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I Maestri Karmapa

Il primo insegnamento di

Sua Santità il 17° Gyalwa Karmapa

Monastero di Tsurphu, luglio 1998

Oggi vorrei presentare un breve insegnamento sul Rifugio.

Non si è Buddhisti finché non si prende Rifugio. E’ la comprensione e l’osservazione degli impegni del Rifugio che definisce una persona come Buddhista. Si dice: ‘Non si è un Buddhista di scuola Mahayana se non si genera Bodhicitta’, ed è infatti la generazione della Bodhicitta o dell’aspirazione del Bodhisattva a determinare se si è o meno dei praticanti Mahayana. Perciò, dovrebbe essere chiaro che tutto il nostro percorso è compreso nei principi del Rifugio e della Bodhicitta. Tutti gli insegnamenti dati dal Buddha Shakyamuni si risolvono nell’insegnamento del Rifugio e della Bodhicitta.

Dunque tratteremo degli insegnamenti relativi alle radici del Rifugio, ai precetti generali e particolari e a molte altre istruzioni del Rifugio.

Le radici del Rifugio sono la fede e la compassione: la fiducia e la sicurezza nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha, e la compassione che desidera liberare tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza.

La Fede nei tre Gioielli è di tre tipi. La fede dell’ispirazione è quell’ispirazione positiva che una persona riceve visitando luoghi di culto dove vi sono molti oggetti sacri, o incontrando grandi maestri o assistendo ad assemblee del Sangha particolarmente ispirate. La fede dell’aspirazione è quella che ci fa desiderare di liberarci dalla sofferenza e raggiungere la pace degli stadi di esistenza superiori; per tale ragione desideriamo compiere buone azioni e abbandonare quelle negative e abbiamo fiducia nella possibilità di raggiungere questo obbiettivo. La fede della completa fiducia consiste nella comprensione che i Tre Gioielli sono il proprio unico e definitivo Rifugio, e in una profonda comprensione e fiducia nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha.

La compassione per tutti gli esseri senzienti consiste nel desiderio di liberare tutti gli esseri da ogni problema e sofferenza che agitano l’oceano del Samsara. Tutti questi esseri sono stati nostre madri in passato, e tutti ci hanno amato e hanno avuto cura di noi come una madre; ciascuno di noi, in prima persona, vorrebbe aiutarli a liberarsi da qualsiasi tipo di sofferenza li affligga. Questa è la compassione. 

Queste sono le radici del Rifugio.

Qual è l’essenza del Rifugio? Non avere altra guida ultima se non il Buddha; non avere altro vero sentiero se non il Dharma; non avere altri compagni sul sentiero se non il Sangha supremo. Abbiamo bisogno di compagni con i quali percorrere il sentiero, proprio come, quando vogliamo attraversare un fiume, abbiamo bisogno di un traghettatore poiché la barca non si muoverà per proprio conto. Se ci affidiamo a compagni o amici sbagliati, possiamo essere fuorviati; è dunque necessario trovare i compagni giusti con i quali viaggiare sul sentiero giusto. Questo è il Sangha supremo.

Questo è l’impegno, chiaro e immutabile, da prendere nei confronti delle Tre Fonti di Rifugio.

Vi sono molte istruzioni relative all’osservazione degli impegni del Rifugio e possono essere raggruppate in generali e particolari.

La prima delle istruzioni generali è di non rinnegare il Rifugio nemmeno in cambio della vita o di grandi ricompense. Se qualcuno dovesse accumulare da una parte una grandissima ricchezza e ve la promettesse a patto che rinneghiate la vostra presa di Rifugio, non dovreste accettare, nemmeno al prezzo della vita. La seconda istruzione è di non aver fede in altro che non siano i Tre Gioielli, anche nei momenti di più grande sofferenza e difficoltà. Terzo, bisognerebbe sempre fare offerte ai Tre Gioielli e agli oggetti sacri che rappresentano il corpo, parola e mente del Buddha. Quarto, bisognerebbe osservare il Rifugio e avvicinare quanti più esseri possibile al Rifugio e ai Tre Gioielli: non basta che sia solo uno ad osservare i precetti del Rifugio, è importante che ci si adoperi perché anche altri vengano condotti nella giusta direzione; se qualcuno ha preso una strada sbagliata, bisogna ricondurlo su quella giusta. Quinto, bisognerebbe fare prostrazioni ai Buddha delle dieci direzioni, al Buddha di qualsiasi direzione si stia percorrendo. Ciò significa rendere omaggio ai Buddha la mattina, il giorno e la sera.

Ci sono quindi le istruzioni sui precetti particolari relativi ai Tre Gioielli. La prima: se prendiamo Rifugio nel Buddha, non prenderemo come ultimo Rifugio divinità mondane. Le divinità mondane sono, ad esempio, Brahma, Indra, Vishnu e Shiva, tsens e gyalpo. Poiché anch’essi si trovano nel Samsara, come possono aiutarvi a liberarvene? E dunque, come è scritto nelle Trentasette pratiche del Bodhisattva, non dovremmo prendere rifugio in loro. Secondo: prendere rifugio nel Dharma significa smettere di nuocere agli esseri senzienti, semchen. Semchen comprende non solo gli animali con quattro zampe e pelliccia, ma tutti gli esseri dotati di sensazioni e coscienza. Si dovrebbe smettere di uccidere e di rubare e bisognerebbe percorrere il sentiero della non-violenza. Terzo: quando si prende Rifugio nel Sangha non si dovrebbe passare il tempo in cattive compagnie: le cattive compagnie possono condurci solo a comportamenti negativi e non positivi.

Tre sono i precetti da osservare quando vogliamo onorare i Tre Gioielli. Il primo, riguardante la presa di Rifugio nel Buddha, consiste nel mostrare rispetto ai Buddha e a ciò che li rappresenta. Ciò significa porre le immagini del Buddha in luoghi decorosi e fare loro prostrazioni e offerte. Il secondo, riguardante la presa di Rifugio nel Dharma, prevede che si renda omaggio al Dharma e alle sue rappresentazioni, fino ad una piccola lettera o ad una sillaba nella quale è scritto il Dharma. Per non parlare dei libri e del materiale relativo al Dharma. Il terzo, riguardante la presa di Rifugio nel Sangha, prevede che si rispetti il Sangha e coloro che lo rappresentano, anche chi indossa semplicemente le vesti del Sangha, anche un pezzo di stoffa rossa trovato per strada è una rappresentazione del Sangha e non dovrebbe essere trattato senza rispetto.

