt/s.l.m. di Cavriglia si salirà fino 600 e passa di Badia a Coltibuono.

La strada sembra che si interrompa davanti ad un cancello munito di ogni sistema di sicurezza, ma tuttavia aperto. Si vede che viene percorsa da mezzi pesanti, la polvere copre le piante. La strada da Grimoli sembra fatta apposta per giungere in questo luogo all’apparenza inaccessibile. Eppure tutto dice che bisogna proseguire in questa direzione. Lo dice anche una indicazione Cai imbiancata dalla polvere. Un rumore di mezzi meccanici comincia a definirsi ed ecco che appare una grande cava. E’ un paesaggio lunare. La cava sembra rosicchiare la roccia su cui poggia un bel casolare. Un addetto esce da un container abitazione-ufficio con un caffè in mano. “Per Badia a Coltibuono non doveva salire di qua. C’era una strada prima del cancello, era quella che andava presa! Comunque ora non  la faccio tornare indietro. Vada avanti e si tenga a sinistra”. Proseguo seguendo le indicazioni. Lo stradone tracciato dalle ruspe si sviluppa davanti a me così ampio da farmi procedere tranquillo. “No, a sinistra, a sinistra!” ah, ecco a sinistra una modesta sterrata, capisco che è da quella parte che si vuol togliere da torno quest’intruso.

 

Oh finalmente le foglie cominciano a riprendere il loro colore, la polvere a scomparire. Più avanti, ad un bivio, so che dovrei tenermi sulla destra laddove la strada continua a salire, ma ciò che si  vede sulla sinistra fa presagire qualcosa che vale la pena di non perdere. Si prosegue tra filari di cipressi verso un colle. Appare un paesaggio che ha i suoi confini nelle montagne e nelle colline al di là della vallata. Nell’avvicinarmi, la strada  e l’ambiente si fanno via via più curati. Mi rendo sempre più conto che dovrò tornare indietro. Comunque sarà sempre l’occasione per chiedere un’informazione. “C’è qualcunoooo?” Nessuno risponde. Le finestre aperte, un’auto parcheggiata indicano una presenza che … non c’è. Non insisto. Ritorno sui miei passi.

   Quando in salita si guarda avanti chissà quante volte sembra già di essere arrivati al valico, ma lì giunti tutto ricomincia da capo. E’ meglio guardare a terra laddove poserò il prossimo passo.  Quando ho lasciato Cavriglia vedevo questa imponente montagna ma speravo che si sarebbe mantenuta lontana dal mio itinerario. Invece eccomi che la sto …  scalando. La Badia a Coltibuono appare improvvisa ed è accolta da un pianoro da cui il sentiero continua a salire. Pur  avendo con me  un buon rifornimento d’acqua i 300 metri di dislivello se l’erano bevuta tutta! Il cancello aperto della canonica, mi fa accelerare il passo. So che   è un albergo di gran  lusso, ma so anche che nell’atrio cela una fontanella che fa al caso mio. Quel signore che sta entrando per un piccolo portoncino viene raggiunto, travalicate le sue resistenze, raggiungo la fontanella ma … è chiusa!  Il piazzale antistante la Badia è molto bello e scattarvi qualche foto è inevitabile. Dato che alla canonica non sono riuscito a trovare l’acqua provo al vicino ristorante. Ci sono i camerieri che vengono ora al lavoro “Posso avere un po’ d’acqua?”, “Certo  - risponde il cameriere – mi dia le boccette”. Sparisce per poi tornare orgoglioso dell’aiuto che mi ha potuto dare: “Prenda pure, questa è acqua fresca che scende dalla montagna”.

Qui le indicazioni del Cai non mancano, ma sono quelle che indicano il sentiero 00 che sale  impervio su per la montagna. Temo di muovermi troppo in alto, torno indietro, ma mi devo rassegnare. E’ proprio in quella direzione che devo proseguire. Finalmente ecco la “ T” che avevo presente dalla staffetta del 2008! Volgendo a destra il sentiero  si impenna ancor più, ma è  proseguendo dritti si scende un po’ di livello in direzione di Radda.

Ora siamo su una strada asfaltata poco transitata che termina sulla provinciale, da un lato verso Siena, dall’altro verso Radda: nonostante la stanchezza, ora non ho dubbi sulla direzione da prendere … Poco avanti c’è un bar e faccio nuovamente ‘il pieno’ di acqua. Radda è ancora alta lassù. La strada si fa più disagevole per l’aumento del traffico e per l’appetito, comprensibile dopo la fatica della mattina.

Telefono al Parroco di Radda, ma le stanze che tempo addietro stava ristrutturando ora, finiti i lavori, sono destinate ai bambini dell’oratorio. Dopo qualche leggera incertezza, giunge il suo no. Già in passato a  Radda avevo incontrato delle difficoltà per il pernottamento. Decido di fermarmi a La Villa, qualche chilometro prima. Provo a salire a La Villa sperando di trovare un negozio di alimentari, ma niente da fare. Nell’alto del paese una strada circolare offre … dalla sue panchine … una bella vista sulla vallata. Nel ridiscendere dalla frazione noto un  giardinetto dal prato fitto e morbido. Comincio a pensare che questo potrebbe essere il luogo ideale per sperimentare la nuova tendina monoposto e monotelo (come si vede non c’è grande altruismo!). L’appetito fa sentire la sua voce. Decido di scendere lungo la provinciale e di fermarmi ad un ristorante. C’è la Locanda Miranda che sembra fare al caso mio. Si entra in un ambiente antico che sa di storia e ricordi, accedo ad un secondo locale più vissuto. Da un lato la cucina, dall’altro un corridoio verso un ampio salone apparecchiato con cura.

Una signora anziana mi accoglie: “Si accomodi, si accomodi signore – sarà stanco con quello zaino, si sieda, si riposi”. La sua voce pacata ma decisa mi induce spontaneamente a prendere posto lungo questa tavolata di legno. Lei, la signora Miranda, con le spalle ad un camino fatto apposta per vecchi ceppi, mi parla, mi chiede e tutto si risolve in un leggero dialogo sull’onda silenziosa di parole che evocano emozioni e accoglienza. Di tanto in tanto sente il nipote “Che cosa ti mando per pranzo?” Abita vicino e con la stessa delicatezza decisa con cui mi ha accolto, con la stessa si volge a quel giovanotto che  per lei è sempre il suo piccolo passerotto.

  “Dormire in tenda? No, signore non può dormire in tenda. Rimanga qui a dormire” – “In un luogo così bello chissà quanto costerà!” – “No, signore, non costa tanto, rimanga qui partirà domani”. Faccio notare la necessità di partire presto domani mattina, ma lei sa risolvere tutto: “Lascio le chiavi del portone sulla mensola in ingresso”. E così è accaduto, una inserviente mi accompagna al piano superiore e mi porta alla camera. E’ luogo che sa di antico,  ogni particolare sembra che racconti la storia di coloro che vi hanno fatto sosta: “Antica Locanda del Postiglione – Villa Miranda dal 1842”. L’albergo ha il suo nome ma forse è anche quello della sua mamma. L’acqua scende dalla doccia. Anch’essa con l’irruenza  calda e premurosa della voce della signora Miranda.

 

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