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I Cinque Aggregati psicofisici – Relazione corpo-mente

I Cinque  AGGREGATI PSICO-FISICI – relazione corpo-mente

 

Tutto ciò che esiste è instabile ed è così perché è vuoto di sé, è privo di

un’esistenza intrinseca ed autonoma : non vi è alcun elemento permanente,

immutabile ed eterno negli esseri e nelle cose. Anche nella coscienza di ognuno di

noi ci sono certe propensioni e tendenze che – pur relativamente durevoli e costanti -

si alterano col tempo. Tutto non è altro che un insieme di fenomeni fisici, biologici e

psichici in perpetua trasformazione – si tratti di uomini o animali, di alberi o rocce,

di nubi od onde.

Dal punto di vista del soggetto, tutti i “dharma condizionati (saËskÕtadharma)”

sono suddivisi in 5 skandha o “aggregati”, cioè gruppi di fenomeni interdipendenti e

funzionalmente connessi tra loro, agglomerati di dharma reagenti gli uni sugli altri,

mutevoli ed in continuo divenire. Tali raggruppamenti però non possono esser

considerati “parti” distinte di cui la cosa o l’individuo è composto, ma solo come

aspetti diversi di un processo indivisibile.

Anche noi siamo formati dagli skandha, che sono i costituenti psico-fisici della

persona umana : questa ha relazioni col proprio ambiente grazie agli skandha, per i

quali abbiamo coscienza dell’esistenza e comunichiamo col mondo che ci circonda.

Riceviamo le informazioni del mondo esterno grazie alla “sensazione” e le nostre

“concezioni” derivano dalle informazioni ricevute ; la nostra “volontà” allora ci

spinge all’azione ; queste funzioni sono sostenute e mosse dalla “coscienza”. Così,

ad es., se trovo una collana per strada :

– la vista di essa è “forma”, cioè è materia ;

– il piacere di averla trovata è “sensazione” ;

– il riconoscere che si tratta di una collana è “percezione/discriminazione” ;

– il desiderio di prenderla è “impulso” ;

– la consapevolezza di tutto questo è “coscienza”.

Nessuno skandha è qualcosa di autonomamente esistente, essi sono inseparabili

tra di loro, ma sono anche impermanenti ; aldilà degli skandha non c’è nulla, e

quindi non c’è un ‘io’ né un’anima : non c’è un essere statico, personale e

permanente, o un principio ontologico eterno a cui una persona possa essere ridotta,

ma c’è solo il continuo aggregarsi e divenire dei 5 skandha. E parlare di un ‘io’ è

come quando si dice “un pugno di riso” (che in realtà non è un’entità, ma una

molteplicità di chicchi). In effetti, l’ ‘io’ è un evento effimero, non sostanziale,

prodotto dalla somma convergente dei 5 skandha ; la loro combinazione, per la

durata di un’esistenza, mantiene con continuità la stabilità apparente dell’individuo

in quanto persona definita. Sono essenzialmente il risultato del karma e costituiscono

la base di sperimentazione della sofferenza individuale.

E’ l’ignoranza che ci fa considerare come un’unità autosussistente, come se non

fossimo composti di parti e come se fossimo permanenti. Ed è sulla base di questa

visione erronea che nasce in noi la distinzione tra l’ ‘io’ e il ‘tu’, il ‘mio’ e il ‘tuo’

e quindi l’attaccamento e l’avversione, con tutte le conseguenze karmiche che

sappiamo.

I 5 skandha sono1 :

SKANDHA FISICO

1.Il nome e la forma (nama-rupa). Esso costituisce il corpo ;

SKANDHA MENTALI

2. la sensazione (vedana)

3. la discriminazione/percezione (samjña)

4. le formazioni o strutture mentali (samskara)

5. la coscienza (vijñana).

Questi quattro skandha costituiscono la mente (citta).

A. LO SKANDHA FISICO (rupa)

1) R¿PA-SKANDHA o “aggregato della forma” :

è la materialità, cioè l’aspetto materiale, fisico e sensibile (del mondo), composto

di atomi e molecole, e costituito dai nostri organi sensoriali (occhi, ecc.) e dai

fenomeni da essi percepibili.

La caratteristica generale della materia è l’impenetrabilità (sapratighatva),

secondo cui lo spazio occupato da un elemento non può essere contemporaneamente

occupato da un altro.

