… dove sarà mai? Cercare il Bue, Icona n. 1
Scelta a caso tra le dieci icone, una tassera per costruire all’impronta il puzzle dell’esistenza. Sarà dopo questo ‘incontro’ che si leggerà l’insegnamento dei Maestri.
“Orienteering: Icona I, Cercare il Bue – questi articoli sono un gioco che ci farebbe piacere condividere con voi. Abbiamo tratto a sorte una Icona e ci siamo messi ad osservarla, come si fa per trovare il sentiero nei nostri cammini senza la Carta topografica. Abbiamo quindi espresso le nostre osservazioni, abbiamo notato i particolari e abbiamo messo giù la nota che segue. In un secondo momento ci siamo confrontati con il testo, non facile, dei due Maestri, uno in poesia e l’altro in prosa. Perchè non partecipate anche voi al gioco? Che cosa vi dice questa Icona trovandola lungo il vostro percorso spirituale? Fateci avere una vostra nota su info@lapagoda.org. In un secondo momento qui sotto approfondiamo il tutto con le diverse traduzioni e con gli studi relativi. Per altre tavole già commentate vai su ‘Cerca’ – Bue o Icona”
Non si può guadare avanti. Il timore mi fa volgere indietro. Ho paura di non trovare, mi guardo alle spalle.
In questa Icona non è tanto la paura che mi guida, è l’ignoranza che mi rende incerto. Dove sarà mai? Che cosa? La certezza che cerco o il filo che mi ricongiunga a lei…alla saggezza.
Mi rendo conto che non posso cercare la saggezza perchè non so che cosa sia, mi sono fatto un’ ”idea” di essa e ciò che cerco è proprio la riconferma del mio pregiudizio. Cercare la saggezza mi induce, come nell’Icona a guardare dappertutto, sospettoso e incerto.
Anche le mie mani sono disarmate, non so quale sia il mio nemico non so quale sia il mio amico, nè cosa mi serva per sconfiggerlo o cercarlo.
Il paesaggio sottolinea che davanti a me c’è un vasto, sconfinato spazio avvolto dalle nebbie. Girandomi , guardandomi alle spalle vi è “qualcosa”, rami e rocce che inerti parlano di ciò che conosco e non conosco dentro di me.
Le colline galleggiano sulla nebbia.
Vi è una realtà, quella delle mie apparenti certezze. Non dubito delle rocce e degli alberi che vedo. Do loro una esistenza, li rendo presenti nella mia coscienza. è il karma che mi lega al conosciuto, ma che mi cela il non-conosciuto.
La mia presenza si consolida e si costruisce su quelle ‘certezze’, sono la mia realtà e a quelle sono legato. Non me ne accorgo, sono proprio “quelle” la mia realtà.
Saranno forse proprio quei piedi che posano a terra, l’uno davanti all’altro a indicare che non sto fermo, nonostante tutto cammino, anche una mano è sollevata davanti a me, l’altra lungo il corpo come inerte, Il mio sguardo è volto indietro ma la novità è proprio quella mano, cerca a tentoni, nel buio della mia coscienza, cerca, vuole toccare quel ‘qualcosa’ che la mente è incapace ancora di guardare, di riconoscere.
Dicono i Maestri
SHUBUN e SESSHU (XV sec.)
ICONA I - Cercare il Bue
con i Testi originali
In fretta strappa le erbacce e parte alla ricerca.
Il cammino è interminabile tra corsi d’acqua in piena
e montagne lontane.
Alle stremo delle forze non c’è luogo ove cercare,
sente solo l’ultimo grido delle cicale tra gli alberi di acero.
Fin dalle origini il bue non è perso: che bisogno c’è di cercarlo? A causa dell’allontanamento dalla Bodhi avviene una totale separazione. L’uomo si trova ad essere orientato verso questo mondo di polvere come se progressivamente perdesse di vista la sua casa sulla montagna (il suo luogo di origine). Avanzando lentamente si inoltra sempre più per sentieri impervi. Improvvisamente la separazione fra ottenimento e perdita brucia come il fuoco così come le opinioni intorno al vero e al falso emergono come una lama di spada.
Nota:
Nel loro susseguirsi i Dieci Quadri della Cattura del Bue sono un percorso con cui confrontarsi nella propria crescita spirituale. Quest’opera, pertinente alla tradizione Ch’an Zen cinese, è nata nel XI sec. – la prima pubblicazione è di Ching Chu – ha avuto un grande successo tant’è che ne troviamo, tra l’XI e il XII sec., diverse rivisitazioni ad opera di importanti artisti e poeti . Le icone riportate sono frutto dell’artista Kuo-an Shih-yuan (XII sec.) anche se poi, smarritesi nel tempo gli originali, sono state riprese dal pittore giapponese Shubun nel XV sec. e dal suo allievo Sesshu. Ogni Icona è accompagnata da una poesia e da un commento in prosa per renderne più esplicito il significato. A queste facciamo riferimento.
Un omaggio va a Migi Autore che ha lavorato assiduamente a diffondedre quest'opera