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Salvaguaguardia dell’ambiente – prospettiva buddhista

Salvaguardia dell’ambiente
21 giugno 2016
Seminario di Arezzo Corso di aggiornamento
Riflessioni

Nel parlare di “salvaguardia” entriamo in una dimensione connessa all’etica, in particolare con un’etica “applicata” all’ambiente, cui fa riferimento il titolo.

La salvaguardia è un tutelare, è un prendersi cura di qualcosa di “debole”, un prendersi “a cuore” qualcosa. Questo interesse-coinvolgimento può riguardare la relazione con me stesso come quelle interpersonali, espandendosi ad ambiti più vasti in cui la tutela si volge agli altri esseri viventi, alla terra, all’acqua, allo spazio, al cielo.

Una delle chiavi per avvicinare l’esperienza buddhista all’argomento è la comprensione del nesso tra causa ed effetto. Un insegnamento del Buddha dice:
“Quando c’è questo, allora quello viene ad esistere. Quando non c’è questo, allora questo non viene ad esistere. Con il sorgere di questo, quello sorge. Con la cessazione di questo, quello cessa”.
Queste indicazioni possono sembrarci meccanicistiche allorché il loro nesso non tiene conto dei molteplici fili che connettono il “questo” con il “quello”.

Non si può negare comunque che colga, nella sua essenzialità, il momento presente come strettoia tra il molteplice fascio di eventi passati e l’altrettanto molteplice fascio di conseguenze che si verranno a creare in avvenire. Senza dubbio vi è un nesso tra il prima e il dopo ed altrettanto indubbio che tale nesso sia il momento presente, in ciò che faccio ora, in ciò che penso ora. E qui che accade la grande trasformazione con cui il passato, filtrato dalla libertà discrezionale della consapevolezza, dà forma al futuro.

Il Buddha, come si diceva poco sopra, in questo è essenziale e non dà vie di scampo: ogni azione ha il suo effetto. Ci troviamo a dover rimarcare la centralità che ha la legge del karma. C’è il groviglio delle mie abitudini, il mio karma che preme per maturare. Nel momento presente questa corrente karmica trova il filtro della nostra consapevolezza. È proprio questa consapevolezza che sa trasformare gli impulsi karmici di ieri in quelli che mi condizioneranno domani.

Nella consapevolezza vi è la nostra libertà, anche e ora soprattutto, quella di tutelare e salvaguardare l’ambiente. L’abilità della nostra consapevolezza sta nell’individuare quanto prima la qualità degli effetti che il nostro comportamento metterà in atto. Se esercitata (e qui si apre il rilievo centrale dato alla pratica meditativa) la nostra azione si farà più sensibile e responsabile nel momento presente, capace di discernere la qualità dei pensieri che giungono, nonché e soprattutto quelli cui darà vita.

Quando il Buddha parla di una “purificazione dell’origine dei pensieri” indica proprio questa attitudine, l’abilità di mettere in atto, quanto prima, azioni appropriate al nostro intendimento, in questo caso, alla salvaguardia dell’ambiente.

Il karma è energia accumulata, sta alla mia coscienza indirizzarla verso l’avvenire. Il Buddha parla infatti di azioni appropriate e non appropriate. Qui l’uomo è in primo piano nella sua propria responsabilità. Gli effetti karmici possono maturare sia nel breve termine sia a lungo termite. Quando oggi concimo la piantina di pomodoro è chiaro che nel sugo troverò qualcosa di questa azione compiuta. Se con il trattore è da anni che concimo il campo allora saranno le falde acquifere a trarne le conseguenze. Certo che sulla piantina di pomodoro potrò agire nel breve termine. A primavera non apporrò nella terra concimi chimici e così il pomodoro avrà una sua particolare qualità. Quando innaffio prendo dell’acqua dal pozzo. Le falde acquifere però risentono da anni del concime chimico cosparso per la coltivazione della terra.

Da un lato quindi pianto con consapevolezza sapendo di essere io a generare il mio karma, dall’altro la mia azione risente del peso inerente il karma collettivo, le azione compite da tutti gli uomini nel corso degli anni trascorsi. Per ritrovare il timone da un lato basta un momento di presa di coscienza (non dato per scontato), dall’altro occorre la tenace pazienza di una consapevolezza che si mantenga intensa nel corso del tempo.