L’aggregato materiale (cioè, veicolato da atomi), in quanto causa si suddivide in

5 “elementi” : terra, acqua, fuoco, aria e spazio ; in base al fatto di essere effetto

comprende 11 dharma, cioè 11 varietà differenti di dati sensoriali o elementi fisici

che l’uomo comune riconosce come proprio corpo (grossolano e sottile) e come

sostanza di cui sono costituiti gli oggetti esterni, ossia

a) i 5 organi sensoriali (indriya) fisici, dotati ciascuno di una propria facoltà :

– l’organo visuale od occhio (cakØuÇ)

– l’organo auditivo od orecchio (ærotra)

– l’organo olfattivo o naso (ghrõna)

– l’organo gustativo o lingua (jihvõ)

– l’organo tattile o pelle del corpo (kõya)

b) i 5 corrispondenti oggetti (viØaya) dei sensi nel mondo esterno od oggetti

della percezione fisica :

– visibili, cioè colori e forme (r¾pa)2

– sonori, cioè suoni (æabda)3

– olfattivi, cioè odori (gandha)

– gustativi, cioè sapori (rasa)4

– tattili, cioè oggetti tangibili (spraØëavya)1

1 Quelli denominati vedanõ, saËjñõ, saËskõra e vijñõna sono comuni agli esseri senzienti del kõmadhõtu,

del r¾padhõtu e dell’ar¾padhõtu, mentre il r¾pa non esiste nell’ar¾padhõtu.

2 Il cielo, che non ha una forma definita, deve avere tuttavia un colore e pertanto è classificato in questo

gruppo.

3 Vi sono compresi i nomi e le parole usate dagli uomini, nonché i mantra (che sono formule sacre giunte

a noi direttamente dai buddha).

4 Il sapore è di 6 tipi : dolce, agro, amaro, salato, piccante, astringente.

c) la “forma impercettibile” (avijñaptir¾pa).

Il r¾pa-skandha è originato (e composto) da 4 o 5 elementi (dhõtu), che sono le

basi costituenti della struttura sia del mondo fenomenico esteriore (macrocosmo) sia

della sfera d’azione dell’uomo (microcosmo).

Si dà il nome di “materia” alla forma che viene assunta dall’energia, cioè a certi

fenomeni meccanici, chimici, elettrici ed organici che producono la comparsa e la

scomparsa di “cose” composte di atomi. Il mondo materiale, cioè la materia che si

esplica e si manifesta negli oggetti dei sensi, ci appare in 4 diversi stati di

aggregazione dotati di particolari proprietà, detti “grandi elementi (mahõbh¾ta)”.

Dunque, la base materiale di tutti gli oggetti e fenomeni fisici esistenti – siano essi

animati od inanimati – è costituita da 4 ELEMENTI, chiamati convenzionalmente

“terra, acqua, fuoco ed aria”. Essi non vanno intesi nel loro significato letterale, ma

simbolizzano le qualità fondamentali proprie della materia (che alla fin fine è

energia) : essi cioè continuano a portare gli antichi nomi di terra, acqua, fuoco ed

aria, benchè questi siano puramente indicativi delle loro rispettive funzioni di

estensione, coesione, calore e movimento. Queste caratteristiche funzionali

qualificano dunque l’energia.

Gli elementi – oltre che formare il mondo esterno – a livello microcosmico

costituiscono anche il nostro corpo fisico. Vediamoli ora singolarmente :

1. TERRA (pÕthivú) è l’elemento che si manifesta tramite la qualità statica di

resistenza, stabilità, durezza o repulsione, cioè come solidità (che dà

estensione agli oggetti) e come inerzia o gravità. Si tratta della funzione

energetica che determina la qualità della massa.

A livello microcosmico, alla terra corrispondono (e da essa derivano) la carne,

i tessuti muscolari, le ossa, i denti, la pelle, le unghie e i peli, l’organo

dell’olfatto e gli odori ;

2. ACQUA (ap) è l’elemento che si manifesta tramite la qualità della coesione2 od

attrazione, cioè come viscosità e fluidità, come sintesi.

A livello microcosmico, all’acqua corrispondono il sangue, la linfa, il siero,

l’urina, la sperma, la bile, l’organo del gusto e i sapori ;

3. FUOCO (tejas) è l’elemento che si manifesta tramite la qualità del calore, cioè

come irradiazione (compresa la radioattività); è la qualità dell’energia termica

o temperatura nei suoi vari aspetti di freddo e di caldo. Da esso dipendono la

conservazione, la maturazione e la distruzione.

A livello microcosmico, dal fuoco derivano il calore vitale, i processi chimicometabolici

della digestione, la lucentezza del colorito, l’organo della vista e le

forme e i colori ;

4. ARIA (võyu) è l’elemento che si manifesta tramite la qualità dinamica del

movimento, della vibrazione, dell’oscillazione, del ritmo e quindi del

mutamento o trasformazione, cioè come leggerezza e gassosità. Non si tratta

del semplice movimento dell’aria o di un oggetto nello spazio, ma piuttosto il

continuo adattamento o accomodamento tra le due opposte forze

1 Oltre al senso della temperatura (sentire caldo o freddo), al senso cinestetico, al senso di equilibrio e al

senso somatico (con cui percepiamo le condizioni interne del nostro corpo, quando ha fame o sete, è

soddisfatto, è stanco, il decadimento, l’impermanenza, ecc.).

