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Condividere la gioia – Mrs. Siriwardhana riflessioni a margine

 www.budsas.org/ebud/ebdha074.htm

 È gioiosa riconoscenza che fluisce silenziosa dal luogo più profondo del cuore per diffondersi verso gli altri, come l’acqua che sgorga dalla profondità della terra. Annoverata tra le quattro grandi virtù buddhiste, metta – benevolenza, karuna – compassione e upekkha – equanimità, coinvolge la nostra persona in una “relazione con”. In realtà nulla può sottrarsi alla semplice e perseverante potenza di quella sorgente. Ci sono comunque campi in cui questa predisposizione si diffonde spontaneamente. Per esempio può manifestarsi nella relazione di un genitore verso il proprio figlio o di un insegnante verso il proprio allievo, anche se sappiamo che non sempre così avviene. Anche in questi ambiti il fattore competitivo non manca e insieme ad esso tutto ciò che comporta, il conflitto, una chiusura, uno sbilanciamento vincitore-vinto che soffocano ancora prima di aver preso forma quelle potenzialità.

Molte qualità del nostro carattere provengono da forze che portiamo con noi già dalla nascita e che alimentiamo passo a passo con il nostro vivere. Come nel viso di un bimbo spesso vi si scorge una somiglianza, così ognuno porta con sé una energia karmica, l’ombra di un passato che irrompe nel presente condizionandolo. E’ altrettanto vero però che sta a ognuno di noi saper veleggiare con questo vento karmico verso una più ampia comprensione dell’esistenza, verso una consapevolezza della nostra presenza.

Questa responsabilità è ancor più impellente allorchè siamo in relazione con i bambini perché per loro la corazza delle abitudini e dei giudizi non ha ancora arrugginito la pelle. E’ questo il tempo della semina. Sta ai “grandi” il compito di diffondere questo esempio, questa virtù, di aiutare il bambino a prenderne confidenza, a maneggiarla, a comprenderne le potenzialità, ad affinare strumenti e abilità per risvegliarla alla coscienza.

E’ innegabile che nell’intimo di ognuno vi siano propensioni negative e positive, tendenze aggressive o rappacificanti. Chissà perchè delle propensioni negative usualmente se ne parli di più, gli si dia più spazio e più peso, dall’informazione giornalistica ai film. Con queste irrompe nella nostra coscienza un coacervo di disvalori che è superfluo elencare. Forse è perché, anche nel nostro animo, siamo vittime di una “forza di gravità” che ci vuol spegnere schiacciandoci a terra. Gli impulsi positivi volti alla condivisione gioiosa, alla carezza, all’abbraccio che non soffoca, appaiono come qualcosa di “inusuale”, qualcosa da celare agli occhi della società dell’ego, quasi un timore di cui vergognarsi. Di fatto è così, muoversi verso il bene richiede uno specifico sforzo capace di aggirare le secche e i baratri creati dall’aggrumarsi degli attaccamenti  o dai gorghi dei desideri o dalla pressa dei giudizi, ma capace anche di non farsi assorbire dalle sabbie nobili di un buonismo senza sostanza.

Tra i disvalori cui si è accennato la gelosia e l’invidia (arati) sono i principali avversari di mudita, di una gioia compartecipe, che è tale perché si nutre di un nitido impulso del cuore e proprio per questa potenzialità interiore sa riversarsi come brezza leggera ora qui ora là ora ovunque. Occorre però, una volta assaporato il suo profumo, coltivarla e alimentarla con uno sforzo intelligente, virya, che sappia trasmutare l’energia karmica in una lucente consapevolezza capace di dissolvere l’illusione, moha, di un quotidiano che si ripiega su se stesso.

A questo punto mudita diviene una vitalità della coscienza che si apre in ogni direzione.  Non si ripiega su di me ma si diffonde verso il tu, piccolo o ampio che sia, quella persona,  dell’individuo, un gruppo, una nazione, fino ad abbracciare tutta l’umanità, e chissà forse al di là ancora, verso ogni essere vivente, fosse anche tutta la terra.

Ecco allora il grandioso segreto cui mudita  ci mette a parte. La sua capacità, così leggero ne è il tocco, è quella di avvolgere nella trasparenza della propria gioia l’altro. E’ la grande virtù che oggi più ci manca. Il nostro animo, alimentato dalla gelosia e dall’’invidia, dal compiacimento egoico sulle sofferenze altrui e dall’indifferenza, non sa più accarezzare. La forza delle bombe è purtroppo davanti ai nostri occhi, è misurabile, nella potenza e nella gittata e nella paura e nella sofferenza, la forza di  mudita è la potenza sottile e riservata, delicata come la mano della mamma che accarezza il proprio figlio. Siamo al cospetto del grande femminile che maturando, come quel seme di cui si è parlato cresce.  Nessuno ne conosce le vie, nessuno ne conosce il quando e il come. Chi allora potrà farla prigioniera?

La signora Eileen Siriwardhana laureata presso l’Università di Ceylon in inglese, cingalese e Pali.  Ora è direttrice della Visakha Vidyalaya, la prima scuola buddhista per le donne con sede a Colombo. E’ anche una nota scrittrice in singhalese.

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