Queste sono le tre istruzioni sulla concordanza. Innanzitutto, prendendo Rifugio nel Buddha, la mente deve essere in accordo con il Dharma. Non è bene pretendere di prendere Rifugio nel Buddha quando la nostra mente è in totale disaccordo con il Dharma. Lasciate che la mente assorba il Dharma e che in essa si generi pace e umiltà. Quando prendiamo Rifugio nel Dharma, dovremmo accordare la nostra parola con il Dharma. Pretendere di prendere Rifugio nel Dharma, ma lasciare che le nostre parole si esprimano in disaccordo con esso è sbagliato. Perciò cerchiamo di rinunciare alle menzogne, alle calunnie, alle cattiverie; cerchiamo di infondere il Dharma nelle nostre parole di tutti i giorni. Quando prendiamo Rifugio nel Sangha, facciamo sì che il nostro corpo concordi con il Dharma. Dovremmo cercare di vivere secondo il Dharma e rinunciare alle azioni negative del corpo, come ad esempio i comportamenti sessuali scorretti.

Quali benefici si traggono dall’osservazione dei precetti del Rifugio? Non dovremmo prendere Rifugio se non ne traiamo alcun beneficio. In primo luogo, prendendo Rifugio cominciamo a praticare il Buddhismo o la via del Dharma. In secondo luogo, creiamo una base favorevole a tutti i precetti e a tutti i livelli di ordinazione. Terzo, siamo protetti dai pericoli che ci possono causare gli esseri umani e non-umani, tutti gli ostacoli e gli influssi dannosi sono quietati. Quarto, non saremo separati dalle benedizioni del Buddha, del Dharma e del Sangha nelle vite future. Quinto, gli effetti del karma negativo saranno ridotti. Sono così tanti i benefici che ne traiamo da non poterli contare tutti.

Parliamo ora di Bodhicitta. Tutti i sentieri del Bodhisattva, senza eccezione alcuna, devono essere completati nel contesto della Bodhicitta. Innanzitutto pensate a tutti quegli esseri che, in prima persona, avete visto patire grandi sofferenze, i disabili e i malati che hanno sofferto molto, ad esempio, e poi pensate a tutti gli altri esseri che sopportano immense sofferenze. Se continuate a pensarci proverete una sincera e grande compassione nei loro confronti. Sentirete di voler personalmente dileguare le loro sofferenze, di volerlo fare anche a costo di doverlo fare da soli. Quando si manifesta questa aspirazione e questo coraggio è l’inizio del vostro percorso di Bodhisattva; sviluppare la compassione e il coraggio introduce la preparazione e l’addestramento di un Bodhisattva.

Vi sono tre tipi di aspirazione per un Bodhisattva. La prima è l’aspirazione simile a quella di un re. Un re ha il potere di aiutare e di dare ordini ai propri sottoposti affinché aiutino e siano di beneficio agli altri. Ciò significa aspirare all’Illuminazione per poter aiutare gli altri esseri senzienti a raggiungere a loro volta l’Illuminazione. La seconda è l’aspirazione simile a quella del capitano, ossia l’aspirazione a raggiungere l’Illuminazione insieme a tutti gli altri esseri senzienti. Un capitano fa salire i passeggeri sulla propria barca e li conduce attraverso il fiume, la barca da sola non potrebbe andare da nessuna parte. Questo tipo di saggezza è detta l’aspirazione della Sacra Saggezza. La terza aspirazione è quella simile al pastore, quando desideriamo che tutti gli esseri senzienti raggiungano l’Illuminazione grazie alle nostre azioni positive. Noi stessi raggiungeremo l’Illuminazione solo dopo che tutti gli esseri senzienti l’avranno raggiunta. Un pastore si preoccupa prima di mettere al sicuro le pecore e solo dopo rientrerà a casa. Questa è la più alta e suprema manifestazione di coraggio e compassione, di queste tre forme di aspirazione è la più nobile, ma ciascuno deve scegliere quella più adatta a sé, perché in realtà non c’è differenza.

Vi sono tre precetti relativi al Bodhicitta: astenersi dal commettere azioni negative, accumulare azioni positive e adoperarsi per il bene degli altri. Il precetto di astenersi dal compiere azioni negative può essere approfondito nei diciotto precetti radice, ma l’essenza di tutti si può condensare nell’imperativo di non abbandonare gli esseri senzienti; poiché lasciare a se stesso un qualsiasi essere senziente è la peggiore delle azioni negative, è dunque necessario dare a questo precetto la giusta enfasi.

Rifugio e Bodhicitta non sono semplicemente preliminari, qualcosa da fare all’inizio e da abbandonare in seguito. Solitamente recitiamo i versi del Rifugio e del Bodhicitta all’inizio della nostra pratica, ma non bisognerebbe pensare che sono limitati all’inizio. Dovrebbero, al contrario, essere sempre con noi durante il nostro percorso. Poiché la compassione va mantenuta e nessun essere senziente abbandonato, un forte impegno nei confronti del Rifugio è il fondamento più importante del sentiero buddhista. ‘Io, in prima persona, condurrò tutti gli esseri senzienti all’Illuminazione’. Si dovrebbe generare una genuina aspirazione di questo tipo e lavorarci su come se stessimo scavando dell’oro. Essere genuini significa non essere fasulli: se ci si comporta da ubriachi pur non essendolo, non si è genuini. E’ importante generare questa aspirazione genuinamente. Noi esseri umani siamo avidi, perciò quando scaviamo per carcare l’oro non pensiamo ad altro che a quell’oro. Nella stessa maniera ci si dovrebbe concentrare sulla generazione della Bodhicitta, concentrandosi solamente su essa.

Se non si comprende correttamente e non si pone sufficiente enfasi sul Rifugio, è impossibile praticare persino l’Hinayana, per non parlare del Mahayana. Senza un’inclinazione verso la Bodhicitta, è impossibile praticare il Mahayana, per non parlare del Vajrayana. E’ importante capire il principio di base. Se una Bodhicitta genuina si consolida nella mente, comincerà il sentiero del Bodhisattva, nelle vite future si incontreranno sempre amici spirituali genuini, si riceverà il nettare degli insegnamenti del Dharma, e si realizzerà l’Illuminazione, la perfetta Buddhità, in uno spazio di tempo non troppo lungo. ‘Perfetta’ si intende in termini di completo abbandono di tutto ciò che va abbandonato e di totale realizzazione di ciò che va realizzato. ‘Buddha’ si dice ‘Sangye’ in tibetano. ‘Sang’ significa ‘Risvegliato’: risvegliato da tutte le afflizioni. ‘Gye’ significa ‘Fiore Sbocciato’: la Saggezza si schiude come i petali di un fiore che sboccia.

