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Trimle ott – dic 2001 n° 4 Anno III

Uniti per i diritti degli oppressi (Tae Hye Sunim e Hsing Wu)

Nevrosi e consapevolezza (Filippo Giovenco)

I discorsi del Buddha (Capitolo delle sei sedi)

Alì Freddy Bolag: un Sufi alla Pagoda (Gemma Donati) 

 

Uniti per i diritti degli oppressi

(Tae hye e Hsing Wu)

Venerdì 20 luglio alle ore 9,00 tutte le chiese a Genova hanno suonato le campane. Nel santuario di Sant’Antonio di Boccadasse due-trecento persone di diverse religioni e di diverse razze cominciavano due giorni di preghiera e meditazione, volendo così sollecitare i capi degli stati G8 a cancellare i debiti degli stati poveri. Con l’iniziativa dell’energica Suor Patrizia molti volontari avevano organizzato questo evento con gioia e entusiasmo. E nello spirito con loro erano anche le suore di clausura, che ci hanno ospitato. Noi due monaci abbiamo partecipato alla veglia con un piccolo gruppo di buddhisti.

Facevamo digiuno per ricordare gli 800 milioni di uomini che hanno fame ogni giorno. La convocazione al digiuno è stata fatta al molo con tamburi e altri strumenti tipici dei cinque continenti. I nostri strumenti buddhisti rappresentavano l’Asia. Davanti all’altare della chiesa c’era un enorme quadro cileno di Cristo campesino, un contadino inchiodato su una croce fatta da un forcone e una vanga, simbolo di tutti i poveri e oppressi del mondo. Fuori della chiesa i cartelli ricordavano: “silenzio”.

I rappresentanti di diversi gruppi religiosi guidavano preghiere, meditazioni e canti a turno. Dopo i tamburi delle suore africane e la testimonianza registrata di Padre Zanotelli siamo intervenuti noi monaci buddhisti. Nel nostro discorso è stato detto: “…La felicità e l’infelicità degli esseri viventi non dipendono solo dai potenti, ma anche da noi, perché noi facciamo parte del mondo. Il nostro modo di vivere e consumare ha influenze sugli altri. Noi chiediamo a coloro che hanno il potere politico di creare più giustizia economica, ma simultaneamente dobbiamo riflettere sul nostro stile di vita.

Il volantino invita a riflettere su cosa mangiamo, cosa compriamo e cosa sprechiamo. Sulla povertà c’è un aspetto che tanta genta non ha pensato: rispettare la vita degli animali e mangiare meno carne e più vegetali. E’ stato calcolato che se gli abitanti dei paesi ricchi mangiassero molta meno carne, solo metà di quella che usano attualmente, la fame nei paesi poveri potrebbe essere eliminata, perché con le stesse risorse, spazi e energie che adesso si usano per allevare animali si produrrebbe una quantità enorme di cereali, verdure, frutta e soya, e l’inquinamento verrebbe molto diminuito. Oltre ai poveri, anche gli animali sono oppressi nel mondo. Essere vegetariani comunque non è solo per il bene degli animali. Se la maggioranza della gente cambiasse alimentazione si potrebbe creare una nuova economia, basata sui principi umani e ecologici.

Dobbiamo vedere il mondo nella sua totalità, come un insieme di esseri umani, animali, piante e minerali. Questo è il significato della meditazione. Nella meditazione la nostra mente è silenziosa e attenta. Con la chiarezza mentale impariamo a guardare le cosa così come sono e dimentichiamo il nostro limitato ego che ostacola la visione obiettiva. In breve si può dire che la meditazione è liberarsi dall’egoismo e vivere in armonia con il mondo…”

Dopo il discorso abbiamo cantato “Amitàbha”, con l’intenzione di irradiare un’energia di comprensione sia agli otto potenti che a tutti quelli che erano a Genova per protestare. Alla recitazione è seguita la meditazione silenziosa per mezz’ora. Nella chiesa si sentiva vera pace e silenzio profondo, mentre in città stavano cominciando avvenimenti violenti che sarebbero poi sfociati nella morte del giovane ragazzo. Sembrava che il messaggio di giustizia e solidarietà annegasse nel fumo dei lacrimogeni e incendi.

