Non è certo per amore del marito che il marito è caro…. ; Upanishad (6)
Brhad-aranyaka-Upanishad
Il grande breviario meditativo per gli asceti viventi in ritiro nella foresta
Seconda lettura, Quarto testo, Versi 4-14
Questo testo, come i precedenti (vai a ‘cerca’ e digita: “Upanishad”) intende riportare alcuni passi letti a La Pagoda on-line. Le radici dell’insegnamento del Buddha affondano proprio in questo il contesto socio-culturale. Questa era l’atmosfera che respirava, da qui prese avviò la sua ricerca che giunse alla scoperta di una spiritualità libera dai legami contingenti e che vive ancora oggi più moderna che mai. La datazione di questa Upanishad è incerta e controversa comunque, dati i contenuti, sembra databile intorno all’ottavo-sesto sec. a.C.
II, iv, 4
Allora le* disse Yajnavalkya: “Tu, che mi sei tanto cara, mi tieni un discorso che invero non mi è caro. Orsù, sediamoci, io ti istruirò. Però presta ai miei insegnamenti tutta la tua attenzione”.
iv, 5
Allora egli le disse: “Non è certo per amore del marito che il marito è caro: è per amore del Sé (atman) che è caro il marito. Non è certamente per l’amore della sposa che la sposa e cara: è per l’amore del Sé che la sposa è cara. Non è certamente per amore dei figli che i figli sono cari: è per amore del Sé che i figli sono cari. Non è certamente per l’amore delle ricchezze che le ricchezze sono care: è per l’amore del Sé che le ricchezze sono care. Non è per amore del Brahman che si ama il Brahman: è per amore del Sé che si ama il Brahman. Non è per l’amore del potere che si ama la potenza: è per amore del Sé che si ama la potenza. Non è per l’amore dei mondi che si che i mondi sono cari: è per amore del Sè che i mondi sono cari. Non è per l’amore degli Dei che gli Dei sono cari: è per l’amore del Sé che gli Dei sono cari. Non è per l’amore degli esseri che gli esseri sono cari: e per l’amore del Sé che gli esseri sono cari. Non è per l’amore verso ogni cosa che ogni cosa è cara: è per l’amore del Sé che ogni cosa è cara. E’ il Sé, atman, invero, che bisogna considerare, che bisogna ascoltare, a cui bisogna pensare, su cui bisogna meditare. O Maitreyi, si prende conoscenza di tutto soltanto mediante la contemplazione, l’audizione, la meditazione, la conoscenza del Sé (atman).
iv, 6
“Il Brahman abbandona colui il quale riconosce il Brahman al di fuori dello atman, del proprio Sé. Il potere abbandona colui il quale riconosce il potere al di fuori dello atman; i mondi abbandonano colui il quale riconosce i mondi al di fuori dello atman; gli Dei abbandonano colui il quale riconosce gli Dei al di fuori dello atman; le creature abbandonano colui il quale riconosce le creature al di fuori dello atman; tutti gli oggetti che esistono abbandonano colui il quale li riconosca al di fuori dello atman. Questo Brahman, questo potere, questi mondi, questi Dei, queste creature, tutti questi oggetti, tutto ciò che esiste è atnam.
iv, 11
“Allo stesso modo che l’oceano è il luogo in cui si incontrano tutte le acque, egualmente la pelle è il luogo in cui si incontrano tutte le percezioni tattili, le narici dove si incontrano tutti gli odori, la lingua ove si incontrano tutte le percezioni gustative, l’occhio ove si incontrano tutte le percezioni di forma, l’orecchio ove si incontrano tutti i suoni, lo spirito è il luogo ove si incontrano tutti i pensieri, il cuore ove si raccolgono tutte le conoscenze, le mani il luogo in cui si compiono tutti gli atti, i genitali il luogo ove si incontrano tutte le beatitudini, l’ano il luogo in cui si incontrano tutte le escrezioni, i piedi ove si compie ogni andare, la parola dove si incontrano tutti i Veda.
iv, 12
“Allo stesso modo che una zolla di sale gettato nell’acqua si discioglie e non vi è più modo di afferrarla, però ovunque si raccolga dell’acqua sempre lì si trova del sale, egualmente avviene per questo Grande Essere, infinito, illimitato, sintesi di coscienza: costui, sorgendo da questi elementi, in loro dispare, perché, io te lo dico, non esiste ideazione una volta che si è morti”. Così parlò Yajnavalkya.
iv, 14
Laddove sussiste dualità, ivi l’uno odora l’altro, l’uno vede l’altro, l’uno ode l’altro, l’uno parla all’altro, uno pensa qualcosa di altro da sé, l’uno conosce l’altro; ma, allorché tutto è diventato il Sé di ognuno (atman), l’odore di chi e mediante che cosa si potrà percepire? Chi si potrà vedere e mediante che cosa? Chi e mediante che cosa si può udire? A chi e mediante che cosa si potrà parlare? A chi e mediante che cosa si potrà pensare? Chi e mediante che cosa si potrà conoscere? Ciò mediante il quale si conosce quanto esiste, mediante che cosa potrà essere conosciuto? Il conoscitore, mediante che cosa potrà essere conosciuto?
*Dialogo tra Yajnavalkya e Maitryi, la sua compagna spirituale
I passi letti sono tratti da Upanishad – i primi testi indiani di filosofia” – Pio Filippani-Ronconi, Ediz. Boringhieri, 1977
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