Ora che abbiamo gettato le basi dell’oceano delle attività del Bodhisattva, dovremmo recitare preghiere quali Zangpa Chopa Monlam, le preghiere composte da Nagarjuna, Le Duecento Preghiere, e Lobpon Pawo, Le Settecento Preghiere. Non dovremmo ripeterle una volta o due, ma tutti i giorni, il più costantemente possibile lungo tutto il corso della vita e a beneficio di tutti gli esseri. La ragione per la quale parlo del Rifugio nasce dalla convinzione che la vita umana, dotata delle otto libertà e delle dieci opportunità, non dovrebbe andar sprecata. Certamente molti sono più istruiti di me, ma ho cercato lo stesso di dirvi qualcosa su questo argomento. Uno sciocco come me non sa molto, ma se terrete a mente quanto ho detto, credo che ne trarrete beneficio.

Vorrei ringraziare ed esprimere il mio apprezzamento a tutti coloro che hanno contribuito a ricevere la sponsorizzazione della Shedra e a coloro che diffondono gli insegnamenti Karma Kagyü in molti paesi. Prego perché si avveri il mio desiderio di visitare l’Occidente in un prossimo futuro e perché il Buddhadharma si diffonda in tutto il mondo.

Possiate godere di buona salute e siate felici e prosperi in questa vita e in quelle che verranno. Auspico che tutte le azioni positive che ho compiuto nei  tre tempi maturino a beneficio di tutti gli esseri senzienti mie madri e specialmente di tutti voi. Vi chiedo di impegnarvi nella non-violenza e di abbandonare qualsiasi azione nociva nei confronti di altri esseri. Prego affinché tutti gli esseri della terra possano godere di stagioni provvidenziali, buoni raccolti e grande prosperità e felicità.

Siccome sono molto giovane, attualmente non posso servire al meglio i monasteri e il Buddhadharma, ma vi assicuro che non porterò disonore al mio lignaggio con i miei contributi al Dharma e al lignaggio.

 

Il diciassettesimo Karmapa

 

Ogyen Trinley Dorje

 

 

 

(1985 – )

Dopo che sua madre ebbe sogni meravigliosi durante la gravidanza, l’attuale diciassettesimo Gyalwa Karmapa nacque nella regione Lhatok, nel Tibet Orientale, il 26 giugno del 1985; la sua nascita, avvenuta all’alba e senza alcuna difficoltà, è stata accompagnata da molti segni di buon auspicio: un uccello meraviglioso, mai visto prima, si posò sulla tenda nella quale la madre stava per partorire, sui prati sbocciarono improvvisamente bellissimi fiori, un suono di conchiglia risuonò per tutta la vallata e molte persone videro in cielo tre soli; quest’ultimo fenomeno fu testimoniato in tutto il Tibet Orientale.

In Tibet eventi di questo tipo sono considerati segni che testimoniano la nascita di un grande Bodhisattva, o di un essere illuminato.

Il giovane Karmapa, che i genitori chiamarono Apo Gaga, fa parte di una famiglia di nomadi, e non rivelò subito la sua identità. Passò l’infanzia aiutando la famiglia a portare al pascolo gli animali e mostrando una naturale compassione verso tutti gli esseri viventi. All’età di quattro anni fu portato al monastero di Kalek, dove ricevette i primi insegnamenti di Dharma dal Lama Amdo Palden, Abate del monastero. Nessuno sapeva ancora chi fosse in realtà il bambino, che manifestava grande gioia e propensione all’apprendimento, e non gli fu dato alcun nome, poiché le varie predizioni e divinazioni dicevano che nessuno avrebbe saputo di chi Apo Gaga fosse la reincarnazione se non al raggiungimento degli otto anni d’età (i Tibetani contano il primo anno d’età con la nascita), e che la sua attività sarebbe stata di grandissimo beneficio per tutti gli esseri.

Improvvisamente, nel 1992 Apo Gaga chiese insistentemente ai genitori di muovere in anticipo il campo in un’altra valle; i genitori fecero come il giovane Apo Gaga aveva chiesto e il giorno in cui la spedizione di ricerca stava per raggiungere il campo, il bambino disse che i suoi monaci, che lo stavano cercando, stavano per arrivare. I monaci rivolsero ai genitori domande relative alla nascita ed altri dettagli ancora; la tenda dove si trovava Apo Gaga era esattamente nel punto descritto nella lettera di predizione del sedicesimo Gyalwa Karmapa, e anche tutti gli altri particolari della nascita e il nome dei genitori coincidevano: era stato trovato il diciassettesimo Gyalwa Karmapa.

In aggiunta alla tradizionale lettera di predizione, sua Santità il sedicesimo Gyalwa Karmapa scrisse molte poesie e canzoni spirituali, predicendo che il Lama radice della sua successiva manifestazione sarebbe stato Tai Situ Rinpoche, e che avrebbe studiato in India. Inoltre, le predizioni del grande Terton del diciannovesimo secolo Chogyur Lingpa, descrivevano i particolari della nascita del diciassettesimo Karmapa. Tutte queste predizioni si sono avverate.

Il diciassettesimo Karmapa fece ritorno al monastero di Tsurphu nel 1992, dove fu intronizzato il 27 settembre dello stesso anno, con il permesso del governo cinese. Più di 20.000 persone si radunarono per l’evento e il giorno seguente 25.000 persone si recarono a ricevere personalmente la benedizione del Karmapa.

A Tsurphu, il Karmapa studiò, imparò rituali e praticò arti sacre, come la danza. Ogni giorno riceveva centinaia di persone che andavano a ricevere la sua benedizione da tutto il Tibet e da tutto il mondo.  Dopo aver ricevuto le prime trasmissioni, il Karmapa iniziò ad offrire iniziazioni e a partecipare a vari rituali al monastero. All’età di dieci anni circa ha riconosciuto le reincarnazioni di alcuni Tulku, come

Jamgon Kongtrul Rinpoche, Pawo Rinpoche e Dabzang Rinpoche.

Durante la permanenza del Karmapa a Tsurphu, la sede monastica fu sottoposta ad estesi interventi di manutenzione per riparare o ricostruire gli Stupa, i templi, lo Shedra e le residenze dei monaci, dopo le distruzioni subite nel corso degli anni. Tuttavia, con il passare del tempo, Sua Santità cominciò a ricevere pressioni crescenti da parte delle autorità cinesi affinché agisse in modo contrario all’attività spontanea dei Karmapa di beneficare gli esseri. Il Karmapa rifiutò pubblicamente di denunciare il Dalai Lama e di riconoscere il ‘Panchen Lama’ che l’autorità cinese voleva imporre; questi sono solamente alcune delle azioni che contrariarono le autorità.

