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Orienteering: Icona VIII, Cattura del Bue

Cattura Bue Icona VIII

Orienteering: Icona 8, La Cattura del Bue – questi articoli sono un gioco che ci farebbe piacere condividere con voi.  Abbiamo tratto a sorte una Icona e ci siamo messi ad osservarla, come si fa per trovare il sentiero nei nostri cammini senza la Carta topografica. Abbiamo quindi espresso le nostre osservazioni, abbiamo notato i particolari e abbiamo messo giù la nota che segue. In un secondo momento ci siamo confrontati con il testo, non facile, dei due Maestri, uno in poesia e l’altro in prosa. Perchè non partecipate anche voi al gioco? Che cosa vi dice questa Icona trovandola lungo il vostro percorso spirituale? Fateci avere una vostra nota su info@lapagoda.org. In un secondo momento approfondiremo il tutto con le diverse traduzioni e con gli studi relativi. Per altre tavole già commentate vai su Cerca – Orienteering

Concluso il gioco vedremo, qualche riga più sotto, che cosa ci dicono e ci insegnano i Maestri cinesi a proposito. Mi inchino con umiltà alla loro saggezza!!!
Rodolfo Savini

 

Se nella mia ricerca di immagini che parlino di “me” incappassi, come sta accadendo ora, in un disegno siffatto senza dubbio mi fermerei.

Al di là di ogni indicazione vi trovo sfumare di colori. Gli unici più netti sono quelli che delimitano il dipinto, i suoi confini, il quadrato. Al suo interno vi è un cerchio che definisce il messaggio del dipinto, una linea più marcata ne delimita il confine.

In altri quadri similari questo cerchio non è chiuso, lascia un breve varco per uscirne. Qui invece i confini del cerchio sono ben definiti. Diverso è però il tono del colore all’interno e al suo esterno. Il colore esterno ha una tinta uniforme, non lascia modo di dire qualcosa se non che si tratta di un puro spazio che i contorni cercano di contenere.

La linea del cerchio invece è più marcata è definita, e ancor più definito è il colore prossimo a questa linea di confine. Mentre fino a qui tutto aveva un suo timbro uniforme: colore esterno al cerchio e linea perimetrale ora, volgendoci all’interno troviamo un cerchio che via via da un colore più intenso sfuma inavvertitamente verso tonalità più lievi, più lievi ancora.

Se riuscissimo ad averne una visione tridimensionale lo spazio definito dalla circonferenza sembrerebbe respirare. Certo che se vi fossero ulteriori cerchi che alludono ad un punto centrale ci sarebbero di aiuto per immergerci nella profondità di questo mandala o salirne sulla sua vetta. Con ogni inspiro questo cerchio si volge alla profondità che è il me, il Terzo Occhio, con l’espiro lo sguardo si protenderebbe verso quel punto lontano. Attenzione, parlo di punti per semplificazione, quei punti lontani sono sempre cerchi che all’infinito alludono ad un percorso, specie ora non vi è un punto di arrivo, vi è puro spazio.

Così come lo si vede sono quasi costretto ad attenermi a due dimensioni, periferia esterna – tonalità unica -, periferia interna – tonalità più intensa che sia via sfuma alludendo a un senza-confine. Da un lato è meglio che così rimanga, muto della sua dualità interno/esterno. Se però lo ascoltiamo, se cominciamo a “parlarvi”, il confine interno via via sfuma è in una enorme, immensa, poderosa, imponente energia che va e viene.

Il dipinto non mi incoraggia, ma l’occhio addestrato riesce a scorgervi la membrana che ora si protende e ora ritorna, una membrana particolare che non ha una sua consistenza e mi si manifesta come una non-membrana, un non-confine, un non-io.

Se prima vi scorgevo un andare e venire poi vi ritrovo il mio inspiro ed espiro e poi ancora un battito del cuore, una sistole e una diastole poi infine vedo solo un maestoso fiume.

Vedo che scorre in un modo incomprensibile e paradossale, non più un flusso e riflusso ma al contempo vi scorgo e assieme, sì assieme, questi due movimenti. Nello stupore del paradosso direi che ora le spazio è immobile, si è fermato, anch’io non posso che fermarmi. Mettendomi a disposizione di questa vacuità vedo che è fatta al contempo, al contempo, da un andare e tornare, da un vuotare e riempiere, da un nascere e morire lì assieme presenti davanti al mio occhio interiore.

Lo spazio contenuto nel cerchio mi parla, mi parla dell’eterno, della vita che eternamente va e viene, eternamente nasce e muore. Mi porta lì seduto al cospetto del tempo. Non vi è più il ‘mio respiro’ vi è l’eterno ritmo della vita, una eternità che scorre senza perdere se stessa, che scorre nell’immobilità.

Rodolfo Savini

Dicono i MAESTRI

SHUBUN e SESSHU (XV sec.)

ICONA VIII      Catturare il Bue

con i LTesti originali

Frusta e corda, uomo e bue fanno ormai parte del vuoto.
L’immensità del cielo azzurro in verità è difficile da penetrare.
Sopra la rossa fiamma del fornello
come può la neve conservarsi?
Arrivato qui e solo allora ha il potere di identificarsi
con la tradizione dei patriarchi.

Le passioni mondane sono cadute, tutti i pensieri di santità sono svaniti. Vagare per cercare lo stato di buddhità o per fuggire rapidamente lo stato di non-buddhità non ha scopo. La dualità è scomparsa. Per mille occhi sarebbe difficile percepirlo. Se una folla di uccelli gli portasse dei fiori una sola folta, che derisione!

Traduz. tratta da Miri Autore, Le dieci icone del bue,  Lantana Edit.

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