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Su che cosa tutto questo è tramato e tessuto Up. III, iv-vii

Su che cosa tutto questo è tramato e tessuto Up. III, iv-vii

 

Nella pratica dello Yoga, in particolare durante il rilassamento, può accadere qualcosa.

In primo luogo mi posso stupire nello sperimentare una inversione di soggetto e oggetto. Non sono “io” che mi ‘rilasso’ ma è la profondità pacificante della mia (???) persona che emerge. Ho messo il punto interrogativo perchè questa inversione non può avere un soggetto che la promuova e non è neppure qualcosa che ‘ho’ acquisito. E’ qualcosa su cui perennemente qualunque essere vivente posa ed è pervaso. Gli animali lo sanno e non si arrovellano nel fare il rilassamento, nello scuotersi da dosso il peso della giornata.

Siamo quindi giunti al secondo punto dove emerge la nostra povertà. All’esperienza che si apre al di là del rilassamento siamo giocoforza indotti a darle un Nome. Nella Brd°, e in India in generale, troviamo due nomi scritti senza maiuscola e caratterizzate dal genere neutro. Queste due caratteristiche sono strettamente connesse. Il genere neutro ci è dato dal suffisso -an, e in quanto tale non è né maschile né femminile e inoltre sono scritti con la lettera iniziale minuscola. Non assurgono cioè ad un aspetto divino.

Un’altra caratteristica è che usualmente non esprimono una intenzione al fare, “sono” e basta: Il nostro io rimbalza da una esperienza all’alta, tra un sì e un no, travolto spesso da incertezze e dubbi, da entusiasmi e delusioni, da iperattività e inerzia e torpore.

A questi fattori manca la comprensione/visione dell’atman. Se fosse presente questa dimensione si può e ancora e sempre rimbalzare da un’esperienza all’altra ma verrebbe meno la forza compulsiva del karma. Sarebbe quell’agire di Arjuna della Bhagavad Gita, un ‘agire senza l’attesa del frutto’. Quando però la vita mi ‘sospinge’ verso la profondità dell’atman allora ecco, dice la sapienza induista, ‘si può’ fare esperienza del brahman.

L’armonia di questa reciproca pervasione fa dimenticare il dentro e il fuori, il grande e il piccolo, l’infinitamente grande e il seme celato nell’infinitamente piccolo. Un barlume, una intuizione sfocata ma del tutto certa mi conduce, privato dalle spigolature dell’io, a vedere l’unità dell’atman con il brahman, l’atman-brahman.

Allora ‘vedo’ la luminosità di tale fusione riflettersi, in un gioco di specchi, e pervadere ogni aspetto e a ridare senso all’indistinto del rumore del samsara, del divenire. Accanto a me risuona l’esperienza di Ushasta, di Kahola, di Gargi, di Uddalaka che in questo passo dell’Upanishad pogono domanda a Yajnavalkya. Ognuno, al cospetto di questa domanda, “si tacque”.

I nostri interlocutori non sanno più quali domande porre. I loro silenzi alludono solo in parte alle loro incertezze interiori. Gargi è l’unica che non si accontenta. Spinta da un anelito di sincera comprensione, viene bruscamente fermata da Yajnavalkya. Attenzione, le dice, non andare oltre: “O Gargi, tu mi interroghi al di là del lecito; stai attenta che non ti scoppi la testa. Tu mi interroghi circa una divinità di là dalla quale nulla vi è da domandare” .

 

 

Riportato di seguito l’immagine di Gargi, che abbiamo già trovato e che spesso ancora ritroveremo in questa Upanishad. Riporto anche quella del suo maestro Yajnavalkya, già presentata nelle note precedenti. Mi fa piacere vederli assieme.

