Omaggio a Francesco foto e diario
I passi di un pellegrinaggio, a mo’ di introduzione VIDEO VIDEO VIDEO VIDEO
VIDEO VIDEO VIDEO VIDEO
La domenica 7 ottobre ’12 è passata e con questa il cammino meditativo da La Pagoda a La Verna in occasione della Festa di fra’ Francesco il 4 ottobre.
L’originalità di quella giornata era stata già preannunciata dalla sera di sabato, quando ci siamo trovati a La Pagoda per cenare insieme e predisporci, con un bel sonno, alla partenza del giorno dopo. La cena è stata l’occasione per conoscersi tra mani che si allungavano e piatti ricchi di profumo e di colore che giravano per il tavolo. Avevamo scelto di cenare nella piccola cucina e tutto diventava spontaneamente più intimo e conviviale.
Dormire dolce dormire … VIDEO VIDEO VIDEO
Per quanto riguarda il sonno qualche difficoltà c’è stata, per esempio, nella ricerca del ‘proprio’ cantuccio per stendervi i tappetini; sì, c’era l’incetta di tappetini … e cuscini … e la tranquilla predisposizione al sonno sembrava minacciata. C’è stato anche un giallo ancora da risolvere … come mai il materassino gonfiabile di Carlo è bucato? Ma nessuno si fa carico del problema. Per prendere sonno occorre ricorre ad ogni stratagemma, con tanto di maschere e tappi. Certi tappi erano così ben conficcati che al mattino … non uscivano più!
La sveglia è stata informale, alle 6.30 si aspettava la campanella ma già da prima qualche lenzuolo, ancora avvolto dal buio, prendeva la forma di un meditante seduto. La metamorfosi pian piano si diffondeva. Dopo un po’ di raccoglimento prossimo ancora alla sonnolenza ci si predispone per la colazione. Sarà all’altezza della cena … bisognava infatti preparare anche i panini per il cammino!!!
Fuori il cielo non si esprime, il sole si è nascosto dietro le nuvole e la pioggia è ancora contenuta nella pancia di quei cumuli scuri che girano nel cielo. I primi passi ci portano a Pieve a Socana e da qui a Rassina. A Rassina non incontro quasi mai amici e conoscenti, tant’è la rara frequentazione della cittadina. Invece quella mattina è una sorpresa, più volti hanno quel sorriso che segna la gioia di rincontrarsi, tant’è che una foto di gruppo è necessaria. Dispiace lasciarli in piazza, anche se qualcosa c’è da portare con noi: il bastone di Enzo, per aiutare il cammino da pellegrino!
Il primo tratto del cammino, già l’avevo preannunciato, è il più impegnativo. Ma siamo ancora un po’ sopiti e quindi mancano le risorse per … lamentarsi, per fortuna non quelle per camminare. Non si passa da Chitignano, ma si sale per Gargiano. Il piccolo borgo sta già dimenticando l’estate e i giochi all’aperto cominciano a coprirsi di teli protettivi.
La strada di asfalto, diviene carrareccia e a piedi si superano un paio di sbarre, c’è anche chi le salta, tant’era la fretta di arrivare presto. La salita si fa meno impegnativa e anzi diviene ad un certo punto discesa e la cosa preoccupa non poco … c’è da aspettarsi il peggio dato che il monte Penna è lassù ben alto.
Prima che appaia Taena c’è sempre la sopresa di vedere che i segni del Cai (sentiero 33) scompaiono in una prateria in cui l’unica soluzione sarebbe quella di perdersi. Già una volta mi è successo e ricordo bene qual è la soluzione più semplice: scendere verso Taena, anche se sulla carta il sentiero 33 dovrebbe proseguire verso il crinale. C’è un campo da attraversare, non è più coltivato e così pian piano, superata la collinetta, appare il piccolo borgo. Nel campo erbe profumate ci inducono ad una breve sosta, ma il cammino riprende verso.