Il karma, in un senso più ampio, abbraccia il peso globale del nostro passato recente e remoto. Gli impulsi karmici di ognuno di noi sono il frutto di una storia senza principio, sono individuali e collettivi, sono un deposito pronto ad emergere date certe condizioni.

Nel Buddhismo cinese e giapponese la natura tutta, dai monti, ai fiumi, alla terra, all’aria partecipano di un loro karma, sono immersi nell’incessante flusso di causa-effetto, della legge karmica, del samsara, in un divenire privo, almeno all’apparenza, di quella consapevolezza che rende, come dice il Buddha, preziosa la rinascita umana.

La totalità della natura, dalla profondità della terra alla vastità dello spazio trova nell’uomo (e qui il Buddhismo Zen insegna) la capacità di sperimentare, qui e ora davanti ai miei occhi e alla mia consapevolezza, la sconfinata e inarrestabile forza, potenza e bellezza di un divenire che non ha nè inizio nè fine e insieme a questo l’altrettanta responsabilità insita nella scoperta della nostra presenza in tutto questo. Quindi consapevolezza è in strettissima interrelazione con la responsabilità. Attenzione: questo avviene dalla più profonda meditazione introspettiva alla più immediata consapevolezza-responsabilità del piccolo gesto con cui acquisto quello e non questo, nel fare quell’azione e non l’altra, così come nel momento, per esempio, in cui scelgo una politica ambientale di un tipo e di un altro.

Nel karma e nel samsara tutto vi è immerso, dal gesto più semplice alla speculazione più profonda. Tale esperienza ci coinvolge senza scampo, è la causa e l’effetto naturale dell’egoismo che, intrappolato tra attaccamento e repulsione, si consolida tra questi angusti confini.

La pratica buddhista della meditazione di consapevolezza e la coltivazione della Quattro Dimore Divine (benevolenza e compassione, gioia condivisa, equanimità) hanno il loro senso proprio nell’imprimere un retto atteggiamento nei confronti del nostro agire, più ci accorgiamo dei limiti di un comportamento egoista più cambia qualcosa. Si passa da un prevalente comportamento reattivo e impulsivo che si sveglia dopo aver visto la lattina sul ciglio della strada ad uno che si accorge – consapevolezza – che quella lattina resterà là a testimonianza di un atteggiamento centrale: il disinteresse-ignoranza di vedere la stretta interconnessione che vi è tra gesto e conseguenze. Quella lattina resterà lì, ai margini della strada, a testimonianza della mia-nostra ignoranza.

Nel Buddhismo, ripeto, l’impulso alla tutela dell’ambiente non nasce soltanto a posteriori, da una reattività ai danni che accadono, la solidarietà con la natura e l’ambiente nasce assai prima, dall’esperienza intima della sofferenza che si crea allorché facciamo della natura e dell’ambiente qualcosa di separato da noi.

La solidarietà è insita nell’esperienza dell’interconnessione, la natura e l’ambiente non sono diversi da me, prendermi cura di me stesso e prendermi cura dell’ambiente sono la stessa cosa. Al dissolversi del conflitto io-altri-altro si supera il senso egocentrico della realtà, emerge un senso di più stretta intimità tra io-altro-altri, non fondato soltanto su un impulso etico, ma sul drammatico confronto con la sofferenza che si crea con questa scissione.

Questa interrelazione è espressa in modo molto chiaro e netto dal monaco Thich Nhat Hanh che la definisce con il termine di inter-essere, interessere. Fino a quando questo impulso non emerge, fino a quando l’io si sente separato da ciò che lo circonda e arroccato su se stesso – ricordiamoci che la pratica buddhista consiste proprio nel fare esperienza della sofferenza che emerge da questo atteggiamento – sino ad allora non potrà emergere il senso dell’interessere, prendersi cura dell’ambiente e prendersi cura di se stessi sono la stessa cosa.

Per fare pratica meditativa: vedi articolo su “Meditazione dei sassolini” – meditazione guidata dal monaco Thich Nhat Hanh ai bambini e ai loro genitori www.esserepace.org/meditazione-dei-sassolini

rs

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