Fu per queste pressioni e per le conseguenti restrizioni sempre crescenti, che gli impedivano di recarsi in pellegrinaggio nei luoghi sacri del Buddhismo e di incontrare il suo Lama Radice Tai Situ Rinpoche, che, nel 1999, il Karmapa decise di lasciare il Tibet.

Dopo aver pianificato accuratamente la fuga per alcuni mesi, la sera del 28 dicembre del 1999, l’allora quattordicenne Karmapa, approfittando del permesso di stare in ritiro solitario per alcuni giorni nella sua stanza, uscì dalla finestra della sua stanza per incontrarsi con un paio di fidatissimi attendenti, con i quali senza non poche difficoltà e pericoli raggiunse la jeep che lo avrebbe portato verso la libertà.

Il 5 gennaio del 2000 il Karmapa raggiunse il Dalai Lama a Dharamsala, in India, completando una fuga drammatica e pericolosa attraverso le gelide montagne del Tibet, il Nepal e infine l’India, dove gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato; il Karmapa vive provvisoriamente a Sidbhari, nello stato himalayano dell’Himachal Pradesh, nel monastero di Gyuto Ramoche, che dista un paio d’ore in auto dal monastero di Sherab Ling, dove vive il suo Lama principale, Tai Situ Rinpoche, in attesa di poter raggiungere la sua sede principale al di fuori del Tibet, il monastero di Rumtek, nel Sikkim.

Nel Maggio del 2008 il Karmapa ha compiuto la sua prima storica visita negli Stati Uniti, offrendo insegnamenti in varie città. La sua prima visita in Europa è prevista tra maggio e giugno 2010 e sarà certamente un evento storico per il Buddhismo nel nostro continente.

 

Sua Santità

 

il Gyalwa Karmapa

 

 

“Non è importante ciò che fa sorridere me, quello che è importante è ciò che fa sorridere l’umanità.

 

Il sorriso dell’umanità sorge solamente nel momento in cui le nostre motivazioni pure

 

e le nostre azioni coincidono.”

 

Sua Santità il diciassettesimo Gyalwa Karmapa, Ogyen Trinley Dorje

 

 

Biografia XVII Karmapa                  Biografie precedenti Karmapa

Karmapa significa ‘colui che manifesta l’attività di tutti i Buddha’. I Karmapa si sono incarnati in questa forma Nirmanakaya, o corpo di manifestazione, nel corso di diciassette vite, e tutti hanno avuto un ruolo importantissimo nel preservare e propagare gli insegnamenti Buddhisti del Tibet.

L’apparizione di un Maestro che sarebbe stato noto con il nome Karmapa era stato profetizzato dal Buddha Sakyamuni e dal grande Maestro tantrico indiano Guru Padmasambhava (Guru Rinpoche). Nel corso dei secoli i Karmapa sono stati la figura centrale nella continuazione del lignaggio Vajrayana in genere, e del lignaggio Kagyü in particolare, e hanno giocato un ruolo veramente importante nel preservare lo studio e la pratica dei lignaggi Buddhisti.

Background storico

Il Buddha Sakyamuni profetizzò la manifestazione e l’attività dei Karmapa in molti Sutra e Tantra; sono pochi i Maestri Buddhisti la cui attività sia stata profetizzata nei Sutra e nei Tantra, e il Karmapa è sicuramente uno tra questi.

Le profezie che seguirono furono compilate da Rinchen Palzang e furono raccolte nel suo lavoro intitolato Lo Specchio che tutto Illumina:

Dal Sutra Samadhiraja (Il Sutra del Re del Samadhi):

Duemila anni dopo la mia morte,

gli insegnamenti fioriranno nella terra di coloro che hanno la faccia rossa,

i discepoli di Avalokita (Cenresi).

[in quel tempo] il Bodhisattva Simhanada, noto come ‘Karmapa’, apparirà.

Padroneggiando il Samadhi, egli domerà gli esseri

e li stabilirà nella beatitudine attraverso la vista, l’udito, il tatto e ricordando il Suo nome.

Dal Sutra Lankavatara (Il Sutra della discesa su Lanka):

Indossando l’abito monastico e la Corona Nera,

compirà incessantemente il beneficio degli esseri

fino a che gli insegnamenti dei mille Buddha spariranno.

Dal Tantra Mulamanjushri (Il Tantra Radice di Manjushri):

Dotato del nome che inizia con ‘Ka’ e finisce con ‘Ma’,

questo sarà l’individuo che apparirà e illuminerà gli insegnamenti.

L’attività del Karmapa fu anche profetizzata in vari Terma dal grande mahasiddha indiano Padmasambhava (Guru Rinpoche).

Il Buddha Karmapa

Dal punto di vista della realtà ultima, il Karmapa ha già raggiunto l’Illuminazione molto tempo fa, come un Buddha che in passato fu chiamato Shenpen Namrol. Il Karmapa si manifesterà come il sesto Buddha di questo eone fortunato, sarà noto come Trukpa Senge, e sarà inseparabile dall’attuale Buddha Storico, Sakyamuni.

Dal punto di vista relativo, il Karmapa si manifesta come un Bodhisattva del decimo livello (Bhumi) emanazione di Avalokitesvara (Cenresi). I Karmapa si sono manifestati in innumerevoli emanazioni nel corso dei secoli.

Alcune delle più importanti manifestazioni dei Karmapa sono il grande Bramino Saraha e Padmasambhava in India, oltre a molte altre emanazioni in Tibet che diffusero gli insegnamenti del Buddha e beneficiarono un numero incalcolabile di esseri. Tuttavia, soltanto una manifestazione, e le sue successive incarnazioni sono apparse in tempi diversi dando vita ad un lignaggio di Lama che sono stati la figura più eminente nella storia del Buddhismo in Tibet.

Il Karmapa è stato il primo Lama la cui linea ininterrotta di incarnazioni è stata riconosciuta, e continua dall’undicesimo secolo fino ai nostri giorni.

