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Le “faccine” di Marco Lazzeri – Lo Zefiro

 Lo Zefiro – luglio 2018
Care amiche e cari amici, queste faccine sorridenti esistono dalla fine degli anni ’70 ma solo da un decennio direi il loro uso massivo è entrato nella modalità di dialogo specialmente nei forum e nei social tipo ad esempio Facebook, WhatApp, ecc… A cosa servono? Come si usano? E’ solo un fenomeno di costume? Perché occuparsene in un notiziario interreligioso che è attento alla spiritualità vissuta e al dialogo consapevole tra le persone?
All’inizio nacquero per motivi pubblicitari per attirare attenzione e fare richiamo. Poi il loro utilizzo è esploso e si sono moltiplicate a dismisura, adesso ci sono emoticon per qualsiasi evento o circostanza, per ogni emozione. Si comunica spesso con questo, molte persone le usano in alternativa all’espressione a parole dei loro sentimenti e degli stati d’animo. E’ più facile, immediato, ci si capisce subito, non occorre descrivere nel dettaglio o sforzarsi di comunicare in modo espressivo o circostanziato. Basta mettere una fila di simboli anche tra loro molto diversi in una sequenza di fantasia e la partecipazione è garantita. Vuol significare che ci sono anche io, anch’io ho partecipato e ho detto la mia.
Tutto molto semplice e senza tante parole. Facile. Troppo facile? forse. E a me le cose già preparate e troppo facili danno un senso di incertezza, di tranello, di manipolazione. Mi sono un po’ informato e il loro sviluppo è stato successivo alle tante scoperte in ambito del funzionamento del cervello e della sua struttura, del modo di comunicare, le famose neuroscienze. Questa modalità così semplice permette al cervello di non fare molto esercizio nell’esprimersi e molte connessioni cerebrali non vengono attivate, sono rese superflue o inutili, inibite. Piano piano si disimpara a fare collegamenti per l’uso delle parole e del loro significato e così il mondo diventa meno significativo, meno poliedrico. Senza parole le cose e le sensazioni sfumano, impallidiscono.
Perché una cosa esista per una persona occorre che ci sia una parola che la descriva (infatti le parole servono a identificare la realtà che ci circonda) altrimenti semplicemente non esiste, perché se nella mia mente un oggetto o un sentimento non trova il suo corrispettivo descrittivo e identificativo non può esistere nel mio mondo, quindi anche fuori da me. Abiterò pertanto in un mondo più povero. Secondo voi mandare un messaggio con un cuoricino è equivalente a dire “sai, ti amo come tanto tempo fa, il mio rapporto con te è ancora fresco e vitale per il mio cuore, tu sei la fonte del palpitare di un desiderio che mi dà l’allegria di fare cose con te, che non si ferma con la quotidianità dei giorni che non sono così tutti uguali perché sei tu che fai la differenza…”, basta mandare una faccina o un fiore per augurare un buongiorno nuovo che splenda nel cielo, anche se piove? Certo è più faticoso e ci vuole più tempo, ma è lo stesso? Anche per la spiritualità ho notato che è così. Mani giunte e areole non bastano a ringraziare di essere vivi e abbastanza poveri da poter aiutare una persona in difficoltà.
Ci vuole di più, ci vogliono emozioni e cuore che emergano dal profondo come acqua viva di fonte zampillante, non in bottiglia sigillata. Certo che anche io le uso, o le usavo, e proprio per questo mi sono accorto della differenza, mi sono accorto che qualcosa si inaridiva in una semplicità troppo banale, dove un sistema più grande di me aveva capito come togliermi la capacità di esprimermi e quindi di essere, che facevo troppo poca fatica per esprimere la vita e che alla fine mancava del mio significato personale. Senza Logo. Sì, ancora una volta si insinua il controllo della mente attraverso la riduzione della presenza emozionale. Roba grossa, e questo credo sia di supporto a manipolazioni ancora più incisive e pericolose.
Forse vi può sembrare esagerato o che sono il solito “catastrofista” di turno, ma provate a fare la prova e sentite cosa provate dentro a rileggere un vostro scritto, a rileggere il vostro cuore che parla… e poi guardate la faccina… e ascoltate.
Scrivere una frase anche scherzosa per esempio e mettere un sorriso alla fine come senso del comico va bene, certo, ma c’è la vostra espressione prima e il sorriso è solo un contorno. Se invece diventa tutto il messaggio, che cosa trasmetto in realtà? Per quante situazioni posso usare lo stesso simbolo? Tutte uguali? Tutte conformi? Un solo Logo per tutto ciò che la mia anima può sentire?
Grazie a tutti. Marco

da Lo Zefiro, Notiziario interreligioso Firenze  www.cmif.altervista.org

 

 

         

                 

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