2 Coesione è la proprietà in virtù della quale le diverse particelle di un corpo non sono disperse qua e là,

ma aderiscono strettamente e stanno attaccate le une alle altre.

dell’estensione che respinge e della coesione che attrae1. Nel macrocosmo si

tratta del ritmo dell’universo in cui le creazioni e le distruzioni del mondo si

susseguono periodicamente l’un l’altra come l’inspirazione e l’espirazione nel

corpo umano

A livello microcosmico, all’aria corrispondono – oltre al respiro – il battito

cardiaco, la funzione nervosa e quella motoria, nonché l’organo del tatto e le

sensazioni tattili.2

Il 5° elemento è lo SPAZIO o ETERE (õkõæa): esso viene usato nel senso di

“elemento” insieme con le altre 4 qualità essenziali, ma rimane tuttavia nettamente

distinto da esse, come lo spazio dall’aria. In effetti, lo spazio è l’assenza dei

precedenti 4 fattori e quindi è la non-ostruibilità, la quale permette loro di muoversi

e di interagire e quindi, in definitiva, consente l’esplicarsi e il funzionamento di tutte

le potenzialità. Spazio è dunque ciò in cui prende posto il movimento (cioè che lo

rende possibile) e ciò attraverso cui le cose assumono apparenza visibile (ossia

vengono a possedere estensione e corporeità).

Esso è onnipervadente perché comprende tutte le cose (e in tal senso è lo spazio

tridimensionale della nostra percezione sensoria)3 e tutte le possibilità di movimento

non solo fisico ma anche spirituale : infatti, la natura dello spazio è il vuoto e come

tale può contenere ed abbracciare ogni cosa. Nulla può esistere senza lo spazio :

esso è la precondizione di tutto ciò che esiste in forma materiale o immateriale.

A livello microcosmico, allo spazio corrispondono gli orifizi e gli organi cavi del

corpo (colon, stomaco, vescica, cistifellea e intestino tenue), l’organo dell’udito e i

suoni4.

Come si vede, gli “elementi” non vanno intesi quali sostanze fondamentali della

chimica che resistono ad ulteriori analisi, ma piuttosto quali princìpi fondamentali di

caratteristiche essenziali : sono cioè le qualità primarie inerenti e presenti in ogni

oggetto materiale, ossia sono i fattori essenziali fisici primari (non sono

semplicemente delle essenze o delle idee astratte).

Gli elementi si manifestano sempre insieme e sempre in eguale proporzione : c’è

tanto elemento di calore in una fiamma che arde quanto nel legno o nell’acqua e

viceversa ; la differenza è solo nella loro intensità. L’esistenza della coesione (cioè

dell’elemento “acqua”) in una fiamma è provata dal suo mantenere una forma ; la

presenza della repulsione (cioè dell’elemento “terra”) nell’acqua, è provata dal fatto

che essa sostiene un’imbarcazione.

Dunque, tutte le cose – animate o inanimate – condividono la stessa base

materiale, cioè i “5 grandi elementi” e sono prodotte da essi : così, il seme e l’ovulo

sono fenomeni derivati da tale elementi e da quelli proviene il corpo fisico

dell’individuo5.

1 Questa oscillazione tra attrazione e repulsione causa una naturale frizione, che è generatrice di calore ;

perciò l’oscillazione o movimento è una condizione per il sorgere del calore, così come il calore lo è per

l’origine del movimento.

2 Gli elementi hanno anche un significato simbolico nel campo spirituale:

a) la terra – che è il saldo fondamento su cui vivono uomini, animali e piante e su cui riposa ogni

possibilità di esistere in questo mondo – è il simbolo della fede e della fiducia, che possiedono la

stessa qualità fondamentale: senza di loro non è possibile alcun cammino spirituale;

b) l’acqua – che vediamo nella corrente continua dei fiumi – è il simbolo della perseveranza senza

interruzioni;

c) il fuoco ha una fiamma che è simbolo della luce della saggezza;

d) l’aria – col suo movimento – è il simbolo della natura transitoria e mutevole dei fenomeni.

3 Le 10 direzioni dello spazio sono : est, sud, ovest, nord, sud-est, sud-ovest, nord-ovest, nord-est, nadir e

zenit.

4 Dello spazio si parla anche a proposito della “nõÅú centrale” del nostro “corpo sottile”.

5 La sua mente invece deriva dal continuum mentale della vita immediatamente precedente.

Quando poi raggiungiamo l’Illuminazione, i nostri mahõbh¾ta vengono trascesi e

sublimati, ossia si purificano trasformandosi nelle 5 Consorti dei Dhyõnibuddha.

L’AVIJÑAPTIR¿PA :

è materia immanifesta e sottile, qualcosa di quasi-materiale, cioè materia

infinitesimale che non può essere percepita direttamente attraverso i sensi fisici ma

percettibile solo dall’intelletto, dalla coscienza mentale.

Infatti, in base al principio che ad ogni azione, parola, pensiero deve

corrispondere qualche risultato, ne deriva che ciascun atto corporale, verbale o

mentale modifica la natura e la posizione delle molecole e delle particelle elementari

o atomiche : per cui, anche là dove non lo faccia in modo visibile, deve farlo

invisibilmente, perché è impossibile che un’azione non abbia qualche risultato.