Taena ci saluta con una fonte, ma entrando nel paese se ne trova una molto più bella a lato della piccola piazzetta. Dopo un breve giro si scende e girando a sinistra riprende il nostro percorso, questa volta sull’asfalto, sino a Rosina.
Ci avevano detto in piazza a Rassina, che vi è una Casa dei Misteri e siamo incerti se scendere verso il centro del piccolo paese o proseguire verso la strada che sale. Dopo qualche incertezza scendiamo e girando tra i vicoli si giunge alla Chiesa e nelle sue vicinanze la La Casa dei Misteri. Su molte pietre, sugli architravi sono incise lettere che, pur ben identificabili, danno luogo a frasi incomprensibili.
Dopo una sosta fatta di tante foto si risale per l’asfalto e poi a sinistra su per la vecchia via Romea. Bisogna fare appello alle proprie risorse (barrette di cioccolato, ecc,) per affrontare quella antica strada romana che sale ripida tra pietre sconnesse.
Giunti in quota la strada giunge a la Croce di Sarna. Attraversata la strada, incappo nell’errore di scendere sulla destra ma dopo poco mi accorgo che … si deve tornare indietro. La variante che pensavo di fare non è poi la strada che di ‘deve’ fare. Ritroviamo la carrareccia che sale e, questo lo sapevo, sale e si apre in un bel campo. Che ore sono? Già la domanda preannuncia la risposta. È … l’ora di pranzo anche se l’orologio ci avrebbe dato ancor un po’ di cammino.
Comunque il prato è accogliete. Alle spalle alberi e davanti un ampio prato in declivio. Il terreno è bagnato, ma le cerate sono sufficienti per la mensa .. sala da pranzo e seggiole ovviamente tutto allo stesso livello, tutto a terra; anche se con intraprendenza ci si era cimentati a trasformare un vecchio riparo in una tavola a tutti gli effetti. Dopo il pranzo è bastato il coraggio di uno per sollecitare all’emulazione: poco è passato ed eravamo tutti distesi sulle cerate, pur lamentandoci dell’umidità. Finalmente la nostra meditazione trovava un sano silenzio.
Passa presto quella mezz’oretta e di nuovo si prosegue. Ora però siamo su una carrareccia ben definita e nel proseguire si fanno più evidenti i segni di un progressivo coinvolgimento con il ritmo dell’uomo, più che con quelli della natura. Grandi cataste di legna, spiazzi una volta usati per tagliarla e la strada stessa che, di terra sconnessa e di attraversamenti fangosi, diviene sempre più definita e aperta.
Siamo ormai prossimi a lasciare il sentiero Cai 33. Sulla destra si incontra una edicola con una sorgente guaritrice, ma fattasi ora più avara nell’elargire questo beneficio. Quelle poche gocce che scivolano lungo una foglia bastano a trovare l’armonia con un tempo passato.
Prima di immetterci sulla strada asfaltata che sale da Bibbiena ecco che arriva … la pioggia. Ci accompagna durante quei due chilometri che ci conducono a La Beccia.
Ci attende l’ultimo tratto. E’ una strada di pietre non sempre agevoli da calpestare anche non stancano dato l’apparire, a tratti sempre più vicino, il Santuario. Dopo aver passato la svolta che lascia sulla destra la Chiesa degli Uccelli che giunsero in quel luogo all’arrivo di Francesco, ormai poco manca. C’è ancora un tornante a nascondere l’ingresso al Santuario.
Il tempo è sempre più umido e le nuvole sono così basse e dense da cancellare il paesaggio e da lasciare gli edifici e le pietre francescane velate da un apparire e sparire di momento in momento. La Sala delle Stimmate diviene il luogo che cercavamo. Ci sediamo sulle panche dei monaci e ci immergiamo nella quiete di quel luogo. Il via vai dei visitatori stranamente non lede questa atmosfera di raccoglimento e di pace. Anzi sembra che tutto canti, come quegli uccellini per la via de La Beccia, il proprio saluto e “Omaggio a Francesco”.
Un ringraziamento a Giuliana, Davide e al suo Babbo che ci hanno aiutato con le auto a tornare a La Pagoda!!!