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Trimle apr – giu 2000 n° 2 Anno II

Anno II n°2 (aprile-maggio-giugno)

I cinque preziosi consiglio, i cinque meravigiosi inviti   di M. Foglini
Evam me suttam – I discorsi del Buddha
Il Vesak      Il teologo M. Fuss
 Il Cammino spirituale      di Marisa Paniuzzi
 

 

 

CINQUE PREZIOSI CONSIGLI,

CINQUE MERAVIGLIOSI INVITI

 

(Massimiliano Foglini)

Cinque preziosi consigli, ma anche cinque meravigliosi inviti: i precetti buddhisti. I cinque precetti buddhisti non vogliono essere delle proibizioni restrittive, ma dei consigli sui quali riflettere, degli inviti sui quali poggiare la nostra consapevolezza; indicano e salvaguardano la felicità e la libertà nostra e di tutti gli altri esseri con i quali viviamo. Il rispetto dei precetti deve essere il frutto della nostra consapevolezza, della nostra apertura di cuore; allora saremo sicuri di praticare correttamente e potremo assaporare il sapore del “Dharma”, il gusto della Verità.

Il primo prezioso consiglio che incontriamo in questo Sentiero, è quello di non uccidere e di non giustificare in alcuna maniera l’uccisione. Il relativo invito, implicito al primo precetto, è quello di prendersi cura della vita in ogni sua forma e manifestazione. Riflettendo sulla sofferenza che si crea nel distruggere la vita, possiamo aprirci alla compassione e all’amore nei confronti della vita stessa.

Il secondo prezioso consiglio è quello di non rubare, di non impossessarsi delle cose degli altri. Il secondo meraviglioso invito è quello di prendersi cura di tutte le cose, al di là della loro relativa appartenenza. Riflettendo sulla sofferenza che il furto e lo sfruttamento comporta, possiamo comprendere l’importanza della generosità e della gentilezza amorevole.

Il terzo prezioso consiglio riguarda la sessualità e il rapporto di coppia; ci dice di evitare le relazioni sessuali se non c’è un vero sentimento di amore e di un impegno verso un sincero e duraturo rapporto. L’invito è quello di fare tutto il possibile per evitare l’abuso sessuale in tutte le sue forme, cercando di proteggere tutte le persone di qualunque sesso o età, da un comportamento sessuale scorretto. Riflettendo sulla sofferenza che lo scorretto comportamento sessuale causa, possiamo comprendere l’importanza della trasparenza e dell’integrità da mantenere nei confronti di tutti i nostri rapporti.

Il quarto prezioso consiglio è quello di non mentire, di non parlare di cose delle quali non siamo sicuri, criticando e giudicando; ci indica di evitare l’uso delle parole che creano divisione, tensione e discordia. Il meraviglioso invito è quello di coltivare la parola veritiera, un linguaggio capace di riconciliare, portare gioia, felicità e conforto.

 

Il quinto e ultimo prezioso consiglio ci incoraggia a non assumere sostanze intossicanti per la salute fisica e mentale. Ci invita a comprendere il meraviglioso significato del vivere nella piena consapevolezza, sia essa di quello che mangiamo, beviamo, assumiamo, che quella dei libri che leggiamo, dei film che guardiamo, delle compagnie che frequentiamo. Ci invita a riflettere sulla possibilità di trasformazione della società, dell’ambiente nel quale viviamo, trasformando noi stessi riconoscendo l’interconnessione, l’inter-essere tra noi e tutto il resto.

Cinque preziosi consigli, cinque meravigliosi inviti da accogliere, da vivere, da testimoniare.

 

EVAM ME SUTTA

(i discorsi del Buddha)Dal Canone Pali Majjhima Nikaja.

 

Dal Canone Pali Majjhima Nikaja.

Così ho udito: Una volta il Signore Buddha si trovava nel paese dei Kuru, in una città dei Kuru chiamata Kammassadhamma. Mentre si trovava là, si rivolse ai monaci appellandoli: “O monaci”"Si, o Signore” risposero i monaci ponendosi attenti. E il Signore Buddha disse: “Vi è una sola Via o monaci per purificare gli esseri, per vincere le inquietudini e le sofferenze, per eliminare i dolori e le miserie, per entrare nel giusto Cammino e realizzare il Nibbana e questa Via consiste nelle quattro applicazioni dell’attenzione. Quali quattro?

