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Il ridere – da Lo Zefiro di Marco Lazzeri

 “L’atto di disobbedienza, in quanto atto di libertà, è l’inizio della ragione”.     Erich Fromm

Care amiche e cari amici,

un proverbio del periodo romano riporta che “Il riso abbonda sulla bocca degli stolti”. I romani sono stati dediti alla guerra fino a diventare tramite questa dominatori di un impero e all’uopo per accreditare una persona come cives romanus avevano delle precise regole che definivano l’appartenenza alla società, essere romano prevedeva così delle virtù quali la Fides (fiducia e affidabilità), la Pietas (rispetto della patria e tradizioni), la Maiestas (fierezza), la Gravitas (serietà) e li vedo aspetti tipici di un modo di concepire il mondo in un paradigma guerriero di potere e di dominio, che si fonda sull’identità dell’individuo che per essere omologato deve essere inflessibile e austero. Diffido di persone che non ridono e le statue romane dei grandi personaggi sono molto severe e impostate. Non si ride e non si riderà molto nemmeno nei secoli successivi, questo non è prerogativa del potente, il ridere è lasciato al buffone di corte, al giullare, alla persona considerata marginale e strana, e al quale proprio perché inevitabilmente matto è consentito irridere e sbeffeggiare il potere. Ricordo alcune immagini di persone influenti, ridenti che non ricercano un’immagine sociale severa e intollerante come valore portante, ma sono così sereni, sapienti, centrati e sicuri su di loro da poter ridere di sé stessi, vera prerogativa della persona interiormente grande, e del mondo prendendo in giro l’ordine nel quale pur anche loro sono immersi e fanno parte.

La risata, eccessiva ed ingiustificata, è tipica delle persone superficiali e questo è condivisibile perché ridere senza motivo non ha di per sé un senso profondo, ma al contempo ridere in modo circostanziato e dissacrante di certi atteggiamenti troppo sapienziali e impostati nella loro identità di possesso della verità, lo trovo rivoluzionario e sovversivo di strutture mentali rigide precostituite e centrate sul concetto di controllo e di supporto al conformismo. Ridere è liberatorio dell’animo, sano di mente e rende leggeri e allegri per il solo fatto di farlo. Non è facile e molti non ci riescono, forse per paura della altrui disapprovazione. Anche io sto imparando questa arte semplice ma difficile da realizzare con la leggerezza d’animo di chi fa le cose senza prendersi troppo sul serio, senza volerle imporre agli altri e di chi ha come scopo finale il vivere e non il guadagnare prestigio. I bambini ridono e non si sa sempre esattamente il perché, ridono perché sono felici o solo perché intuiscono l’aspetto divertente, buffo o giocoso. Ridere in modo divertito e creativo penso sia un’abilità espressiva dell’animo emancipato dagli aspetti del “dover essere”, è una forma di conoscenza intuitiva che arriva all’essenziale senza passare dal razionale e quindi non soggetto alla modalità della conformità che pretende e che piega l’animo umano ai fini di trasmissione di atteggiamenti intimidatori e ricattatori. Chi non cerca potere e comando è considerato gregario e povero di spirito in confronto a chi è vuol stare in cima alla piramide e a cavallo del mondo perché solo in questo trova la motivazione esistenziale all’esistenza. Queste spesso sono persone che non si preoccupano se la loro strada è disseminata di morti, sostengono che ogni cosa ha il suo prezzo, sono i famosi danni collaterali… Tali persone non tollerano disobbedienza in quanto imprigionati da una superbia che non li rende liberi e non tollerano la libertà del riso che deride autorità e ragione di stato.

La meditazione, ancora una volta, è uno strumento che mi accompagna perché mi rende povero, senza pretese, centrato sulle cose vere e semplici dell’essere, su ciò che non posso perdere perché è insito e racchiuso nel mio intimo, qualora, ben inteso, sia stato capace di entrarci in contatto profondo di fiducia e conoscenza, e questo prevede un cammino e non una improvvisazione dell’ultima ora.

Grazie a tutti

Marco

 

 

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