Si tratta cioè delle impronte o modificazioni latenti effettuate sulla nostra struttura

fisica dalle nostre azioni buone o cattive (essendo le loro energie veicolate attraverso

i sottili flussi atomici della materia infinitesimale) : ad es., il tratto di comportamento

negativo che un macellaio possiede sempre, anche quando non è direttamente

impegnato nell’uccidere gli animali che vende.

Infatti, gli atti fisici, verbali e mentali vengono divisi in atti manifesti (vijñapti)

ed immanifesti (avijñapti). Ad es., se un novizio ha preso i voti, egli ha compiuto

un’azione fisica, verbale, che è vijñapti, ma il risultato duraturo è una certa

perfezione morale celata nella coscienza, e questo è avijñapti. Analogo – ma

ovviamente negativo – è il caso in cui i voti siano stati violati. L’avijñapti costituisce

un legame tra l’atto e la sua futura retribuzione. Sebbene non abbia nulla a che fare

con l’aspetto fisico (poiché manca della caratteristica generale della materia, che è

l’impenetrabilità), l’avijñapti è tuttavia posta nella sfera del r¾pa per la sua stretta

connessione con l’atto fisico che essa segue così come un’ombra – pur separata da un

oggetto – segue sempre quell’oggetto.

Nell’avijñaptir¾pa rientrano anche le forme mentali quali i sogni e le visioni, le

immagini ottenute con potenti meditazioni concentrative (samõdhi), i regni creati

dai buddha col loro potere (ad es., la Terra pura Sukhavati).

Vi sono 5 tipi di avijñaptir¾pa :

1. l’infinitamente piccolo, l’atomo ;

2. ciò che appartiene allo spazio ;

3. l’esperienza provata mediante la pratica, cioè relativa alla disciplina

intrapresa ;

4. le immagini prodotte dall’immaginazione ;

5. ciò che è prodotto dai dharma, vimokØa, ecc.

B. GLI SKANDHA MENTALI (nõma)

2) VEDAN÷-SKANDHA o “aggregato della sensazione” :

è l’impressione (ciò che si apprende) quando gli organi sensoriali sono stimolati

dai loro oggetti. Si tratta quindi di una funzione mentale che è legata agli organi

sensoriali ; più precisamente è un “fattore mentale”1 che – nel conoscere la realtà

fenomenica – consiste nell’avvertire, sperimentare e provare in modo istintivo la

conseguenza del contatto2 dei nostri organi (o facoltà) sensoriali coi rispettivi

oggetti, cioè in rapporto a cose o situazioni. Si può dire che è il momento iniziale e

precosciente, da cui la mente comincia a muoversi verso un’effettiva esperienza

conscia.

Ciò che ci permette di avere le sensazioni sono dunque gli organi di senso, che

sono in numero di 6 :

a) i 5 organi di senso materiali o fisici :

occhi, orecchi, naso, lingua, pelle del corpo. Essi hanno contatto rispettivamente con

i colori e le forme visibili, i suoni, gli odori, i sapori, gli oggetti tangibili. Da tale

contatto derivano le 5 sensazioni fisiche :

1. visive

2. sonore

3. olfattive

4. gustative

5. tattili.

Esempi sono le sensazioni di caldo, di freddo, di prurito, di dolore articolare ;

b) l’organo (o facoltà) mentale :

la mente (manas), che percepisce tutti gli oggetti che materiali non sono, cioè

6. le sensazioni mentali : idee, pensieri, nozioni, sogni, ricordi, sentimenti ed

emozioni, quali ad es. il timore o l’amicizia.

Circa il manas in generale3, va detto che esso è un aspetto della coscienza, cioè è

la coscienza nel ruolo d’una facoltà percettiva non fisica (la 6ª), che conosce gli

oggetti astratti ed immateriali – non percepibili dai 5 sensi fisici. Mentre l’occhio

percepisce il mondo dei colori e delle forme visibili, il manas percepisce e

sperimenta il mondo delle idee, dei concetti, ecc. Le idee e i pensieri sono una parte

del mondo, così come i suoni e i colori ; e non sono indipendenti dal mondo

sperimentato dai 5 sensi fisici, ma sono prodotti e condizionati dalle esperienze

fisiche e concepiti dal manas : ad es., il manas di un cieco nato non può avere l’idea

del colore. Il manas sta alla base della conoscenza sensibile, cioè è il suo

antecedente necessario, è la condizione principale del pensare, è la potenzialità della

coscienza (quando questa è ancora priva di contenuto).

Ciascuno dei 6 tipi suddetti di sensazioni può essere piacevole, spiacevole od

indifferente : in altre parole, le sensazioni sono il piacere, il dolore e l’indifferenza

associati ai 6 sensi. Nel primo caso si genererà attaccamento, nel secondo avversione

e nel terzo indifferenza/ottusità mentale, ossia sulla base delle sensazioni si creano i

3 kleæa fondamentali. Il provare questi tipi diversi di sensazioni rappresenta l’effetto

karmico delle nostre azioni compiute in passato, in base alla legge della causalità

(secondo la quale ad un’azione negativa consegue un frutto doloroso, a una positiva

un risultato felice o gioioso e a una neutra un effetto indifferente o equanime).

