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Trimle gen – mar 1999 n° 1 Anno I

Tich Nhat Hanh

  La Pagoda

Località Quercia Grossa,33 -Pieve a Socana 52016 Castelfocognano (Arezzo)

Anno I n°1 (gennaio-febbraio-marzo 1999)

 L’esperienza della Pagoda di Pieve a Socana – Arezzo

L’amicizia spirituale.

IL VENERABILE KACCAYANA

Il caos e la meraviglia. (Charlotte Joko Beck)

Il consiglio direttivo informa

L’amicizia spirituale

Se da un lato ci sono gli esseri umani ad imprimere ai luoghi la loro energia, dall’altro i luoghi sollecitano, esprimendo forme primigenie, comportamenti e attitudini. E’ il caso dell’opera realizzata dall’ingegner Martinelli che ha materializzato attraverso mosaici e intarsi, nell’edificio che ospita l’Associazione “La Pagoda”, le proprie riflessioni sull’esperienza dell’Illuminato. Tale ambiente è diventato così, nel corso degli anni, punto di riferimento di esperienze spirituali buddhiste, a iniziare dalla frequenza di monaci della Buddhist Society, come Nyanaponika Thera, fino al venerabile Tae Hye Sunim della tradizione Son coreana. Negli ultimi mesi si era riproposto con urgenza il problema della conservazione del Tempio, sia per quanto riguardava le strutture, sia per la pratica che a lungo vi si era svolta. In questo luogo, fisico e spirituale insieme, ha preso forma un’esperienza che riunisce individui con le loro singolari storie personali, sorte nell’ambito di differenti scuole buddhiste (e non), nell’unica cosa che veramente accomuna tutti e tutto: LA DIVERSITA’. Stupisce il considerare come possano colori così vari arricchire l’affresco della vita comunitaria. Certo dà più sicurezza vedere un colore solo, magari il proprio, ben definito in tutti i suoi particolari: ma è proprio allora che le dissonanze, anche se lievi, disturbano. Accettare l’originale storia di ognuno di noi non è stato il frutto di una scelta volontaria, non ha voluto esprimere la prerogativa dell’originalità con la quale, alla luce delle preferenze individuali, si ama gettare discredito su altri modi d’intendere il sangha. E’ stata una semplice necessità: non c’era altra scelta. Al di là, infatti, dell’indubbio valore di tale esperienza (di cui solo ora stiamo diventando consapevoli), nel territorio aretino non si sono mai avute definite realtà buddhiste in grado di costituirsi come punto di riferimento, mentre è diffusa la presenza di singoli praticanti desiderosi di condividere i principi insegnati dal Buddha. Perché imporre a costoro un’omologazione forzata che, pur donando sicurezza, avrebbe tolto la vitalità? Per molti, forse ancora troppi, la realtà è un caos inestricabile al cui cospetto si reagisce assumendo comportamenti che producono nuova confusione: tale comportamento insinua le proprie radici nel rifiuto di ciò che è, nell’intimo scandalo della radicale sfida che procede dalla diversità. Abbiamo cercato di incamminarci per l’unica strada che avevamo davanti: vivere con pienezza il disagio di queste increspature per interrogarle, per non cadere nell’illusione del samsara, per non essere travolti dalla mutevolezza del divenire. Costituiscono un’occasione propizia per indagare ciò che è necessario cambiare. A noi tutti piacerebbe adeguare la realtà alle nostre aspettative, è tempo ormai di cambiare l’occhio che “guarda” nell’occhio che “vede”, perché in tal modo sarà più abile nel discernere ciò che va fatto. Il primo passo di questa Associazione consiste nel varcare la soglia dei giudizi e di immergersi nel raccoglimento meditativo: “come un cercatore di perle, – dice un poeta – senza stancarti, persisti e persisti ancora, affonda in profondità, sempre di più in profondità e cerca!”. Se l’impermanenza è il nome che possiamo dare alla dimensione in cui si raggira la nostra vita, allora ci è sembrato veramente appropriato, abile e utile mezzo, l’adesione a ciò che ognuno di noi è, di unico e irripetibile. Tra tanti sapori che il mondo ci offre, quale imprimerà di sé gli altri, quale prenderà il sopravvento sugli altri? Nessuno svolgerà tale ruolo, perché grazie alle proprie diversità, alle vie divergenti, ci accorgiamo di un’altra dimensione, capace di annullare ogni differenza, con sicurezza e al di la di ogni dubbio: la passione per l’ascolto di sé, l’intuizione che scaturisce dal silenzio meditativo, l’emergere di una consapevolezza che riesce ad andare oltre ogni contenuto; una forza che sa aderire ad ogni differenza per trasformarla in un’unità. Queste sono le coordinate della nostra debolezza e della nostra forza: sederci insieme al cospetto della Verità, superando così, con la naturalezza del nostro essere, ostacoli e incomprensioni. Scopriamo che sotto qualunque nostra parola, scorre un’insegnamento capace di offrirci un’occasione di comprensione, un’energia che non è quella del mio buddhismo ‘contro’ quello del mio vicino, né della mia comunità ‘contro’ le altre, non è neppure quella che separa il buddhismo dalle altre religioni: è l’inesprimibile aspirazione che vuole bruciare ogni distinzione nel grande bracere della consapevolezza alimentando la pratica di cui tutti gli Illuminati sono stati maestri. Questa nostra esperienza vuole essere un esplicito contributo a rendere più autentico il fluire della nostra vita quotidiana, laddove operiamo e agiamo, ma, allo stesso tempo, un’implicito invito a offrirti un cuscino quando ci verrai a trovare.

