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Yoga, le tre domande di Claudia Chirila, n° 1

Sono contenta dell’iniziativa di Rodolfo che oltre allo Yoga come ginnastica ha trattato anche la parte più profonda dello Yoga, forse la più importante, la base. Questo perché ho capito che la meta dello Yoga non sono le posture, esse sono solo uno strumento che porta benefici ed eseguite con consapevolezza acquisiscono un altro valore.

Non è per sminuire l’aspetto fisico ma per elevarlo ad un significato ed a una potenzialità molto più grande che è rendere il nostro sistema mentale, fisico, energetico, il nostro respiro sempre più purificati, sempre più vibranti di energia, di positività.

Yoga Asana possono essere la porta di entrata del grande tempio dello Yoga, certamente non sono l’intera struttura o la divinità a cui è dedicato il tempio. La maggior parte di coloro che si interessano di Yoga, a un certo punto arriverà alle pratiche più complete e spirituali, come i mantra e la meditazione.

In tutte le Asana la respirazione è importantissima, il Pranayama, che non è solo controllo del respiro ma espansione controllata della forza vitale. Quando il prana è in pace viene messa a riposo la forza vitale e con essa i sensi, le emozioni, la mente.

Le domande “Chi sono io?”, “Tu sei quello” e “SO HAM” sono un ottimo metodo di meditazione mentre si praticano le posture. È stata una novità per me imparare che:

  • “Chi sono io?”, è una domanda ideale da porsi nell’esecuzione della

posizione che Allunga l’Occidente (la Pinza) perché siamo chiusi su noi stessi, siamo circolari. Questa domanda viene fatta continuamente non con lo scopo di addormentarci ma con lo scopo di svegliarci.

A me questa auto-indagine ha creato stupore, meraviglia ma anche paura perché si va verso qualcosa che non può essere né visto, né toccato, né afferrato intellettualmente. I maestri vedici rispondevano ai loro allievi “Neti, Neti” che in sanscrito vuole dire né questo, né quello, per indurre l’allievo a superare ogni identificazione, verso una esperienza più profonda di sé stesso

  • Nella posizione del Cobra è ideale “svegliarsi” con “Tu sei quello!”, è una

pratica spirituale che ci dà modo di accorgerci delle innumerevoli forme di illusione che indossiamo e ci dà il coraggio di arrestarle, e poco a poco lustrare il diamante che c’è dentro di noi. È bellissimo e suggestivo il racconto dei dieci bambini che attraversando un fiume, dall’altra parte della riva si sono accorti che mancava uno di loro. Erano convinti che uno non ce l’aveva fatta ma invece il ragazzo che sapeva contare non aveva contato se stesso e un uomo di passaggio, puntando il dito verso di lui, disse: “TAT-TVAM-ASI!”. Fa riflettere…

  • Nella posizione di meditazione, la posizione del Loto, ripetere “SO HAM”

unisce la coscienza individuale con la coscienza cosmica. Io in Te, Te in me, il finito nell’infinito e l’infinito nel finito.

Sapendo queste cose lo Yoga fatto fino ad oggi prende tutto un altro senso, vero?

Qualche giorno fa leggendo “Yoga e Ayurveda” di David Frawley mi sono imbattuta nelle nozioni di Guna e Dosha. Poi la fortuna di sentirne parlare il mio insegnante nella sua lezione mi ha chiarito un po’ le idee. Non è facile essere autodidatti, c’è sempre bisogno dell’aiuto di un insegnante che con la sua esperienza e i suoi esempi ti facilitano la comprensione, ti puliscono il sentiero per arrivare a destinazione molto più facilmente.

I tre Dosha – la parte biologica della natura: Vata (aria ed etere), Pitta (fuoco) e Kapha (terra ed acqua) corrispondono, nello Yoga, ai tre Guna: Sattva, Rajas e Tamas.

I Guna sono stati spiegati molto bene da Rodolfo: “Guna vuol dire filo, quindi la natura è l’interazione di questi tre fili, di questi tre Guna. I Guna sono i fili che tengono insieme la natura.”

Queste tre qualità hanno una “inerzia dinamica continua”, danzano sempre insieme, ci possono essere momenti in cui il protagonista può essere una di loro, ma non sono mai da sole.

È importante lo sviluppo del Sattva, nello Yoga è la qualità più elevata che rende possibile la crescita spirituale. Comunque sia, non dobbiamo dimenticare la mescolanza dei Guna. C’è un rajas e un tamas superiori nel campo di sattva e un sattva inferiore nei campi di rajas e tamas. Similmente ci sono aspetti rajasici di tamas e aspetti tamasici di rajas.

C’è un collegamento delle domande precedenti riguardanti l’uomo agli elementi costitutivi della natura – Sattva: la lucentezza, la chiarezza; Rajas: l’energia, la vitalità; Tamas l’inerzia, la passività.

Dobbiamo tener presente che non è solo l’aspetto psicologico a partecipare del “tessuto” fatto dai Guna. Per esempio anche il cibo. Vi è quello che partecipa del Sattva, che accresce la buona salute; quello che partecipa del Rajas, amaro, acido, salato, piccante; quello che partecipa al Tamas, quello privo di sapore, putrido, sudicio.

Ritorniamo ora alle tre domande esistenziali.

Un esempio è quel velo di Tamas nella domanda “Chi sono io”. Il “Chi sono io” è un Tamas ad un livello raffinato, che gravita appieno nell’area del Sattva, della saggezza illuminante. Molto diverso da un Tamas connesso ad un comportamento decisamente negativo, cieco e oscuro.

Il Rajas presente nell’affermazione “Tu sei quello”, è la forza attiva stimolante che alimenta il cambiamento interiore alterando i vecchi equilibri in cui aveva una coloritura irrequieta e aggressiva.

Invece il Sattva predominante nel “SO HAM” è pura lucentezza, una trasparenza luminosa ed equilibrante che armonizza gli opposti, la forza più elevata che sostiene virtù come fede, onestà, autocontrollo, modestia e autenticità.

È importantissimo sviluppare il fattore di discernimento come dice Rodolfo!

Io per esempio mi accorgo (Sattva) che la mia meditazione è dominata da Rajas (troppi pensieri che ronzano come api) e qualche volta Tamas (l’assopimento e qualche volta la non voglia) ma mi sforzo a fare instaurare Sattva e spero che con l’allenamento esso predomini! Lo auguro anche a voi!

Alla prossima!

Namasté!

Claudia

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