Le sensazioni possono anche essere virtuose, non virtuose o neutre.

1 E’ un “fattore mentale” che accompagna sempre la “mente principale o primaria” :v. il § “mente

secondaria o fattori mentali”.

2 O incontro o rapporto (sparæa).

3 Sul quale v. anche più oltre, sub vijñõna-skandha.

Anche gli arhat e i buddha possiedono le sensazioni, mentre nel R¾padhõtu gli

esseri sono privi di quelle relative all’odorato e al gusto e nell’Ar¾padhõtu si

sperimentano solo quelle legate al senso mentale (manas).

3) SAÌJÑ÷-SKANDHA o “aggregato della discriminazione”1

è la funzione mentale con cui si reagisce difronte alle sensazioni, riconoscendo e

distinguendo cose e situazioni. Cioè è un “fattore mentale”2 che consiste nel

riconoscere gli oggetti dei nostri organi (o facoltà) sensoriali quando avviene il

contatto di questi con quelli. Si tratta infatti di cogliere le caratteristiche o gli

attributi particolari (di un oggetto) che abbiamo appreso, così da metterci in grado

di :

  • • conoscere l’oggetto come diverso da un altro, di identificarlo e di qualificarlo.

Ad es., quando l’occhio viene in contatto con un colore (poniamo il blu), è la

discriminazione visiva che riconosce il blu ; oppure, si riconosce che questo è un

uomo e quella è una donna ;

  • • comprendere la relazione tra le qualità dell’oggetto e la sua funzione ;
  • • nominare, definire e classificare le cose e gli eventi, etichettandoli come

“buoni, cattivi, belli, brutti, ecc.” : cioè, valutare il mondo secondo il nostro

desiderio, la nostra avversione o la nostra indifferenza.

Anche le discriminazioni sono di 6 tipi :

a) quelle corrispondenti ai citati 5 organi di senso materiali (e ai loro oggetti)

sono fisiche : ad es., la discriminazione del colore di un oggetto presente ;

b) quella mentale, che discrimina tra qualità di oggetti non presenti ma

rappresentati come idee, pensieri, concetti, nozioni.

La discriminazione può inoltre essere :

– ragionata o discorsiva : ad es., la discriminazione che comprende come il

termine “colore” sia solo un nome ma non sia il colore ;

– non ragionata o intuitiva.

Infine, in base alla sua portata la discriminazione può essere :

– piccola : se è limitata a uno dei 6 tipi di esistenza del Kõmadhõtu ;

– estesa : se l’essere può percepire fin nel R¾padhõtu e nell’Ar¾padhõtu ;

– incommensurabile : è quella dei buddha, in grado di percepire ogni dettaglio di

tutti gli esseri (inclusi i pensieri e le vite passate).

4) SAÌSK÷RA-SKANDHA o “aggregato delle strutture mentali”3

si tratta di un gruppo di 49 “fattori mentali”4 : sono processi e stati psicologici

quali l’attenzione, l’intenzione, la determinazione, la confidenza, la concentrazione,

la comprensione, il desiderio, l’odio ed ogni altro aspetto mentale della persona che

non rientri in nessuno degli altri 4 skandha. Si tratta, in sostanza, degli elementi

1 Tradotto anche “percezione, concettualizzazione, ideazione”.

2 E’ un “fattore mentale” che accompagna sempre la “mente principale o primaria”.

3 O “formazioni o costruzioni psichiche” o “fattori composti”.

4 Cioè tutti i 51 “fattori mentali” tranne la sensazione e la discriminazione (che costituiscono

rispettivamente il 3° e il 4° skandha). Sono stati trattati nel § “mente secondaria”.

costitutivi del carattere : l’insieme degli attributi intellettuali e morali e delle

potenzialità e predisposizioni innate (gelosia, ira, generosità, ecc.) – moralmente

positive, negative o indifferenti – originate dal karma accumulato in passato e

destinate a suscitare azioni volontarie. La volizione1 è il saËskõra più importante

perché la sua funzione è quella di dirigere la mente rispettivamente nella sfera delle

attività buone, cattive o neutre.

Tutti questi stati ed esperienze intervengono ad influenzare ogni sensazione e

percezione ricevuta : così, ad es., in presenza di una lettera che abbiamo appena

ricevuto, ci fanno stare attenti o distratti o annoiati davanti al contenuto delle parole

percepite.

Anche questo skandha è di 6 tipi, in quanto è connesso coi citati 6 organi e i

corrispondenti oggetti (fisici e mentali).

I suddetti “fattori mentali” si distinguono poi in due categorie :

a) quelli associati alla coscienza (samprayukta caitta-dharma) : cioè intimamente

e direttamente combinati e legati alla mente ;

b) quelli dissociati dalla coscienza (viprayukta caitta-dharma) : cioè disgiunti

dalla mente ma che però esercitano la loro influenza sulla corrente cosciente.