 

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Spunti meditativi che ho trovato in questa lettura:

  • atman-brahman
  • l’atman, interiorità universale
  • su che cosa tutto questo e tramato e tessuto
  • questo filo e questo intimo reggitore, l’immortale

 

 

 

 

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Di seguito le strofe che mi hanno guidato in queste riflessione, rispettosamente condensate, tratte da Upanishad di Pio Filippani-Ronconi Boringhieri rist. 1977

 

Brhad-aranyaka-upanishad (abbreviato: Brh)

III,iv,1-2 pag. 98

Ushasta: Spiegami il brahman che si rivela e che non ci sfugge, l’atman che è interiorità universale

Yajnavalkya: È l’atman che si trova in ogni cosa

L’atman che respira nel prana, è lui che è in ogni cosa

che esala nell’apana

che circola nel vyana

che si solleva nell’udana

Questo tuo atman è invero interiorità universale

 

Tu non puoi vedere colui che vede mediante la vista

Tu non puoi udire colui che ode tramite l’udito

Tu non puoi pensare colui che pensa mediante pensiero

Tu non puoi conoscere il conoscente mediante la conoscenza

 

Allora Ushasta si tacque

 

III,v,1sgg pag. 99

Domande di Kahola sul brahman-atman

 

Yajnavalkya: Quello che trascende la fame e la sete, la sofferenza, l’errore, la vecchiaia e la morte questo è l’atman.

Rinunciando contemporaneamente sia all’ignoranza che al sapere, all’ascesi e alla non ascesi costui diviene un brahmana (un ‘sacerdote’ indù);

il brahmana che così vede per lui ogni cosa è ciò che è. Tutto ciò che è altro da questo è soggetto a sofferenza.

 

Allora Kahola si tacque

 

III,vi,1 pag. 100

Domande di Gargi (‘i’ lunga: femminile):

Se tutto quanto esiste è tramato e tessuto sulle acque, su che cosa le acque stesse sono tramate e tessure?

 

Yajnavalkya:

sull’aria

sull’atmosfera

sui mondi del Gandharva

sul sole, sulla luna, sulle costellazioni, sul mondo degli Dei, su Indra, sui mondi del brahman

Gargi: E su che cosa i mondi del brahman sono tramati e tessuti?

Yajnavalkya: O Gargi, tu mi interroghi di là dal lecito; stai attenta che non ti scoppi la testa. Tu mi interroghi circa una divinità di là dalla quale nulla vi è da domandare.

 

Allora Gargi si tacque

 

 

III,vii,1-23 pag. 101 sgg

Uddalaka racconta il caso di sua moglie a cui uno spirito dei Gandharva (spiriti ambivalenti) parlò così:

Colui il quale, o Kapya (la moglie), conosca questo filo e questo intimo reggitore costui conosce il brahman, costui conosce il mondo, costui conosce gli Dei, costui conosce i Veda, costui conosce gli esseri, costui conosce l’atman, costui conosce tutto.

 

Gautama: Va bene, Yajnavalkya: parlaci ora di questo intimo reggitore

Yajnavalkya: Colui che, risiedendo nella terra, dalla terra è diverso, lui che la terra non conosce, per il quale la terra sono corpo, che dall’interno regge la terra, questi è il tuo atman, l’intimo reggitore, l’immortale

 

risiedendo nelle acque …

risiedendo nel fuoco …

risiedendo nell’atmosfera …

risiedendo nell’aria …

risiedendo nel cielo…

risiedendo nel sole …

nei punti cardinali …

nella luna e nelle stelle …

nell’etereo spazio …

nelle tenebre …

nel tejas (luce, calore, energia) …

Colui che, risiedendo in tutti gli esseri, da tutti gli esseri è diverso, lui che tutti gli esseri non conoscono, per il quale tutti gli esseri sono corpo, lui che governa dall’interno tutti gli esseri, questi è il tuo atman, l’intimo reggitore, l’immortale.

 

Così secondo il punto di vista degli esseri (adhi-bhutam: il punto di vista esteriore). Ora secondo il punto di vista individuale (adhy-atman)

 

Colui il quale, risiedendo nel prana, è diverso dal prana, lui che il prana non conosce, per il quale il prana è corpo, che interiormente regge il prana, questi è il tuo atman, l’intimo reggitore, l’immortale

risiedendo nella Parola …

risiedendo nell’occhio …

nell’orecchio …

nella mente …

nella pelle …

nella facoltà di conoscere (vijnana: conoscenza discriminativa degli oggetti esterni)

nello sperma …

costui è l’intimo reggitore, l’immortale, che non si vede e che vede, che non si ode e che ode, che non si percepisce col pensiero e che pensa, che non si conosce e che conosce. Non esiste altro veggente che lui, altro udente che lui, altro pensante che lui, altro conoscente che lui.

 

Questi è il tuo atman , l’intimo reggitore, l’immortale. Ciò che da lui è diverso è votato alla sofferenza

 

 

Allora Uddalaka si tacque

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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