L’attività Illuminata

I Karmapa non hanno giocato soltanto un ruolo fondamentale nel lignaggio Kagyü, ma anche in altre scuole Buddhiste Vajrayana in tutto il Tibet,  per esempio: Il terzo Karmapa Rangjung Dorje ebbe un ruolo chiave nella preservazione e nello sviluppo del lignaggio Ningthik del lignaggio Ningma; il quarto Karmapa Rolpe Dorje riconobbe e valorizzò le qualità e il potenziale di Je Tzong Khapa, il fondatore del lignaggio Ghelugpa. Il settimo, l’ottavo e il nono Karmapa contribuirono alla preservazione e alla continuazione dei Sutra, dei Tantra e dei lignaggi Mahamudra della scuola Kagyü; il quattordicesimo Karmapa prese parte alla preservazione e alla continuazione del lignaggio Shangpa Kagyü, che stava per estinguersi, ed ebbe anche la visione del movimento non settario (Rimé); incoraggiò il suo discepolo del cuore, Jamgon Kongtrul il grande, a continuare il movimento; il quindicesimo Karmapa Kakyab Dorje contribuì alla preservazione e alla continuazione delle tradizioni degli insegnamenti Terma del lignaggio Ningma; il grande sedicesimo Karmapa, Rangjung Rigpe Dorje, è stato uno dei grandi Maestri Buddhisti dei nostri tempi, riuscendo a preservare e a continuare i vari lignaggi Buddhisti tibetani nonostante l’esilio.

Sua Santità il sedicesimo Gyalwa Karmapa dedicò una parte importante della sua attività alla preservazione dei testi sacri: iniziando con il Kagyur, che si compone di 108 volumi che raccolgono le parole del Buddha Sakyamuni, per poi dedicarsi al Tengyur, la raccolta di circa 214 volumi con le traduzioni dei commentari fatti dai grandi Maestri indiani sugli insegnamenti del Buddha.

Sua Santità fece ristampare l’edizione Derge a New Delhi, e distribuì il Kagyur gratuitamente in tutti i monasteri tibetani in India, Nepal, Bhutan e negli Stati Uniti, e copie del Tegyur a prezzo di stampa a tutti i monasteri. Questa fu una storica azione di Sua Santità, nessun Lama tibetano aveva distribuito il Kagyur gratuitamente in tutti i monasteri prima di allora. Inoltre, Sua Santità il sedicesimo Karmapa intraprese il lavoro di preservazione dei testi dei grandi Maestri tibetani, inclusi tutti gli scritti dei precedenti Karmapa arrivati sino ai giorni nostri, e li diffuse durante l’esilio dando insegnamenti, trasmissioni e stampandoli.

Sua Santità il diciassettesimo Karmapa, Ogyen Trinley Dorje, è il principale Lama tibetano nell’era post-1959 della storia tibetana. Sua Santità è il primo Lama reincarnato nella storia ad essere riconosciuto da un governo comunista. Dopo essere stato riconosciuto e insediato a Tsurphu, la sede storica di tutti i Karmapa, Sua Santità contribuì in maniera decisiva allo sviluppo del Dharma in Tibet negli anni novanta. Nel corso di pochi anni ricostruì e ampliò il monastero di Tsurphu, distrutto a causa della ‘rivoluzione culturale’ cinese tra il 1959 e il 1960.

A seguito delle ripetute richieste – rimaste inascoltate – di incontrare il suo Lama radice, Tai Situpa, alla fine del 1999, a cavallo con il nuovo millennio, Sua Santità il diciassettesimo Karmapa lasciò il Tibet con una rocambolesca fuga per raggiungere l’India, dove attualmente vive in attesa del permesso del governo indiano per recarsi nella sua sede in esilio, il monastero di Rumtek, nel Sikkim. Sin dal suo arrivo in India, migliaia di praticanti del lignaggio Karma Kagyü e devoti da tutto il mondo si sono recati da Sua Santità, incontrandolo nel corso di udienze sia private che pubbliche durante le quali Sua Santità conferisce Iniziazioni, trasmissioni ed insegnamenti.

Uno degli speciali attributi dei Karmapa è la Corona Nera, che simboleggia l’attività del lignaggio diretto ed ininterrotto dei Karmapa.

Prendere Rifugio

Insegnamento dato da
H.E. Khentin Tai Situpa
A Samye Ling, Settembre 1996

Oggi, a richiesta di questo centro di Dharma condurrò personalmente la cerimonia di Rifugio, cioè la cerimonia formale con la quale ogni persona conferma il voler essere Buddhista. Prendiamo questo impegno all’inizio della nostra vita come Buddhisti e lo rinnoviamo costantemente, prendendo Rifugio in continuazione per tutta la nostra vita fino a quando non raggiungiamo l’Illuminazione e diventiamo veramente Buddha.

Iniziamo con il Rifugio, viviamo con il Rifugio e, appropriatamente, finiamo con il Rifugio. Rifugio è un impegno che non finisce mai per tutti noi. Credo che ci siano qui alcune persone che prenderanno Rifugio per la prima volta e che il resto di noi invece rinnoverà l’impegno del Rifugio.

Alcuni di voi sono Buddhisti da lungo tempo e quindi avrete sicuramente già recitato la preghiera del Rifugio centinaia di volte. Ma non importa da quanto siete buddisti. Sempre che ci sia una vera comprensione, impareremo qualcosa di nuovo sul Rifugio ogni qual volta ripetiamo la preghiera del Rifugio. E questa è una cosa meravigliosa. Ma se non comprendiamo chiaramente il Rifugio, allora il solo ripetere le parole tante volte fa si che esse non abbiano più senso. Non importa quante volte ripetiamo la preghiera, dobbiamo sempre cercare di dire ogni parola di questa preghiera comprendendone il significato.

Comprenderemo veramente il Rifugio solo quando realizzeremo cos’è un Buddha. E’ un’esperienza molto profonda. “Prendere Rifugio” non è come una cerimonia per “associarsi ad un club” dove si riceve una tessera soci con su il nome del club – non è così. Se la nostra pratica è fatta di quattro sessioni al giorno, allora recitiamo la preghiera quatto volte; se la nostra pratica ha sei sessioni al giorno, allora reciteremo la preghiera sei volte e ogni volta che la ripetiamo, dovremo cercare di farlo dandole più significato di quella precedente. A volte riusciremo a farlo, a volte no. Se facciamo solo tre sessioni al giorno, quando faremo la terza sessione avremo detto la preghiera tre volte in quella giornata; solamente voi potrete giudicare se la qualità della vostra preghiera è migliore o peggiore in questa terza volta.

Il Rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha viene compreso in modo diverso nella tradizione Hinayana, Mahayana e Vajrayana. Oggi vi parlo come praticante della tradizione Vajrayana, secondo il lignaggio Mahamudra. Vi spiegherò come definiamo Buddha, Dharma e Sangha e come definiamo il Rifugio secondo quelli che noi chiamiamo “I Tre gioielli”.