5) VIJÑ÷NA-SKANDHA o “aggregato della coscienza”

la coscienza o “mente primaria”2 è una reazione o risposta, nel senso di

un’attenzione semplicemente alla presenza degli oggetti dei nostri organi (o facoltà)

sensoriali quando avviene il contatto di questi con quelli : essa consiste nel percepire

solo la natura (o la qualità) grossolana e globale degli oggetti. Si tratta di un potere

cognitivo che ha consapevolezza di ciò che sta innanzi alla mente, cioè si tratta di

essere consapevoli della mera presenza fattuale di un oggetto : in altre parole, nel

momento stesso in cui vengono ad essere contrapposti l’organo di senso e il suo

oggetto, sorge una specie di attenzione al fatto che l’oggetto è presente nel campo

dei nostri sensi (ma non lo riconosce) ; solo successivamente intervengono la

discriminazione e i saËskõra che riconoscono l’oggetto percepito. Ad es., quando

l’occhio viene in contatto con un colore (poniamo il blu) sorge la “coscienza visiva”

che è semplicemente attenzione alla presenza di un colore : lo vede, ma non

riconosce che è blu (cioè, si è consapevoli del colore percepito in quanto tale prima

di riconoscerlo come un colore particolare con caratteristiche particolari).

La coscienza è suddivisa in 6 “sottocoscienze”, ognuna relativa ad un organo di

senso ; o, più correttamente, vi sono 6 tipi di coscienza, che sorgono in dipendenza

delle rispettive facoltà sensoriali (indriya) ; ossia, esiste una coscienza per ciascuno

dei 5 sensi fisici e una 6ª per il mentale :

a) 5 corrispondono agli (e dipendono dagli) organi di senso materiali esterni, nei

quali esse hanno luogo e si originano :

1. visiva (cakØur-vijñõna) che sorge in connessione col senso della vista e

ricerca, apprende e coglie – come suo oggetto – le forme e i colori ;

2. auditiva (ærotra-vijñõna) … dell’udito … i suoni ;

3. olfattiva (ghrõÐa-vijñõna) … dell’odorato … gli odori ;

1 La volizione (o direzionalità della mente) è lo sforzo mentale che precede l’azione e permette di

perseguire un certo scopo. Circa il problema se la nostra volontà è libera o meno, v. sub “L’originazione

interdipendente”.

2 In contrapposto alle “menti secondarie” o “fattori mentali”, che fanno le distinzioni particolari e sottili

degli oggetti.

4. gustativa (jihva-vijñõna) … del gusto … i sapori ;

5. tattile (kõya-vijñõna, sparæa-vijñõna) … del tatto … le cose tangibili ;

b) una corrisponde all’ (e dipende dall’) organo sensoriale interno o manas, nel

quale essa ha luogo e si origina :

6. mentale o intellettuale (manovijñõna) che sorge dal manas e ricerca,

apprende e coglie gli oggetti mentali (idee, pensieri, ricordi, ecc.)1. Essa è

di carattere più generale delle precedenti 5 : è l’intelletto che esercita le

funzioni della memoria e del giudizio, sostiene cioè il normale processo

del raziocinio, è la facoltà pensante, categoriale o concettuale che combina,

coordina, interpreta, seleziona, valuta ed integra i prodotti dei 5 tipi di

coscienza suelencati2, trasformando le singole sensazioni e impressioni

sensorie in pensieri, concetti e idee3 – tra cui l’idea dell’io relativo o

convenzionale (per es., “lui è americano”).

In particolare, questa idea dell’io è la percezione da parte dell’individuo

che egli è – al momento attuale – diverso dal suo vicino, la credenza che

“io sono io, non tu”, cioè la costruzione di un soggetto fittizio collocato

aldisopra e aldilà dei 5 skandha. Come tale, rappresenta l’amalgama dei

contenuti morali ed intellettuali dei processi psichici che – concentrandosi

al momento della morte – determinerà direttamente la futura condizione

karmica di esistenza.

Per la Scuola Cittamatra o Yogacõra vanno invece distinti 8 aspetti di vijñõna

perché – oltre alle coscienze corrispondenti ai 5 organi di senso materiali esterni, già

citate – esistono il manovijñõna (“coscienza mentale”), il kliØëamanovijñõna

(“coscienza mentale contaminata”) e l’õlayavijñõna (“coscienza deposito” o

“potenziale di coscienza”) :

  • • il manovijñõna – in quanto sostiene il normale processo del raziocinio – tratta le

idee più o meno come vengono senza distinguere coscientemente o

continuativamente fra ciò che appartiene al sé e ciò che appartiene al non-sé ;

  • • il kliØëamanovijñõna invece compie sempre – anche quando si è inconsci – la

suddetta distinzione e considera erroneamente l’õlayavijñõna (che è l’8ª coscienza)

come un’entità soggettiva reale e permanente (õtman o io, sé) : cioè, ci dà l’idea del

sé e distingue tra “io” e “tu”. E’ l’aspetto illuso della natura del sé, è la natura del sé

vittima dell’illusione. La 7ª coscienza è infatti composta dal concetto del sé,

dall’orgoglio del sé, dall’attaccamento al sé e dall’ignoranza. In altre parole : è un

oscuramento che l’ignoranza (avidyõ) attua attraverso le coscienze individuali, per

cui nascono le coscienze sensoriali e si perde la connessione universale data

dall’õlayavijñõna ;