Nel pomeriggio circa mille anarchici sono passati davanti alla chiesa. I frati e lesuore hanno parlato con questi giovani ribelli offrendo loro acqua e ramoscelli d’ulivo. Hanno rispettato la nostra veglia, ma tra loro c’erano anche alcune “tute nere” che poi, girato l’angolo, hanno distrutto le vetrine di una banca. Nella chiesa il coro cantava il “Kyrie eleison” e fuori noi sedevamo in meditazione contemplando le onde e gli scogli del Mare di Boccadasse. Il programma continuava con interventi dei musulmani, della Comunità Meditazione Cristiana e altri gruppi. Nel giorno della devastazione il Santuario era l’oasi di quiete e di pace.

Sabato 21 era la giornata della grande dimostrazione con più di 2000.000 partecipanti. Doveva essere una manifestazione pacifica e gioiosa, ma è stata gravemente disturbata dagli scontri degli estremisti e anche i manifestanti pacifici scappavano dal lancio dei lacrimogeni. Alla fine comunque il corteo si è concluso regolarmente con una festa a Piazza Ferraris. Noi due eravamo già ritornati al nostro tempio e sabato notte abbiamo celebrato una cerimonia della compassione universale sul lungomare di Lerici.

A Genova abbiamo provato un forte sentimento. Così tanta gente che pensa, che si mobilita e che vuole cambiare qualcosa! Tutto ciò che è successo ci fa riflettere su molte cose: le ingiustizie enormi del mondo, la violenza del potere, le possibilità di migliorare la società con i metodi gandhiani, il buddhismo meditativo e quello impegnato, il dialogo interreligioso… Ci siamo resi conto che in occasione di eventi come quello del G8 a Genova portare la voce del Buddhadharma è importante. Il Buddhadharma può contribuire a illuminare e risolvere i problemi degli esseri viventi. Non dovremmo isolarci e cercare solo una personale e comoda pace.

La vita contemplativa dei monaci e l’attività sociale non sono due cose incompatibili. Coltivare la mente è vivere con quelli che soffrono, ed è proprio questa la base di incontro interreligioso efficace. Invece di organizzare conferenze teologiche, scervellandosi se Nirvàna e Dio siano la stessa cosa, i buddhisti potrebbero maggiormente collaborare con cristiani, bahai, indù, ecc. nell’attività concreta per la pace, la giustizia, la protezione dell’ambiente, non dimenticandosi dei diritti dei nostri fratelli animali.

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 Nevrosi e consapevolezza

(Filippo Giovenco)

 Sofferenza, dolore. La vita è sofferenza, il mondo è dolore. Malattie, disgrazie, vecchiaia, morte. E non soltanto sofferenza del corpo ma anche e soprattutto sofferenza dell’anima; non soltanto sofferenza che attanaglia gli adulti, gli anziani, i malati, i vecchi, ma sofferenza che si impossessa e a volte travolge i giovani: non accettazione di sé, esigenze insoddisfatte, incertezza del domani, insicurezza, non accettazione degli altri, delusioni, risentimenti, rancori, odio, violenza, mancanza di affetti sinceri e duraturi, assenza di ideali. Il mondo è dukkha (insoddisfacente, inadeguato) e la causa della sofferenza è thana (la sete, il desiderio).