La cerimonia del Rifugio è generalmente fatta usando il testo del Rifugio della tradizione Hinayana. Visto che siamo praticanti della tradizione Vajrayana, recitiamo le parole della tradizione Hinayana ma il significato che terremo a mente è quello della tradizione Vajrayana. A livello ultimo il significato è lo stesso; tutte le tradizioni prendono Rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha. Ma per i praticanti Vajrayana vi è una trasformazione a livello mentale. Quando recitiamo “Prendo Rifugio finché vivo” per la tradizione Hinayana questa frase, “finché vivo” significa “fino a che muoio” cioè in questa vita. Per il Rifugio nella tradiziona Mahayana, che è la base della preghiera Vajrayana, si dice “Prendo Rifugio fino a quando diventerò Illuminato”.

Nella cerimonia di Rifugio che celebriamo noi, dove il testo dice “Prendo Rifugio finché vivo” trasformiamo la frase “finché vivo” nella nostra mente così che diventi “finché vivo come essere senziente”. Cioè, per implicazione, “fino a che diventerò Illuminato, .. fino a che diventerò Buddha”, il che sarà probabilmente molte molte vite più in là.

Se vogliamo, possiamo scegliere di concentrarci sulle differenze, alcuni studiosi ne hanno fatto discussioni interminabili. Ma studiosi o no, la trasformazione interiore avviene lo stesso. In più, se ci preoccupiamo del significato proprio delle parole, allora forse la trasformazione interiore ci impiega più tempo ad avvenire. Dobbiamo dimenticare l’approccio intellettuale e recitare le parole col cuore.

A volte anch’io mi perdo nell’approccio intellettuale. E’ interessante quanto ci si possa ingarbugliare con le parole! Si recitano le stesse parole volta dopo volta e poi tutto d’un tratto si prova a dare una definizione e si crea un problema complicato su cosa si volesse dire veramente. L’aspetto intellettuale di qualsiasi cosa, incluso il Buddhismo, è cosi. Si possono scrivere libri e numerosi volumi, si può ridefinire e discutere il vecchio sistema del credere, si può creare un nuovo sistema , e così via, ma a qual fine?

Potremmo, se volessimo, avere discussioni senza fine sulla frase “fino a che diventerò un Buddha” o “finchè vivo”, ma come praticante della tradizione Vajrayana, in un modo o nell’altro, la comprensione semplicemente avviene. In più, magari in futuro, vorrete prendere il voto del Bodhisattva. Con questo rinnoverete l’impegno del Rifugio e reciterete “fino a quando non otterrò lo stato di Buddha… prendo Rifugio nel Buddha, il Dharma e il Sangha..”. L’unica cosa importante è che prendere Rifugio significa che siamo come dei rifugiati che si riparano in un rifugio, un posto sicuro, via dalle tempeste della vita.

Prendere Rifugio nel Buddha è il primo e il più importante di questi “tre Rifugi”. E’ la ragione per la quale ci chiamiamo Buddhisti. “Io prendo Rifugio nel Buddha” significa che abbiamo completa fiducia e fede totale nel Buddha. Significa the consideriamo il Signore Buddha come nostro ultimo Maestro. Nella tradizione Vajrayana crediamo che la nostra essenza, la nostra vera natura, è Buddha e preghiamo che questo seme della Natura Buddha che è cosi profondamente dentro di noi, si sviluppi e cresca fino a quando non prenda il sopravvento.

Desideriamo diventare un Buddha e abbiamo fiducia nel Buddha – bene, ma come si fa? Come si fa veramente a prendere Rifugio nel Buddha? Lo si fa imparando o praticando il Dharma. Per l’approccio Vajrayana, il Dharma è un aspetto inseparabile del Buddha; una manifestazione del Buddha. Prima che il Principe Siddharta divenisse illuminato egli non era un Buddha e ciò che diceva non era Dharma. Ma dopo la sua illuminazione, le sue rivelazioni, le sue parole alla gente e a tutti gli altri esseri senzienti presenti, erano quelle del Buddha ed è ciò che chiamiamo Dharma. Il Dharma è la dimostrazione della realizzazione senza limiti del Buddha, presentata in istruzioni verbali e tramandata per secoli fino a noi, oggi. Prendendo Rifugio nel Dharma, imparando e praticando il Dharma, confermiamo anche il nostro Rifugio nel Buddha.

La terza forma di Rifugio è il Rifugio nel Sangha. Ci sono vari livelli di Sangha. Il più alto, il più sacro livello è quello del Sangha dei discepoli del Buddha, come gli otto Bodhisattva maggiori, che includono Manjushri e Avalokiteshvara. Non tutti i Bodhisattva erano monaci o monache, ma erano tutti illuminati e andiamo da loro per Rifugiarci.

Prendiamo Rifugio nel nostro Maestro come parte del Sangha sia che il Maestro sia monaco o no, Illuminato o no. Prendiamo Rifugio nel Sangha dei Lama e nel Sangha laico dei discepoli del Buddha, in coloro che hanno preso Rifugio.

Come prendiamo Rifugio nel Sangha? Lo facciamo attraverso gli insegnamenti, le rivelazioni dell’Illuminazione del Buddha che sono contenute nel Sangha in una varietà di modi. Primo, le parole, il Dharma. Il lignaggio delle spiegazioni intellettuali degli insegnamenti del Buddha, la comprensione degli studiosi, è contenuta nel Sangha. Secondo, e più importante, la pratica delle istruzioni. Quando il Sangha mette in pratica gli insegnamenti, acquisisce una realizzazione del significato che è superiore alla comprensione intellettuale.

“Io capisco” e “io realizzo” sono due cose differenti. Il “capire” è un aspetto intellettuale, il “realizzare” è un’esperienza viva ed è superiore alla comprensione intellettuale. Capire è necessario ma la realizzazione, il mettere in pratica ciò che si è capito è il lignaggio vivente.

Ci sono molte pratiche differenti per varie occasioni – troppe per poterne parlare qui. Ci sono trasmissioni di riti e trasmissioni di Iniziazioni che vanno assorbite a livello fisico, mentale e orale e che sono anche contenute entro il suono della cerimonia. Il Lung è una trasmissione letta nella quale si assorbe l’energia interiore del suono delle parole. Tutto questo fa parte del lignaggio contenuto nel Sangha.

