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Rinuncia: i Sigilli e le Nobili verità, di Aurora Maggio n. 2

Il primo passo compiuto dal principe Siddharta si dice che fu la rinuncia.

Egli rinunciò non tanto a possedimenti e piaceri, ma valutò gli svantaggi di una vita caratterizzata dalla felicità illusoria, dalla confusione e limitatezza di uno stato mentale ordinario, di una coscienza superficiale che crede a una realtà fittizia, che non vede la realtà del continuo mutare, fluire e decadere delle cose, che invece si afferra a una idea di fissità, di durata, perfino di negazione dell’inevitabile sofferenza, malattia e morte.

 Dopo anni di molto impegno, una volta ottenuto il risultato, la mente illuminata, trasmise la sua esperienza del percorso da seguire per ottenere tale risveglio. Tali insegnamenti sono chiamati Dharma, ossia scienza o conoscenza interiore ed hanno lo scopo di stimolare i discepoli a riflettere e praticare di conseguenza.

Gli insegnamenti ci sono stati trasmessi da un lignaggio ininterrotto di preziosi maestri ed ora abbiamo la fortuna di poterli conoscere e praticare, se vogliamo.

Il primo insegnamento esposto a Sarnath viene sintetizzato come le Quattro verità dei nobili:

  1. verità della sofferenza (dukka in sanscrito)

  2. verità dell’origine della sofferenza

  3. verità della cessazione della sofferenza

  4. verità del sentiero che conduce alla liberazione dalla sofferenza.

1. Verità della sofferenza (dukka in sanscrito)  in questo ambito si inseriscono gli aspetti  da meditare esposti nei 4 sigilli, chiamati anche 4 liberazioni,  se non si comprendono questi aspetti non si può sviluppare una vera rinuncia:

a. tutti i fenomeni composti sono impermanenti. I fenomeni sono gli oggetti esistenti, percepiti dai sensi e conosciuti mediante la coscienza. Sono composti da parti, da istanti, da cause e condizioni, cambiano di momento in momento, perciò sono non-permanenti, mutano, si distruggono, questo è percepibile a livello grossolano (vediamo che un vaso di rompe e un essere vivente muore), ma non percepiamo il fluire, il cambiamento più sottile se non raffiniamo e purifichiamo la nostra conoscenza togliendo i veli posti dall’ignoranza innata

b.tutti i fenomeni contaminati sono sofferenza. I fenomeni sono contaminati perché prodotti nell’esistenza ciclica (samsara in sanscrito) e sono condizionati dai fattori mentali, in particolare i fattori chiamati afflittivi, la cui radice è la non conoscenza, che movimentano e oscurano la naturale chiarezza e purezza della coscienza. Dukka è figlia dell’ignoranza (avydia) che oscura la vera natura pura e cognitiva e gioiosa della coscienza.  Avydia è un’ignoranza attiva, che crea una visione della realtà fittizia, causa di disagio, confusione, squilibrio, dolore, rimpianto, speranze illusorie. Una visione condizionata da avydia non è realistica, è maya, è duale, è esagerazione degli oggetti delle sensazioni piacevoli e deprecazione degli oggetti delle sensazioni spiacevoli

c. tutti i  fenomeni sono privi di un sé. Avydia, l’ignoranza, oscura il vero modo di esistenza dei fenomeni sovrapponendo un’apparenza di realtà concreta, fissa delle cose, non coglie il loro divenire, la mutevolezza, l’interdipendenza, la meraviglia del loro modo di esistere ed essere percepite pur non essendo intrinsecamente esistenti

d. il nirvana è pace. Finché ci saranno i fattori mentali che disturberanno la quiete e la purezza della mente, i tre veleni (ignoranza/confusione, rabbia e attaccamento e i loro derivati), non ci potrà essere pace. Il nirvana è l’estinzione della sofferenza causata da essi, la liberazione dalla sofferenza contaminata.

Ogni sigillo, se contemplato e meditato attentamente funge da antidoto alle concezioni errate della realtà che sono comuni a tutti. Essi agiscono da stimolo per la ricerca, smantellano le nostre credenze, destabilizzano certezze errate, stimolano il discernimento del piacere e del dolore, creano il dubbio costruttivo che forse le cose non sono come sembrano.

2. Verità dell’origine della sofferenza. Dopo aver esaminato l’idea che il samsara è permeato da tre tipi di sofferenza, ossia la sofferenza del dolore fisico, la sofferenza del cambiamento e la sofferenza che comunque pervade tutto, viene da chiedersi il perché di questo stato di cose, l’origine, le cause. Osservando la natura si nota che da un seme di riso nasce una pianta di riso, non può nascere un banano, così funziona la legge di causa-effetto per ogni cosa, ossia un risultato deve avere una causa che sia sostanzialmente simile. Quindi se creiamo un’azione che genera sofferenza otterremo un risultato dello stesso tipo, se invece creiamo un’azione che crea un’energia positiva otterremo un risultato coerente con essa.

3. Verità della cessazione della sofferenza. Desideriamo tutti la pace, la soddisfazione reale, la cessazione dello stato instabile, sofferente, insoddisfacente.  Grazie ad aver capito il concetto di impermanenza sappiamo che tutto può cambiare e grazie ad aver capito il meccanismo di causa-effetto sappiamo che possiamo intervenire, dato che le cause sono dentro di noi, non sono esterne. Siddharta e tutti gli esseri che sono giunti all’illuminazione sono partiti come noi, come comuni esseri dominati dalle loro stesse afflizioni.

4. Verità del sentiero che conduce alla liberazione dalla sofferenza. Il sentiero consiste nella coscienza che si impegna. Si può ottenere questo risultato, lo abbiamo dedotto con l’analisi e sappiamo che altri esseri come noi lo hanno ottenuto, essi ci hanno anche trasmesso la necessità di un metodo, degli strumenti adatti.

Il metodo di base è sintetizzato nei tre addestramenti superiori: Moralità, Disciplina mentale e Saggezza.

a. La moralità si ramifica nei tre: corretta parola, corretta azione e corretti mezzi di sostentamento.

b. La disciplina mentale nei tre: corretto sforzo, corretta consapevolezza e corretta concentrazione.

c. La saggezza nei due: corretta visione e corretto pensiero.

Si tratta quindi di quello che viene chiamato Ottuplice sentiero, purezza nelle intenzioni e nelle azioni delle nostre componenti, gli aggregati del corpo, della parola e della mente.

Questo è il sentiero comune che Sakyamuni ci ha trasmesso. Valido per tutte le scuole filosofiche che si sono sviluppate nelle varie parti del mondo e per tutti i tipi di individui.

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