Evam me sutam (così io ho udito) I DISCORSI DEL BUDDHA

IL VENERABILE KACCAYANA ( Traduzione dal Testo Pali – SAMYUTTA NIKAYA – )

Mentre il Sublime si trovava in Savatthi, il venerabile Kaccayana venne a visitarlo e, dopo averlo salutato, si sedette al suo lato. Così seduto, egli interrogò il Sublime dicendo : “Signore, noi udiamo spesso la frase ‘retta opinione, retta opinione’. Ora che cosa è una ‘retta opinione’ ?” Questo mondo, Kaccayana, generalmente basa le sue opinioni in due cose : nella esistenza o nella non-esistenza. Ora, colui che, con retta visione interiore, vede il sorgere delle cose del mondo come realmente sono, non sostiene la non-esistenza del mondo. E colui che, con retta visione interiore, vede il tramontare delle cose del mondo come realmente sono, non sostiene l’esistenza del mondo. Afferrato a schemi fissi, imprigionato dai dogmi è il mondo nella sua maggiore parte o Kaccayana. E l’uomo che non va dietro a questi schemi abbarbicanti, a queste idee fisse puramente mentali, a queste inclinazioni dogmatiche, che non si afferra a queste,che non si irrigidisce su queste, che pensa : “Questa non è la mia anima. Questo che sorge è soltanto sofferenza, quello che scompare è soltanto sofferenza”., quest’uomo non dubita e non è perplesso. La sua conoscenza interna è sua propria e non meramente quella di altri. Questi, o Kaccayana, è colui che ha retta opinione. Ogni cosa esiste : – questo è un estremo. Niente esiste : – questo è l’altro estremo. Non approssimandosi ad alcuno di questi estremi, il Tathagata vi insegna la dottrina della Via di Mezzo. Condizionate dalla ignoranza appaiono le attività volitive ; condizionate da queste attività appare la coscienza, condizionata dalla coscienza è il nome e la forma, condizionati dal nome e dalla forma sono i sensi, condizionato dai sensi è il contatto, condizionata dal contatto è la sensazione, condizionato dalla sensazione è il desiderio, condizionato dal desiderio è l’attaccamento, condizionato dall’attaccamento è il divenire, condizionata dal divenire è la nascita, condizionate dalla nascita sono la vecchiaia, morte, l’afflizione, il lamento, la sofferenza, il dolore e la disperazione. Così è il sorgere di questa intera massa di mali. Ma dal completo svanire e cessare dell’ignoranza, le attività volitive cessano, cessa la coscienza di esse, cessano i nomi e le forme, cessano i sensi, cessa il contatto, cessano le sensazioni, cessano i desideri, cessano gli attaccamenti, cessa il divenire, cessano le nascite, cessa la vecchiaia, la morte, la sofferenza, il dolore e la disperazione. Così viene a cessare tutta questa intera massa di mali.

