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La Retta consapevolezza, riflessioni e pratica con il Ven. Tae Hye

Buona primavera e buon capodanno sud-asiatico, festa dell’acqua (14 aprile)! dal monaco Taehye

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Indicazioni per la pratica di Dharma – aprile 2019 (2563 EB): Retta consapevolezza

Vivere consapevolmente è avere un atteggiamento di osservazione della totalità della vita. Come si diventa consapevoli? Chiedendo a se stesso se siamo consapevoli di ciò che succede momento per momento. La constatazione che di solito non siamo presenti è l’inizio della consapevolezza.  Normalmente siamo distratti da un incessante chiacchiericcio mentale. Solo raramente e in alcuni momenti siamo totalmente attenti a ciò che ci accade nel momento presente. La nostra vita è spesa principalmente a pensare al passato e a preoccuparci del futuro.

Il Buddha parlava di quattro campi della consapevolezza: 1) il corpo, 2) le sensazioni, 3) la mente e 4) i vari fenomeni della realtà.  Praticando la meditazione seduta all’inizio possiamo osservare soprattutto il respiro e il corpo. La posizione stabile e il respiro tranquillo fanno calmare la mente.  Con atteggiamento integrale la consapevolezza poi si allarga, includendo il corpo, le sensazioni, i movimenti della mente e tutto ciò che si manifesta.

Tra i quattro campi della consapevolezza essenziale è quella della mente (citta).  E’ la mente che è condizionata in mille modi nel ciclo di samsāra.  E’ la mente che può liberarsi dalle illusioni. Nel Satipatthāna-sutta Il Buddha insegnò ad osservare e notare continuamente diversi tipi di stati d’animo: se nella mente c’è avidità o no, avversione o no, confusione o no, se la mente è concentrata o distratta, aperta o ristretta.  Nella vita quotidiana possiamo ricordarci di essere consapevoli di quello che accade, accorgerci in un modo naturale dei diversi stati mentali, soprattutto essere consapevoli delle cause principali delle sofferenze: i desideri egocentrici (lobha), le avversioni (dosa) e l’oscurità mentale (moha).

La consapevolezza è possibile, se osserviamo in un modo neutrale e rilassato. Giudizi ed interpretazioni vengono riconosciuti ed abbandonati. Così cominciamo a capire noi stessi – non solo negli strati superficiali della coscienza, ma anche nei livelli più profondi  -   desideri, fantasie, costruzioni mentali e paure. Non si deve forzare la mente, ma guardare soltanto i suoi movimenti. Osservare ogni cosa con un’attenzione nuda diventa uno stile di vita, vita meditativa.  Quando una mente è veramente sensibile, consapevole di tutte le proprie vicende, pensieri e reazioni, quando non tende più a diventare qualcosa, solo allora è capace di accogliere ciò che è al di là dei pensieri.

 

Nella meditazione seduta si può praticare la consapevolezza della mente seguendo il ritmo naturale del respiro, come il Buddha ha insegnato nei sutta Ānāpānasati (Majjhima-nikāya 118) e Arittha:   

[1] Così si esercita: ‘Inspiro sperimentando la mente. Espiro sperimentando la mente.’

[2] Così si esercita: ‘Inspiro sollevando la mente. Espiro sollevando la mente.’

[3] Così si esercita: ‘Inspiro unificando la mente. Espiro unificando la mente.’

[4] Così si esercita: ‘Inspiro liberando la mente. Espiro liberando la mente.’

 

Questi quattro momenti sono conseguenziali di stati progressivi di continuità nella consapevolezza e nell’indagine profonda.

 

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