 

Viviamo in un era in cui la brama, il desiderio di essere questo o quello e di avere viene esaltato come un valore. Viviamo in una società di esasperati individualismi, di sfrenati egoismi. Un’era in cui l’IO domina l’umanità e vanifica le possibilità di realizzare rapporti veramente umani. La società di massa, la società delle multinazionali e dei consumi ha paradossalmente gonfiato l’IO, perché è ad esso che si rivolge per lanciare i suoi messaggi, per vendere i suoi prodotti; il bombardamento psicologico perpretato dal mondo degli affari, dai mass media, dalla pubblicità sempre più martellante non fanno che insistere sul valore assoluto dell’IO: “…perché IO valgo!”, “IO sono importante!”, “E’ MIO…!!!”, “Mi piace, lo voglio!”. “Lo voglio” chiude il discorso. E’ categorico. Non si dubita sul fine, che va comunque raggiunto. Il risultato è scontato, è fuori discussione. I mezzi sono soltanto mezzi, non sono rilevanti. Ogni mezzo diventa lecito se il fine dev’essere comunque raggiunto.

Non c’è allora da meravigliarsi se gli egoismi prevaricano: se si mente, se si ruba, se si aggredisce, si stupra, si uccide. Non c’è da meravigliarsi se la violenza si scatena: se si fabbricano armi, se si provocano guerre, se si lasciano morire di fame intere popolazioni, se non si curano le malattie di milioni di diseredati e di disperati, se si fa scempio della natura, se si saccheggiano le risorse naturali. Viviamo ormai in una società nevrotica, dove ognuno arraffa quello che può, dove per ottenere un piccolo vantaggio si provocano danni incalcolabili. Tutti siamo travolti in un turbine che ci trascina e ci toglie lucidità e consapevolezza. I “mostri” che uccidono i genitori, che sparano sui compagni di scuola o di giochi, i mariti che uccidono moglie e figli, i pedofili che abusano dei bambini, i maniaci sessuali che accoltellano le prostitute (e purtroppo la lista potrebbe continuare per molto ancora) sono il prodotto di questa società. in realtà sono gli anelli più deboli di una società impazzita. In una società nevrotica, in una situazione di stress permanente e crescente non c’è da meravigliarsi se gli nidividui psichicamente più fragili sono quelli che crollano per primi, che soccombono, procurando a sé e agli altri interminabili e terribili sofferenze. Perché, diciamocelo pure, tutti siamo un po’ “schizzati” (è una parola di moda, spesso detta con un tono quasi vezzoso), ma il passo dalla nevrosi alla psicoso può essere molto breve, specialmente quando si instaurano cause improvvise e violente che scatenano una furia imprevedibile e inaudita.

Purtroppo non pare che il livello di stress e di nevrosi della nostra società sia destinato a scemare e allora…? E’ prevedibile che questi casi di “follia” siano destinati ad aumentare nel tempo. Quanto più aumenterà lo stress psicologico, quanto più si abbasserà la soglia di resistenza dei singoli individui, tanto più si moltiplicheranno improvvisi e imprevedibili i “mostri”. Ognuno di noi è potenzialmente un “mostro”, tutto dipende dalle circostanze e dalla capacità individuale di resistere alle sollecitazioni che ci provengono dalla società in cui viviamo. A meno che… non siamo noi stessi a prendere consapevolezza della situazione ed a gestirla con saggezza e illuminazione.

Il buddhismo, come filosofia esoterica, ha trovato una soluzione e la propone a tutti gli uomini, indipendentemente dal loro credo religioso, dalla loro appartenenza ad etnie o ceti sociali.

La nostra vita è piena di problemi, più o meno gravi, momentanei o di lunga durata, di più facile o difficile soluzione. Per alcuni basta un piccolo sforzo, per altri si richiede un impegno maggiore, altri ancora necessitano di tutto il loro impegno. Problemi individuali, familiari, economici e via dicendo. In una società consumistica, come quella in cui viviamo, molte difficoltà sono di tipo materiale, economico. Per eliminare questo tipo di difficoltà ci sono due possibilità: la prima è cercare di ottenere con tutti i mezzi possibili ciò di cui si ha bisogno, anche a costo di provocare sofferenza agli altri. Ma poiché, comunque, in molti casi non sarà possibile farlo, questo comportamento si ritorcerà contro il suo stesso autore procurandogli maggiore infelicità. La seconda è accettare attivamente i limiti oggettivi che la realtà ci pone, accontentarsi ad essere appagati con ciò che già si ha o si può avere pacificamente.