  • • l’õlayavijñõna è la coscienza universale e fondamentale che tutto contiene ed

abbraccia, aldilà delle forme empiriche delle coscienze precedenti, nella quale

risiedono tutte le categorie del pensiero, e che è sostegno del normale processo del

raziocinio e base di tutte le virtù e di tutti i vizi della coscienza individuale. Si tratta

1 Manas (come facoltà recettiva) e manovijñõna (coscienza intellettuale) sono lo stesso dharma, non

sono due cose diverse. La differenza è solo di tempo, nel senso che il manas è la coscienza del momento

precedente (riguardo al manovijñõna), è un momento precedente dello stesso corso di coscienza ; mentre

è solo successivamente alle 5 coscienze dei sensi fisici che sorge la “coscienza mentale” (manovijñõna) :

a determinate impressioni corrispondono determinate idee.

2 Quando questa 6ª coscienza è invece indipendente dalle prime 5, si hanno le cose illusorie che appaiono

in un sogno e che non sono connesse con le attività quotidiane di solito ben note.

3 Lo “skandha della coscienza” quindi dipende dagli altri 4 e non può esistere indipendentemente da essi

- avendo questi come mezzo, come oggetto e come supporto.

I concetti del manovijñõna sono di 80 tipi, come si è visto nel capitolo “L’essere umano”.

di uno stato di coscienza cosmica, di totalità psichica, uno stato mentale

onnicomprensivo che dà al meditante la consapevolezza di tutti i modi d’essere. E’

quindi coscienza in sè o stato di potenzialità che rende possibili – e che è anteriore a

- tutte le attività mentali, cioè tutte le creazioni e formazioni dei contenuti oggettivi

della coscienza. E’ una “consapevolezza di substrato”, una specie di terreno di

coltura psichica, di sub-conscio aldilà del controllo della mente quotidiana, un

fondamento inconscio dei fenomeni coscienti, simile a un serbatoio o magazzino

(õlaya) dove si accumulano e vengono conservati – allo stato subliminale o di germe

(búja) – tutti i pensieri, idee, impressioni, conoscenze mentali (inclusi gli istinti

acquisiti nelle vite precedenti), gli atti buoni e cattivi, e dove tutto ciò non rimane

inerte, ma matura e si sviluppa – in perpetuo divenire – per manifestarsi poi sotto

forma di cognizioni attive, di nuove conoscenze sensoriali e mentali e quindi di

pensieri e atti che si realizzeranno in futuro. L’õlayavijñõna è quindi il fondo su cui

si depositano i risultati di tutte le azioni passate e le esperienze singole e collettive, e

dal quale scaturiscono tutti gli accadimenti presenti e futuri determinati da quelle ; in

breve : è la coscienza subliminale dove rimangono le tracce o impronte di ogni

esperienza ed è quindi un serbatoio di potenzialità karmiche in corso di maturazione.

LA VERA NATURA DEI 5 SKANDHA

L’essere umano dunque è un composto di 5 skandha, così come un carro è

composto di parti. Si può davvero trovare un “carro” in quello che è un insieme di

parti ?

Per dissolvere l’idea preconcetta di un io quale entità solida, permanente e

separata dal resto e quindi per giungere alla percezione della Vacuità si può seguire

questa meditazione analitica in 7 punti di Candrakúrti (7° sec.) :

1. non c’è carro aldifuori delle sue parti (ruote, pianale, stanghe, ecc.) ;

2. non c’è carro che sia le sue parti : non bastano le sue parti costitutive per fare

un carro, perché solo se vengono assemblate in un certo modo otteniamo la

funzione e le prestazioni di un carro ;

3. non c’è carro che possegga inerentemente le sue parti : come non c’è nessun

carro che possa dire “questa è la mia ruota”, così non c’è nessun io che possa

dire “questa è la mia mano” ;

4. non c’è carro che dipenda inerentemente dalle sue parti : la reciproca

interdipendenza delle parti è mutevole ed impermanente, così come mutevoli

ed impermanenti sono i nostri pensieri, percezioni, sensazioni ;

5. non c’è carro del quale le sue parti siano inerentemente dipendenti : le parti che

compongono un carro sono a loro volta scomponibili in altre parti (la ruota si

scompone nel mozzo, nei raggi, ecc.) ;

6. non c’è carro che sia una mera composizione o collezione di parti : se

assembliamo le parti di un carro in modo diverso, otterremo una cosa

completamente diversa1 ;

7. non c’è carro che sia la forma delle sue parti : se vogliamo disegnare un carro,

disegniamo le ruote, il pianale, le stanghe, ma quando possiamo dire di

disegnare un carro ?