La trasmissioni più importanti sono quelle del voto di Bodhisattva, il voto Tantrico, i voti d’ordinazione dei monaci e delle monache, e i precetti per le persone laiche. L’ordinazione o voti Vinaya e i precetti sono contenuti a livello fisico e non andrebbero abbandonati. I voti come quello del Bodhisattva operano sia a livello mentale che fisico.

In questo modo il lignaggio del Buddha viene preservato e non vive in un solo membro del Sangha o in un particolare gruppo, ma in tutti membri del Sangha. Alcuni membri del Sangha possono essere grandi monaci e monache ma non necessariamente realizzati o illuminati. Altri possono essere laici, ma buoni praticanti o avere grandi realizzazioni, cosi il lignaggio viene mantenuto anche lì. Altri possono non essere realizzati ma possono avere una profonda comprensione del lignaggio, dell’aspetto intellettuale degli insegnamenti del Buddha e quindi mantenere questo aspetto del Dharma. La corretta comprensione del Buddismo è anche il lignaggio stesso. In Tibetano lo chiamiamo “She Ju”. “She” significa parlare e “Ju” significa lignaggio – il lignaggio degli insegnamenti, l’aspetto intellettuale.

Ma bisogna essere cauti nell’ascoltare una persona che ha solo una comprensione intellettuale degli insegnamenti. Quando una persona sa molto può pensare di capire tutto in modo chiaro, ma se non ha la realizzazione può non comprendere il vero significato.

Tutti questi aspetti sono contenuti nel Sangha. Così quando noi diciamo “Prendo Rifugio nel Sangha” significa “Io imparo e ricevo da questi insegnanti la trasmissione del lignaggio vivente degli insegnamenti del Signore Buddha”. Questi insegnamenti sono il Dharma che è una parte inseparabile del Buddha. Il Dharma è la manifestazione in parole dell’Illuminazione del Signore Buddha. E’ questo che dobbiamo capire quando prendiamo Rifugio. E’ questo che desideriamo ricevere ed è questo che desideriamo praticare.

Subito dopo l’Illuminazione del Buddha, cinque discepoli presero Rifugio con lui. Questi primi cinque furono l’inizio del lignaggio del Rifugio; diedero Rifugio ai propri discepoli che a loro volta lo diedero ai propri discepoli. E così continuò, fino ad oggi, tramandato nei secoli da Maestro a discepolo in una trasmissione senza interruzione. E quando prendiamo Rifugio partecipiamo alla stessa Iniziazione, la stessa benedizione, lo stesso impegno, che il Signore Buddha diede ai suoi primi cinque discepoli.

La persona che da Rifugio deve essa stesa avere ricevuto Rifugio. Io presi Rifugio quando ero un ragazzino, con Sua Santità il XVI Gyalwa Karmapa, a capo del Lignaggio Kagyü. Dopo di che, ogni volta che ho ricevuto un’Iniziazione, ogni volta che ho ricevuto una trasmissione, ho ricevuto Rifugio. Così ho ricevuto Rifugio da molti Maestri, ma il primo, il mio principale Rifugio fu con il supremo Maestro, il mio Tsawe-Lama, Sua Santita’, il Karmapa.

Quando si capisce il significato di prendere Rifugio nel Buddha, Dharma e Sangha allora penso che si capisca l’importanza del lignaggio. E’ di grande importanza. Perché? per esempio, se io non avessi preso Rifugio e non avessi consapevolezza dell’importanza del lignaggio, potrei andare in biblioteca e trovare un libro con il testo della cerimonia del Rifugio. Potrei fare allora una sorta di cerimonia del Rifugio leggendo le parole dal libro della biblioteca e poi trovare un bel nome per voi – molto facile! Nessun problema! Sembrerebbe che abbiate preso ricevuto Rifugio, ma sarebbe solo una messa in scena. Una vera cerimonia del Rifugio non sarebbe avvenuta perché non vi è traccia del lignaggio. Prendiamo veramente Rifugio solo se lo abbiamo ricevuto da un Maestro autorizzato che ritiene la trasmissione del lignaggio tramandata dal Buddha in poi.

Il lignaggio e la sua trasmissione ha a che fare con tutto ciò che è connesso con il Dharma. E’ importante tecnicamente e spiritualmente. E’ la qualità essenziale che distingue il vero, autentico Dharma. Il vero Buddhismo e’ tale solo se è in accordo con la continuazione del lignaggio e niente altro. Il lignaggio deve essere protetto. Per esempio, in Tibet una delle attività principali di Jamgon Kongtrul Lodro Thaye, conosciuto come Jamgon Kongtrul Il Grande, era quello di vivificare i lignaggi morenti. A volte egli viaggiava fino gli angoli più lontani del paese per trovare una persona relativamente insignificante con nessun titolo o posizione, ma che era il possessore del lignaggio di una particolare trasmissione. In questo modo egli ricevette la trasmissione da più di duecento Maestri per assicurarsi che i lignaggi in pericolo di estinzione, fossero rivivificati in lui e attraverso lui. Grazie alla sua attività tutti i lignaggi principali del Buddhismo Vajrayana sono ancora con noi, per essere imparati, praticati e messi in atto.

Ci sono alcuni testi Tibetani Buddhisti per i quali il lignaggio è andato perso. In questi casi i testi non possono essere praticati ma teniamo i testi sugli altari e li leggiamo solo per studio e ricerca accademica. E’ assolutamente cruciale che tutti i praticanti capiscano l’importanza del lignaggio. Il Buddha stesso predisse che il buddhismo potrebbe divenire imitazione del Buddhismo. Con questo voleva dire che i testi, le forme, i nomi, le immagini ecc.. sopravviveranno ma la loro reale essenza contenuta nel lignaggio svanirà. Ciò non succederà domani, ma in futuro. Il vero, genuino Buddhismo svanirà e al suo posto ci sarà un’imitazione. Ci saranno istituzioni e corsi; ci saranno libri e ci saranno una quantità di nuovi gruppi e attività. Potrebbero essere buoni, ma non saranno il vero Buddhismo perché il lignaggio sarà morto o verrà ignorato. Non ricordo il tempo preciso di questa predizione ma c’è un senso di responsabilità nel cercare di non contribuire a questa corruzione. Per tutte queste ragioni il lignaggio è essenziale. Il lignaggio è contenuto nel Sangha. Il Sangha siamo tutti noi – tutti coloro che hanno preso Rifugio, i monaci, le monache e le persone laiche.