Chi segue la via del Buddha scegli questa seconda strada. Sviluppa la consapevolezza che non è possibile soddisfare tutti i bisogni e tutti i desideri, neppure con molto impegno. Pertanto è più saggio impegnare la nostra energia per procurarci quanto ci è indispensabile, evitando di sprecarla per ottenere cosa superflue. Riguardo a ciò che è “indispensabile” soltanto la consapevolezza e il distacco, frutto di una pratica costante, possono esserci guida sicura.

Altri problemi possono riguardare la salute, i rapporti sociali (incomprensione tra i coniugi, tra genitori e figli, difficolta di relazioni nel mondo del lavoro o nei confronti di amici o degli “altri” in genere). In questi casi non sempre è facile trovare la soluzione adeguata o perché la situazione è immodificabile, come nel caso di alcune gravi malattie, o perché essa non dipende soltanto da noi ed è determinata anche dall’interazione con altre persone (come nel caso di un rapporto di coppia che si spezza).

Spesso l’unica soluzione è nell’affrontare la realtà con spirito di tolleranza e di consapevolezza. La natura del corpo umano è decadere, invecchiare e morire. Ciò nonostante, anche se il corpo viene ferito in un incidente o da un nemico o se si indebolisce per malattia o vecchiaia, la mente può rimanere chiara; anche in mezzo al dolore la mente può essere in pace.

Occorre ricordare l’insegnamento del Buddha e cioè che “tutte le cose esistenti, per il fatto che sono prodotte, sono impermanenti”, quindi anche il nostro corpo fisico, anche la malattia, anche i rapporti sociali (gli amori, le amicizie, le conoscenze).

Quel che conta non è la sofferenza, ma il modo in cui noi ci rapportiamo ad essa, perché è questo modo che produce karma. Noi assumeremo un’altra forma che dipenderà dal karma che abbiamo creato e adesso, in questa vita, con questo corpo creiamo le “cause specifiche” per una nuova forma, migliore se accumuliamo buon karma.

 

I discorsi del Buddha

(Estratto dal “Capitolo delle sei sedi” del Samyutta Nikàya)

Sei sono, o bhikkhu, le sedi di contatto;

chi non le controlla incorre nel dolore;

quelli che invece hanno realizzato il controllo di esse

dimorano nella fede e liberi da brame.

Vedendo forme affascinanti

e vedendone di repellenti

si rimuova la passione per quel ch’è affascinante

e non contamini la mente quel ch’è spiacevole.

Udendo un suono gradevole e uno sgradevole

non ci si infatui per il suono gradevole

e non si nutra avversione per quello sgradevole,

non contamini quest’ultimo la mente.

Sentendo un odore fragrante, allettante

e un odore impuro e disgustoso

non si abbia ripugnanza per quello disgustoso

e non si indulga al desiderio per quello gradevole.

Gustando un sapore dolce e gradito

ed uno sgradito

si gusti con distacco il sapore gradito

e non si nutra avversione per quello disgustoso.

Non ci si inebri per un contatto piacevole

e non ci si lasci scuotere da un contatto spiacevole;

equanimi in entrambi i contatti, piacevole e spiacevole,

senza propensioni si rimanga liberi da entrambi.

A questa e a quella ossessione gli uomini soggiacciono

consapevolmente ossessionati;

ma chi ha rimosso tutto quel ch’è illusorio e mondano

orienta la sua condotta verso la condizione di purezza.

Così, quando la mente è ben coltivata in rapporto alle sei sedi

l’animo di chi ha un contatto non vacilla comunque.

Quei bhikkhu che hanno soggiogato brama e avversione

sono andati oltre la nascita e la morte.

