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Comprensione e intenzione, dissodano il terreno dell’etica

Per una più semplice comprensione del testo mi sono attenuto alle seguenti traduzioni dei termini pali: samma-ditthi, retta visione – comprensione; samma-samkappa, retta motivazione – intenzione. Esse costituiscono la prajna, la conoscenza necessaria per percorrere l’Ottuplice Sentiero verso la liberazione dall’ignoranza.

Il Buddha ci delinea i passi da compiere per uscire dal continuo ritorno alle abitudini del passato. Costituiscono l’arrovellarsi della mente su se stessa in un tempo che non esiste più. Il ricordo diviene nostalgia, rimpianto, verso una realtà che esiste solo nella fragilità della mente. Per questo il Buddha individua la medicina per la guarigione.

 

Al discepolo propone, una volta accertata la malattia e prospettata la guarigione, di volgere la sua mente lungo la via dell’Ottuplice Sentiero, che rappresenta il processo terapeutico. Qui ci soffermeremo in particolare sulla retta visione e la retta intenzione.

 

Ovviamente tutti e otto questi fattori interagiscono strettamente, ma per semplicità nella prospettiva lineare del suo insegnamento approfondiremo dapprima la retta visione-comprensione e la retta intenzione-motivazione. Come già si nota le traduzioni trovano qualche difficoltà a centrare l’argomento…

 

Perché siamo qui a leggere o a meditare? È proprio qui il motore della nostra ricerca. Questi fattori si inseriscono in quella visione karmica che, di nascita e rinascita, si è consolidata in un anelito e ancor più alimenta quel senso di responsabilità verso se stessi e gli altri. Diviene un prezioso progetto da realizzare. Attenzione, non è un pensiero, è una esperienza da realizzare dedicandovi ogni giorno un momento. Occorre abituare la mente. L’abitudine è qui un fattore di libertà non più di condizionamento, è un anelito a guardare oltre il samsara, per decondizionare la mente.

 

Come  può essere sostenuta questa interrelazione tra il vedere e l’insorgere dell’energia a fare?  Tra visione e intenzione, tra retta comprensione e retta motivazione?  Non è una cosa da poco. Molti nostri interessi si spengono a causa della carente motivazione che li nutre, altri sono troppo alti, sono solo l’occasione per darsi un desiderio che già nel suo nascere sappiamo irrealizzabile e privo di forza. In tal caso il peso di un karma non ancora maturo ci lega all’ignoranza, non ci siamo ancora emancipati, la nostra mente è contaminata, incapace di vedere le cose-così-come-sono. Talvolta, specie durante la pratica meditativa, questa interconnessione tra comprensione e motivazione si auto-alimenta e prende l’aspetto di un auspicio, di un desiderio rappacificante che diffondo con intensità attorno a me sapendo di non aspettarmi una realizzazione a breve. So che è un seme, e so che  il suo frutto maturerà in virtù della sicerità dell’animo. Già siamo lungo la strada di una Dimora Divina.

 

Nella pratica meditativa i fattori comprensione-intenzione mi stabilizzano allorché decido di assumere la posizione seduta, o decido di attuare quella camminata. L’una aiuta l’altra a sbocciare e a dare il proprio frutto:   “comprendo” e  decido di ‘dedicarmi a..’. È il gesto dell’arciere che incocca la freccia. La freccia è lì, pronta nell’arco ma bisogna lasciare la corda, mollarla, per far scoccare la freccia. Dove oriento questa freccia è proprio lì, è la retta intenzione.. di lanciarla  ”proprio”  in quella direzione.

 

La  retta comprensione-visione alimenta la motivazione-intenzione: si creano i presupposti per il consolidarsi dell’energia a fare, del retto sforzo. La volontà, pervasa dalla comprensione e dalla motivazione, dà forza al seme che cresce dal basso, ne concima le radici e con pazienza attende.  Sa di aver seminato sul terreno fertile dei buoni intendimenti.

 

Come possono, arco e freccia, comprensione e intenzione, mirare ad un fine comune e condiviso? Di fatto nulla ci assicura circa la forza e la direzione della freccia. Già dai suoi primi insegnamenti il Buddha individua quali siano i fattori etici che orientano la freccia. La retta azione, la retta parola, i retti mezzi di sussistenza. Qui però si dà per scontato che tutto fluisca verso il bene.

 

Ora se questi fondamenti venissero meno, sappiamo purtroppo le conseguenze che ne deriveranno.  La comprensione, l’intenzione e l’energia non ci sosterranno nella crescita interiore, e ci sospingeranno per strade incerte e contraddittorie. Compito del contesto sociale, più o meno prossimo, è quello di orientare il  comportamento in senso etico. Così come compito di ognuno di noi è quello di sostenere la propensione al bene in virtù di una intensa motivazione interiore. Non sono facili da individuare questi due “piedi” con cui il Dharma cammina eppure sono necessariamente lì che attendono di essere illuminati e compresi dalla “chiara luce” della meditazione.

Rodolfo Savini

 

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