search
top

Marco Lazzeri, parola e silenzio in Vito Mancuso, passo scelto

“Amare se stessi è un grande atto di umiltà, di conciliazione con i propri limiti, le proprie paure e le proprie insufficienze”.

Vito Mancuso

Marco Lazzeri  ne Lo Zefiro del 22 giugno ’19  fa di un breve brano di questo testo l’occasione per proporre una riflessione sull’equilibrio tra la parola e il silenzio, si fa riferimento in particolare alla parola densa di saggezza e al silenzio colmo anelito contemplativo. Ci sono, è chiaro, tante parole e silenzi che si alimento di impulsi divisivi ed egoistici…ma questo è un altro campo…Un saluto a Marco e a Lo Zefiro che ora si meritano un po’ di riposo. Un abbraccio Rodolfo

Care amiche e cari amici,

dedico questo numero ad un brano di Vito Mancuso dal suo “Il bisogno di pensare” dove parla del silenzio (pag. 152 e seguenti).

“Il bisogno di pensare rimanda al primato della parola e alla mente che pensa, e che così elabora saggezza e sapienza; il bisogno di non pensare rimanda al primato del silenzio e alla mente che non pensa, e che così ritorna ad essere spensierata approdando al silenzio interiore. Viviamo di parole e silenzi, e abbiamo bisogno di entrambi, ma che cosa ha il primato nella vita: la parola o il silenzio? Quale dei due offre il più solido sostegno vitale? Quale dei due ci è più necessario per vivere?

Si può affrontare adeguatamente il problema sollevato solo se si chiarisce prima che cosa si intende per silenzio. Pongo quindi tre domande per cercare di circoscrivere e penetrare tale fenomeno: cosa è il silenzio? Quale è il suo contrario? Cosa si ottiene facendo silenzio?

In questo paragrafo mi occupo della prima domanda e nell’affrontarla seguo lo stile diffuso tra i gesuiti che si dice siano soliti iniziare la risposta ponendo un’altra domanda. Sicché alla domanda sulla natura del silenzio faccio seguire quest’altra: un sasso può fare silenzio? La mia risposta è no: un sasso è muto, non può parlare e quindi non può fare silenzio. Intendo sostenere che il silenzio degli esseri umani non è mera assenza di parola o di suono; il silenzio inteso come stile da far assumere alla mente e grazie a cui è possibile pensare, è scelta, disposizione, volontà. Volontà di che? Di porre in primo piano l’ascolto. Il silenzio degli esseri umani è un’opzione della libertà, e per questo non è mai senza il verbo, anzitutto il verbo fare, ma poi anche altri verbi come rispettare, sentire, ascoltare, contemplare, imporre, rompere… Al contrario degli oggetti privi di parola che non possono fare silenzio, nell’ambito umano si accede al silenzio e alla dimensione dell’essere che esso dischiude solo sapendolo e volendolo fare: si sta in silenzio, si rimane in silenzio, si mantiene il silenzio, si custodisce il silenzio. Ben lungi dall’essere mutismo, il silenzio degli esseri umani appare perciò come una articolazione del logos, come una forma più consapevole, più avvertita, più socievole, di relazione con gli altri e, ancora più profondamente, con sé.

(…) Che cosa si ottiene quindi facendo silenzio? La mia risposta è che si ottengo soprattutto due cose: una purificazione della mente e una purificazione del pensiero che ne procede per una più matura visione di noi stessi e del mondo. Il punto più importante è il primo: la purificazione della mente, la sua bonifica dal rumore di fondo da cui fuoriescono pensieri-fastidi, pensieri-paranoie, pensieri-ossessioni. A questo livello il silenzio rimuove, pulisce, bonifica, risana. La sua pratica è igiene, disinfezione, disinfestazione”.

Grazie a tutti

Marco

 

Comments are closed.

top