In modo più abbreviato :

1 Duchamp smontò una bicicletta e la ricompose in un altro modo : il risultato fu una scultura surrealista.

a) il carro non è le sue parti né è altro dalle sue parti ; il carro non possiede le sue

parti ;

b) non c’è un possessore delle parti del carro, così come non c’è un io possessore

delle sue membra ;

c) il carro non è una mera collezione di parti, come le parti che costituiscono un

cadavere non bastano per fare un uomo ;

d) non c’è un carro in un carro, perché non riusciamo a trovarlo : riferendolo a noi

stessi, vediamo che il sé non è la forma, il sé non possiede la forma, il sé non è

nella forma e la forma non è il sé.

(Quanto si è detto della forma, vale anche per gli altri 4 skandha : la

sensazione, la percezione, le strutture mentali e la coscienza).

Nel tantrismo si insegna poi che i 5 skandha, di cui la nostra persona è un

agglomerato, hanno natura divina, cioè hanno l’essenza dei Dhyõnibuddha. Però,

finchè siamo nell’ambito dell’illusione e non realizziamo la buddhità, percepiamo

soltanto gli skandha come tali, a detrimento della loro pura natura originaria – che

non riusciamo a scorgere1.

SKANDHA E SOFFERENZA

Quando abbiamo delle sensazioni fisiche o mentali (che possono essere piacevoli,

dolorose o neutre) restiamo di solito intrappolati dal contatto sensoriale. In altre

parole, quando c’è questo contatto la mente si lascia distrarre: si interessa al ‘sapore’

delle sensazioni e si perde nel ‘mi piace’ o nel ‘non mi piace’, cosicché desidera le

sensazioni piacevoli e respinge quelle dolorose, rimanendo invischiata nel gioco

dell’attaccamento (brama) e dell’avversione (odio).

La mente dovrebbe invece rimanere indisturbata dal piacere e dal dolore:

dovremmo mollare la nostra presa sulle sensazioni, lasciarle andare e liberarci così

dalla loro influenza.

Per ottenere questo risultato, si dovrebbero contemplare attentamente le

sensazioni così come sono e considerarle per quello che sono – cioè semplicemente

sensazioni: lasciamo che il piacere (o il dolore) sia soltanto piacere (o dolore), senza

farci coinvolgere da esso, ossia senza fissarci nel pensiero che sia qualcosa di

‘nostro’, cioè che siamo ‘noi’ a provarlo.

In effetti, questo ‘noi’ (cioè l’io) è solo un’illusione, perché in realtà è privo di un

sé indipendente, è vuoto di esistenza intrinseca. Esso è composto dai 5 skandha, che

a loro volta sono vuoti; ma, nella nostra ignoranza, ci sembrano formare insieme un

essere psico-fisico con cui ci identifichiamo. Ossia, di solito pensiamo che questo

corpo e questa mente ci appartengano o che noi siamo questo corpo e questa mente

(ai quali ci aggrappiamo). In una parola: ci identifichiamo coi nostri organi di senso

(occhi, orecchie, naso, lingua, pelle, intelletto) e con le sensazioni che ne derivano.

Ad es., pensiamo che gli occhi del nostro corpo sono i ‘nostri’ occhi, ciò che esso

vede è quel che ‘noi’ vediamo, la sensazione di vedere è qualcosa che ‘noi’ sentiamo.

Così, finché non saremo in grado di analizzare ogni cosa secondo le parti di cui è

composta, rimarremo bloccati nella percezione del suo ‘guscio’, cioè della sua

manifestazione esterna o aspetto esteriore.

1 Sull’argomento, v. il capitolo su “I 5 Dhyõnibuddha”.

Invece, le parti – prese ad una ad una – perdono il loro senso intrinseco: sono

semplicemente parti fisiche e mentali, senza piacere o dolore. Dire che proviamo

piacere o dolore è solo un assunto, una verità convenzionale, che – una volta

analizzata dalla consapevolezza intuitiva – svanisce. Quando vedremo il mondo e le

cose come costituiti da parti o elementi, sentiremo ancora la sensazione gradevole o

spiacevole, ma questa non diventa il ‘mio’ piacere o il ‘mio’ dolore. Cosicché, al

momento della percezione, non subentrerà per automatismo l’attrazione o

l’avversione.

In particolare, per superare la sofferenza dobbiamo semplicemente accettarne la

realtà – in modo che quando essa appare non arrivi a sovrastarci. Finché saremo nel

saËsõra, sappiamo che la nostra vita non è senza sofferenza: la sofferenza è una

vecchia conoscenza. E allora quando ci nasce dentro la sofferenza, cerchiamo di non

combattere più la situazione dolorosa, di non giudicare il fatto o la persona che ci

irrita, ma semplicemente di convivere con la realtà che si presenta, senza farci

travolgere: ci fermiamo, diventiamo calmi e non reagiamo per non creare ulteriore

sofferenza. Nel riconoscere questa nostra assenza di pace, veniamo a possedere una

certa pace.

Lo studio dei 5 skandha (come pure quello delle Quattro Nobili Verità o della

Produzione Condizionata) ci aiutano dunque a disidentificarci dalla visione

personale e convenzionale attraverso cui siamo soliti vedere una situazione piacevole

o spiacevole e ci mettono in grado di  vedere le cose su un piano impersonale

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