Un monaco si applica alla contemplazione del corpo come corpo, con ardore, chiaramente consapevole e attento, così da controllare le bramosie e gli inganni causati dai sensi; si applica alla contemplazione delle sensazioni come sensazioni, con ardore, chiaramente consapevole e attento così da controllare le bramosie e gli inganni causati dai sensi; si applica a contemplare la mente come mente, con ardore, chiaramente consapevole e attento così da controllare gli attaccamenti e gli inganni derivati dai sensi; si applica a contemplare le formazioni mentali come formazioni mentali, con ardore, chiaramente consapevole e attento così da controllare gli attaccamenti e gli inganni derivati dal mondo.

E come può un monaco applicarsi a contemplare il corpo come corpo? Esso dopo essersi ritirato in una foresta, oppure ai piedi di un albero o anche in un luogo isolato, si siede con le gambe incrociate, con la schiena eretta, ponendo la sua attenzione di fronte a sé. Attento, egli inspira e attento egli espira. Se sta facendo una inspirazione lunga è consapevole: “Sto facendo una inspirazione lunga”; oppure se sta facendo una espirazione lunga è consapevole: “Sto facendo una espirazione lunga”; o anche se sta facendo una inspirazione corta è consapevole: “Sto facendo una inspirazione corta” oppure se sta facendo una espirazione corta è consapevole: “Sto facendo una espirazione corta”. Egli si allena così pensando: “Inspirerò esperimentando ogni parte del corpo e del respiro”; oppure si allena pensando: “Espirerò esperimentando ogni parte del corpo e del respiro”. O anche si allena pensando “Inspirerò tranquillizzando le attività del corpo e del respiro”; oppure si allena pensando “Espirerò tranquillizzando le attività del corpo e del respiro”.

O monaci, così come un abile tornitore o un apprendista tornitore quando fa una passata lunga pensa: “Sto facendo una passata lunga” o quando fa una passata corta pensa: “Sto facendo una passata corta”, nella stessa maniera un monaco che sta inspirando o espirando un respiro lungo o corto è consapevole di inspirare o espirare un respiro lungo o corto e si allena esperimentando inspirazione e espirazione lunga o corta su tutte le parti del corpo e del respiro tranquillizzando in tal modo le sue attività corporali.

 

IL VESAK

 

Il Vesak, nei diversi paesi buddhisti, viene naturalmente celebrato in modo anche molto differente, c’è però un elemento comune, infatti con tale festività, che forse potremmo paragonare al Natale cristiano, si celebrano i tre momenti essenziali della vita del Buddha, pertanto il Vesak rappresenta il culmine dell’anno buddhista e delle festività buddhiste. Per esempio a Sri Lanka, in un paese dunque theravada, si trova qualcosa di analogo ai nostri presepi: in occasione del Vesak infatti tutta la vita del Buddha viene raffigurata con piccole statuette. Si tratta di una festa che coinvolge tutto il popolo, cioè non solo i monaci o i praticanti, ma anche i bambini che preparano queste statuette.

Nei paesi mahayana, come per esempio la Corea, abbiamo invece delle grandi festività legate alla luce, poiché viene celebrato il mistero della vita del Buddha che ha illuminato tutto il mondo con la sua dottrina. I tre momenti essenziali sono la nascita del Buddha, la sua illuminazione e il suo trapasso, la sua morte. E queste tre fasi rappresentano il processo del risveglio dell’uomo che alla fine realizza quello che si chiama il nirvana, cioè uno stato al di fuori di spazio e tempo che sarebbe proprio l’equivalente della Salvezza. Quindi il Vesak contiene in sé tutti gli aspetti essenziali della salvezza buddhista.

Ovviamente nei paesi buddhisti non c’è la primavera in questo periodo, ma comunque è evidente che la festa del Vesak si inserisce nel ritmo della natura, è cioè una festa di tutto il Cosmo o, diciamo, della nuova vita che è una vita non solo biologica ma anche spirituale.

In un certo senso è anche una festa di purificazione, come per noi che, nella nostra cultura cristiana, abbiamo nel periodo della primavera le feste pasquali, che esprimono la purificazione dell’uomo, cioè la morte dell’uomo vecchio e la rinascita dell’uomo spirituale.