Il caos e la meraviglia. (Charlotte Joko Beck)

Nei colloqui con gli studenti sento molte risposte al perché fanno pratica seduta: “Desidero conoscermi meglio”,”Desidero una vita più equilibrata”,”Voglio una salute migliore”,”Voglio conoscere l’universo”,”Voglio sapere cos’è la vita”,”Soffro di solitudine”,”Ho bisogno di un rapporto”,”Spero che i miei rapporti migliorino”. Queste e altre motivazioni, con variazioni infinite. Sono tutte assolutamente ottime, non c’è niente di sbagliato. Ma, se pensiamo che la pratica seduta serva a realizzare questi obiettivi, non capiamo che cosa stiamo facendo. Certo, dobbiamo cominciare dal conoscere noi stessi, le nostre emozioni e come lavorano. Dobbiamo capire il rapporto tra le emozioni e la salute fisica. Dobbiamo vedere la mancanza di equilibrio e tutto ciò che implica. La pratica seduta tocca ogni aspetto della vita, ma se dimentichiamo una cosa abbiamo dimenticato tutto. Senza di essa, il resto non funziona. E’ difficile darle un nome. Potremmo chiamarla meraviglia. Se dimentichiamo la meraviglia di tutto ciò che incontriamo, siamo nei guai, la nostra vita non va. E’ vero che, con la pratica, siamo più in contatto con le cose di cui ho parlato: emozioni, tensione, salute, e con altri fattori ancora. Finchè non sapremo stabilire questo collegamento, la meraviglia non apparirà. Il contatto dev’essere totale, ma solo se non ci agitiamo per tutti quei fattori vedremo la meraviglia. Se ad esempio sono in compagnia di una persona che mi irrita soltanto, ho perso la sua meraviglia. Un altro esempio è la meraviglia di un lavoro che non voglio fare. Ieri ho deciso di pulire l’armadietto sotto l’acquaio. E’ un lavoro che tendo a dimenticare, ma anche lì c’era meraviglia: meraviglia della sporcizia e di tutte le cose che ho trovato. La meraviglia non è separata, distinta da ciò che facciamo. Pensiamo alla meraviglia come a uno stato estatico, e può effettivamente esserlo. Attraversare le Montagne Rocciose, volare sul Gran Canyon: questi paesaggi sono così spettacolari che per un attimo ne cogliamo la meraviglia. Sono esperienze con una forte dimensione emotiva. Ma la meraviglia non è solo emotiva, né possiamo trascorrere tutto il tempo in questi stati. Potremmo immaginare che la meraviglia sia presente solo in professioni particolari. “Forse per gli artisti o per i musicisti è facile vedere la meraviglia. Ma io sono un contabile, dov’è la meraviglia in questo ?”. Anche se artisti e musicisti incontrano la meraviglia nel loro campo specifico, forse non la vedono nel resto. Potrebbe sembrare che fisici e scienziati siano lontani dalla meraviglia della vita. Ho frequentato parecchi fisici e ho scoperto che per loro è molto importante trovare soluzioni che siano eleganti. E’ strano che una parola simile salti su tra calcoli matematici e computer. Una volta chiesi a un fisico perché la usava, e mi rispose: “Per essere buona, una soluzione deve essere elegante”. Insistetti chiedendogli che cosa intendeva, e disse che eleganza significa denudare una cosa fino all’essenza, lasciando da parte le cose inutili. C’è meraviglia in questo. Non sempre la soluzione è vera, e i fisici la accettano in teoria. In un certo senso, nessuna formula è vera. Così come non c’è niente di ‘vero’ per quanto riguarda i rapporti. Ma un rapporto, in questo preciso momento, può essere meraviglia. Se non lo capiamo, non abbiamo capito la pratica. La pratica non è soltanto essere personalità equilibrate, sane o buone, anche se tutto ciò fa parte della pratica. La pratica è la meraviglia. Se volete sottoporre la vostra pratica a una riprova, la prossima volta che la vita vi presenta qualcosa che non vorreste affrontare, chiedetevi: “Dov’è la meraviglia in ciò ?”. Ecco cosa cresce con la pratica: sviluppiamo la capacità di vedere la meraviglia della vita indipendentemente dalla cosa, e senza badare al fatto che ci piaccia o non ci piaccia. Guardando un rapporto in quest’ottica, potremmo dire: “Ti amo per come sei e ti amo per come non sei”. Invece di andare a caccia di difetti: “Parli troppo. Parli troppo poco. Lasci i vestiti in giro. Non pulisci mai il piano della cucina. Mi critichi sempre”, ecco che sorge la meraviglia. “Ti amo per come sei e ti amo per come non sei”. Come sappiamo se la nostra è una vera pratica ? Da una cosa sola: che vediamo sempre di più semplicemente meraviglia. Che cos’è la meraviglia ? Non lo so. Non possiamo definirla con il pensiero. Ma la riconosciamo sempre quando è presente. A volte non vedo per nulla la meraviglia, anche se ci riesco molto meglio di cinque anni fa. Una pratica vera ci porta lungo un continuum verso una consapevolezza sempre maggiore della meraviglia. Non intendo uno stato di beatitudine: può essere semplicemente la meraviglia di incontrare una persona che non ci piace. “Che meraviglia, è semplicemente così com’è !” Possiamo vederla anche in una persona gravemente ammalata , che può avere una tale presenza da illuminare tutto lo spazio circostante. Vivendo la vostra giornata, i problemi e le piccole irritazioni, chiedetevi: “Dov’è la meraviglia ?”. E’ sempre lì. La meraviglia è la natura della vita. Se non la sentiamo, continuiamo tranquillamente nella nostra pratica; non possiamo costringerci a sentirla. Possiamo soltanto lavorare agli ostacoli. L’ostacolo è creato da noi, e non da qualcosa che ci è successo. Anche quello fa parte della meraviglia. Se capite di cosa sto parlando, bene. Se non lo capite, bene lo stesso. Entrambe le cose sono parte della meraviglia: sapere o non sapere, un modo o l’altro, è tutto perfetto. (tratto dal libro “Niente di speciale” di Charlotte Joko Beck – Ubaldini Editore)