 

Un Sufi alla Pagoda

(Gemma Donati)

Domenica 9 settembre, la Pagoda conforme al suo programma di una maggior conoscenza delle altre religioni, ha invitato lo sceicco Alì Freddy Bolag, Sufi, per una giornata di insegnamento e di approfondimento di questo importante cammino spirituale.

Lo sceicco, di origine svizzera, nato di fede ebraica, è da quarant’anni un seguace di HampateBa, grande maestro, ora morto, del Sufismo africano.

Lo sceicco è venuto con la moglie per una visita ad Assisi, e ha prolungato il suo soggiorno italiano appositamente per restare tre giorni alla Pagoda, incontrare il gruppo e dare alcuni insegnamenti di base. Tutti noi infatti gli siamo stati particolarmente grati, per averci introdotti a questo ramo dell’Islam, conosciuto poco nel nostro ambiente.

Il Sufismo, dalla parola “suf” (lana) è lo sviluppo mistico dell’Islam e come tale forse la parte più accessibile anche a chi non è di fede mussulmana.

Il movimento del Sufismo infatti, iniziato dall’inizio del 700 originariamente in Persia, Afghanistan e Turchia, afferma la possibilità di una conoscenza di Dio diretta, da cuore a cuore basata più sull’amore divino che su elementi dottrinali, e grazie ad intermediari. Per quanto i Sufi siano devoti seguaci di Maometto e considerino il Corano il libro sacro di indiscutibile Verità, essi si sono sempre un po’ distinti per l’atteggiamento personale e diretto nei riguardi di Dio. E’ questo che li ha resi a volte di non completa accettazione da parte di altre scuole islamiche, più rigorosamente ortodosse.

Lo sceicco ha iniziato la giornata di domenica, alla quale hanno partecipato più di venti persone, con un insegnamento sul nome di Allah, connsiderato sia dal punto di vista numerologico, che grafico. Questo insegnamento ha messo in evidenza più di una cosa comune sia con la numerologia cabalistica e l’apocalisse, che con i mantra Indù (per esempio la OM), e anche con alcuni aspetti dell’insegnamento buddhista.

Dopo l’insegnamento teorico, lo sceicco ha guidato un dhikr, o ripetizione del nome di Allah, che tutti abbiamo seguito con molta intensità. Il dhikr, che è durato circa una quindicina di minuti, ci ha veramente trasportati tutti in un onda di unità, che ognuno di noi ha tangibilmente sentito.

Dopo un pranzo al sacco, ma molto “lussuoso” grazie alla generosità e all’abilità culinaria di tutti i partecipanti, l’insegnamento è ripreso nel pomeriggio.

Questa volta lo sceicco ci ha illustrato il modo di meditare secondo il metodo Indù praticato da Baba-ji, grande santo induista morto pochi anni fa in India e dallo sceicco incontrato quando era vivo.

Il metodo di Baba-ji è il pranayama indiano, dal quale deriva la meditazionevipassana buddhista. Tutti abbiamo meditato in silenzio con l’attenzione rivolta al respiro e alla colonna dorsale.

Tutto ciò ci ha notevolmente arricchiti su aspetti di altre religioni e metodi meditativi che non conoscevamo, e nello stesso tempo ha ancora una volta messo in evidenza i punti in comune tra i vari cammini religiosi, fermo restando che le differenze dottrinali esistono, e sono a volte veramente inconciliabili. Ciò nonostante l’impressione che è rimasta in ognuno di noi, a giudicare dall’interesse genuino da tutti dimostrato, dalla soddisfazione sincera sui nostri volti e dalla pace che si è sviluppata nei nostri cuor, è che se le dottrine nascono nel nostro cervello, e quindi sono tutte diverse perché come dicevano i Romani “tante teste, altrettante conclusioni”, la pratica meditativa e la preghiera agiscono direttamente sul cuore, ed è qui che possiamo ritrovare la radice comune della nostra umanità più profonda e più vera!

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