Ritengo che sia una cosa molto importante presentare in occasione di questo Vesak il buddhismo al pubblico cristiano italiano. Da alcuni anni regolarmente per la festa del Vesak viene pubblicato un messaggio da parte del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, cioè anche il mondo cristiano e in particolare il mondo cattolico adesso si interessa del Vesak e offre i suoi auguri alla comunità buddhista in questa occasione. Quindi è secondo me molto importante presentare il buddhismo ma anche il dialogo tra buddhismo e cristianesimo al pubblico italiano e questo non solo a livello accademico, per un puro scambio dottrinale, ma anche con le celebrazioni, invitando la popolazione a concelebrare i riti del Vesak.

(Estratto da un’intervista di Dario Girolami al Rev. Michael Fuss pubblicata nel n° 15 di “Occidente Buddhista”).

 

(Rev. Michael Fuss, teologo) IL VESAK ALLA PAGODA

 

 

Come è ormai consuetudine da alcuni anni anche alla Pagoda di Pieve a Socana (primo tempio buddhista costruito in Italia), si festeggia la più caratteristica delle festività buddhiste: il Vesak, ovvero il ricordo della Nascita, dell’Illuminazione e del Parinirvana del Buddha. I templi a Lui dedicati si riempiono di fiori, si illuminano di lanterne colorate costruite con carta e bambù, l’aria si riempie di gioia e di incensi profumati.

Ogni Paese ha le sue tradizioni, la propria maniera di festeggiare e ricordare quel principe indiano nato nei pressi di Kapilavastu (Nepal) più di 2500 anni fa. Ed anche nella piccola Pagoda di Pieve a Socana, DOMENICA 28 MAGGIO si celebrerà la festa del Buddha.

La manifestazione, organizzata dall’Associazione Culturale “La Pagoda” in collaborazione con la comunità dello Sri Lanka presente ad Arezzo, avrà inizio nella mattinata di domenica alle ore 10.00 circa con i preparativi delle tradizionali lanterne, proseguendo poi con l’offerta del cibo ai monaci e poi il pranzo per tutti gli intervenuti alle 13.00 circa, a base di piatti tipici della cucina singalese.

Nel pomeriggio, dopo una breve introduzione sul significato di questa manifestazione, il Venerabile A WANSANANDA, del SAMADHI VIHARAYA di Firenze, monaco della comunità dello Sri Lanka, officerà una Cerimonia per l’occasione seguita da una meditazione. Al termine verrà offerto un buffet a base di piatti tipici singalesi e prodotti locali.

La serata proseguirà con l’accensione delle lanterne e festeggiamenti vari.

La partecipazione è aperta a tutti; per avere ulteriori informazioni sulla manifestazione del Vesak e sulle varie attività dell’Associazione Culturale “La Pagoda” puoi telefonare a Massimiliano 0575-36.26.77, oppure a Marta 0575/47.77.68.

IL CAMMINO SPIRITUALE

(di Marisa Paniuzzi)

 

(di Marisa Paniuzzi)

 

Tanti uomini e donne, oggi più di ieri, si mettono in cammino per un viaggio spirituale che li porti a contemplare il Volto, la Luce, l’Amore. E’ dal deserto della nostra esistenza, dal nulla di una vita vissuta nella frenesia della corsa quotidiana, del guadagno e del consumo insensato, che oggi partiamo per questo viaggio. Ci muoviamo come tanti pellegrini in cerca di un luogo di riposo in cui si possa dare voce al richiamo del nostro cuore. Ricerchiamo questi spazi privilegiati presso i conventi, gli eremi, le parrocchie, le case dei fratelli laici impegnati nella ricerca dell’Assoluto. Abbiamo bisogno di ritrovare noi stessi, la nostra realtà profonda, quel suono che nel silenzio assoluto vibra in noi e si lancia come freccia verso l’alto, verso l’Esistente. In questo lungo e faticoso peregrinare è grazia grande e stupore quando incontriamo altri compagni di viaggio e con essi condividiamo l’amicizia spirituale e il silenzio, qualunque sia la fede o la religione a cui essi appartengano.