La Manifestazione

dell’Attività Compassionevole

Sua Santità il 16° Gyalwa Karmapa,

Rangjung Rigpe Dorje

Il Dharma tibetano è basato sul Buddhismo Mahayana, e in Tibet esiste una speciale tradizione Mahayana. Secoli fa alcuni Mahasiddha indiani hanno raccolto l’essenza degli insegnamenti del Buddha, i quali sono stati successivamente portati in Tibet. Da allora sino ai giorni nostri è stato possibile studiare questi stessi insegnamenti in luoghi idonei. Inoltre, potete davvero sperimentare gli effetti di ciò che avete imparato, gioendo dei frutti di ciò che avete praticato. Sono fiducioso del fatto che tutti voi siete in grado di sperimentare questa fruizione, o Illuminazione.

Il cuore dell’insegnamento Mahayana è la pratica dell’esperienza del Bodhicitta, o mente illuminata. Bodhicitta può essere visto sotto due aspetti: l’aspirazione di beneficiare se stessi e l’aspirazione di beneficiare gli altri. Quando state praticando realmente allora generate Bodhicitta che include sia noi che gli altri esseri. Quando lavorate, o assolvete a dei compiti, lo fate con l’intenzione di essere di beneficio agli altri e con la comprensione di causa ed effetto, le persone svilupperanno fiducia e si fideranno completamente di ciò che fate.

I mezzi abili del Bodhicitta vi permettono di essere efficaci nell’aiutare gli altri. Le attività dei Bodhisattva sono di quattro tipi:

pratica della generosità

uso piacevole della parola

condotta benefica

concordanza di parole e azioni

Mentre pratica la generosità, un Bodhisattva potrebbe vedere qualcuno che è povero: spontaneamente donerà cibo, vestiti o qualsiasi cosa sia necessaria. I Bodhisattva sono consapevoli che le persone non ascolteranno parole espresse con rabbia, sono sensibili alla situazione di ciascun individuo. Con questa comprensione essi si esprimono in maniera non rude, facile e con calma, in modo che le altre persone si sentano a loro agio.

La condotta del Bodhisattva permette al Bodhisattva di adattare il Dharma a molte situazioni diverse. Se considerate le religioni orientali e quelle occidentali, potete vedere che la fede nella religione può essere la stessa anche se le religioni sono diverse. Se invece considerate le filosofie, potete notare delle differenze. Quindi, nei paesi occidentali gli insegnamenti dovranno parlare secondo il modo di pensare occidentale, in questo modo il seme del Dharma può entrare pienamente nell’esperienza delle persone occidentali. Questo è il modo in cui i Lama parlano.

Siccome viviamo in un’epoca fortunata, l’America, il Canada, l’Europa e il mondo intero riceve la luce della compassione del Buddha. Ora le persone vogliono praticare e questo porta loro molta gioia. Tuttavia, per poter praticare dovete trovarvi nella giusta situazione, e questa situazione è la straordinaria energia trasformatrice del Dharma. Una volta ricevuta questa splendida benedizione, è responsabilità del praticante di Dharma trasmettere gli insegnamenti a chi è pronto per riceverli.

Come ho detto all’inizio di questa conferenza, la radice del Dharma è il prezioso Bodhicitta, e Bodhicitta è avere compassione per gli altri. Questo è il significato essenziale di tutto ciò di cui ho parlato oggi.

Alcune persone ritengono che sia molto difficile ricevere questi insegnamenti, e anche se riescono a riceverli credono che siano estremamente difficili e che richiedano un tempo spropositato per essere realizzati, e forse può essere vero. Per esempio, esattamente come in questo mondo è difficile ottenere ciò che si vuole, allo stesso modo non è così facile raggiungere l’insegnamento segreto e profondo del Dharma Mahayana. Attraverso la pratica Mahayana non è facile raggiungere uno stato di beatitudine, o l’Illuminazione, ma questo dipende dalla nostra mente. In realtà dovreste seguire il Dharma, praticarlo e tenere a mente in maniera precisa come funziona il rapporto tra causa ed effetto. Se lo facciamo con determinazione e fiducia, forse raggiungere la realizzazione potrebbe non richiedere un tempo lungo. Nel Mahayana segreto c’è un detto:

 ”

In un istante qualcosa diventa speciale; In un momento l’Illuminazione è raggiunta’.

 

Ciò nonostante, che ci siano praticanti di Dharma o no, questa è un’era movimentata e ricca di distrazioni. In una situazione come questa quale pratica dovremmo fare? Potremmo prendere ad esempio la situazione dei nostri bisogni personali: esattamente come noi abbiamo bisogno di qualcosa, anche per gli altri è lo stesso. Con questa comprensione possiamo pensare continuamente a beneficiare gli altri, e questo è il cuore della pratica del Dharma. Radichiamo noi stessi in questo pensiero di aiutare gli altri. Se abbiamo fiducia nel funzionamento di causa ed effetto, qualsiasi cosa faremo avrà un risultato eccellente. Possiamo prendere anche un altro esempio: noi diciamo “questi sono i miei genitori, questo è il mio paese, questo è di mia proprietà”, eccetera. Da un punto di vista Dharmico, invece, guardiamo tutti gli esseri e desideriamo profondamente che possano avere sollievo dalla loro sofferenza e che possano raggiungere l’Illuminazione.

Generando Bodhicitta in questo modo pratichiamo portando beneficio agli altri. Questo pensiero è assolutamente essenziale non solo per l’attività del Dharma, ma per qualsiasi attività noi svolgiamo nella nostra vita. Se manteniamo il pensiero di beneficiare gli altri e recitiamo anche un solo Om Mani Pémé Hung, questo unico mantra aiuterà gli altri esseri ad essere liberi dalla sofferenza e li aiuterà a raggiungere l’Illuminazione.

Oggi molte persone sono venute per questa conferenza e le cose sono andate bene, avete assunto il ruolo degli studenti e io quello dell’insegnante dando una breve spiegazione del Dharma. Vorrei estendere a tutti voi i miei pensieri e benedizioni per ogni cosa voi possiate fare e augurarvi una vita lunga.

Da una conferenza pubblica che

Sua Santità il sedicesimo Gyalwa Karmapa tenne all’università del Colorado nel 1980. L’argomento di questo insegnamento era la Manifestazione dell’attività compassionevole, organizzato dal Naropa Institute e tradotto da Ngodrup Burkhar. Dharmadhatu ha gentilmente reso disponibile la registrazione di questo insegnamento in modo che potesse venire pubblicato nella rivista Densal. Da questa registrazione è stata fatta una traduzione revisionata da Sangye Wangchuk con la collaborazione di Michele Martin.

Tradotto dal testo inglese pubblicato da e con il permesso di Karma Triyana Dharmachakra. Copyright 1998 Karma Triyana Dharmachakra

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