Il consiglio direttivo informa

Il consiglio direttivo della Pagoda per l’anno 1999 è formato da: -Bezzi Luciano nato il 17/01/1954 a Castelli Calepio (Bergamo) e residente a Podere Nudde,17 Castelfocognano (Arezzo) -Cavagnero Paolo nato il 18/12/1936 a Torino e residente in Via Setteponti,25 Castiglion Fibocchi (Arezzo) -Foglini Massimiliano nato il 14/08/1965 ad Arezzo e residente in Località Ponte alla Chiassa,465 (Arezzo) -Rustici Luca nato il 21/01/1971 ad Arezzo e residente in Via Gianbologna,32 Arezzo -Savini Rodolfo nato il 13/09/1954 a Reggio Emilia e residente in Corso Matteotti,53 Anghiari (Arezzo) Tra loro sono stati eletti, come presidente RUSTICI LUCA, come vice-presidente BEZZI LUCIANO e come segretario FOGLINI MASSIMILIANO. La carica di tesoriere è stata affidata a GATTARI GIULIANA. Le quote associative per l’anno 1999 sono state fissate in: -150.000 lire per i soci sostenitori -100.000 lire per i soci ordinari -offerta libera per gli “amici della Pagoda” Il consiglio direttivo è a disposizione di chiunque voglia proporre idee, suggerire nuove iniziative, chiedere spiegazioni e informazioni sull’Associazione.

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