Alla stessa maniera anch’io ho iniziato il mio cammino nella ricerca di un luogo e di compagni con cui condividere spazi e tempi di meditazione silenziosa. Ho partecipato a vari ritiri per poter approfondire la conoscenza di me stessa, per poter cominciare a vivere ed accogliere con amore la realtà della mia vita di ogni giorno, senza giudicarla, o peggio ancora, sublimarla in una realtà inesistente; ora, a cinquant’anni, posso dire che, attraverso la meditazione, forse ho iniziato veramente a vivere. Il mio tempo è ritmato dai momenti di pratica giornaliera: al mattino e alla sera entro nella mia camera e, chiusa la porta, prego il Padre in segreto (Matteo 6,6) e, qui nel silenzio, sono a contatto con la vera me stessa, con il mio desiderio di fare silenzio, col ronzare quasi incessante dei pensieri, con la consapevolezza della realtà in cui sono inserita, accogliendo come grazia tutto ciò che la vita ogni giorno mi regala. Ho anche bisogno del confronto e della condivisione con una comunità di fratelli e sorelle che praticano la meditazione, e la mia ricerca mi ha portato a Firenze, presso il Centro di Meditazione Cristiana di San Miniato a Monte. Qui ho imparato la pratica semplice e povera della ripetizione di una parola di preghiera o mantra, fatta mentalmente nel silenzio e fedelmente per tutto il tempo che dura la meditazione, pratica che risale alla tradizione dei monaci del deserto. Ogni sabato pomeriggio, a casa mia, prima della Lectio Divina, vengono alcuni amici a meditare, ascoltare una lettura cristiana sulla meditazione e a condividere l’esperienza stessa della meditazione. Il primo sabato di ogni mese vengono a condividere questa pratica anche amici buddhisti che frequentano la piccola comunità ecumenico-buddhista della Pagoda di Pieve a Socana (in Casentino), che è un piccolo tempio buddhista costruito all’inizio degli anni settanta, il primo costruito in Italia. Ogni terza domenica del mese, per contraccambiare, io e alcuni amici del piccolo gruppo di meditazione, saliamo alla Pagoda a meditare, e condividere l’amicizia. Ascoltare, domandare, cercare di comprendere e condividere, ci portano all’accoglienza e al rispetto reciproco, alla comprensione della verità per divenire persone libere in cammino sulla via della pace. Con alcuni di loro, ci ritroviamo, poi, ogni mercoledì mattina alle ore sette presso una parrocchia nella periferia di Arezzo, per un’ora di meditazione silenziosa. Il parroco, Don Sandro, ha creato un piccolo eremo molto semplice: una moquette per terra, un’icona, una luce, un evangelo aperto davanti all’icona, l’incenso, qualche cuscino e qualche panchetto di legno. Il tutto ricavato ai piedi del campanile: una piccola stanza di cinque metri per tre a nostra disposizione (uno di noi ha pure la chiave). Don Sandro medita assieme a noi, condividendo sempre un pensiero o una piccola riflessione comunitaria. Quando il silenzio scende e ci avvolge non esistono più né barriere né divisioni e, l’udire i rumori della città che si sveglia per l’affanno di ogni giorno, fa sì che noi siamo lì con ogni uomo che va, condividendone sofferenze, fatiche e speranze.

Al martedì sera, presso il costituendo Centro Giovanile di Arezzo, nei locali offerti dalla Caritas Diocesana, ci ritroviamo con alcuni amici, di diverse tradizioni religiose, cristiane e non, per meditare. Qui è tutto in divenire: la stessa stanza che usiamo per la meditazione, durante il giorno viene usata come doposcuola per i ragazzi che frequentano il Centro, in attesa di avere una stanza per noi. Qui non esistono e non esisteranno immagini per rispetto a ciascuna delle persone che vengono a meditare: solo una luce accesa e l’incenso. E’ prevista anche una piccola biblioteca fornita di libri di spiritualità delle diverse tradizioni religiose. Sarà un luogo di silenzio pronto ad accogliere ogni persona che vorrà salire le scale e ritirarsi per un momento di pausa dal chiasso della vita cittadina. L’aula di meditazione è stata fermamente voluta da colui che coordina il Centro, Pier Luigi, e avrà la sua vita accanto ad altre sale delle varie attività per i giovani che frequentano il Centro. Dice Pier Luigi: “E’ bello pensare che qui non c’è nulla di finito e costituito; ma la preghiera sì, quella c’è già, e questo mi dà tanta gioia e speranza”. L’importanza di esserci, anche se tutto è da costruire, è l’inizio della comunità che adora, e diviene il luogo e il tempio.

(Articolo pubblicato anche nella rivista “MONTESENARIO”)

 

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