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Ajahn Mahapanyo L’acqua scorre immobile – riflessionim

L’acqua scorre immobile

Riflessioni suggerite dall’intensivo del 8 dicembre 2013 guidato da Ajahn Mahapanyo al Centro Anahata di Capolona

Come può la pratica buddhista fare i conti con questi due aspetti contraddittori. L’interpretazione più semplice è chiara e immediata: come può una cosa avere un aspetto e al contempo quello opposto.  Questo modo di rapportarsi all’esperienza è proprio di quella mente razionale che esamina, valuta, decide  e sceglie. A me sembra che questa sia un’ottima dimensione con cui rapportarci all’ambiente, in senso più ampio. Chi di noi se ha sete preferisce ingoiare una pietra al posto di assaporare un bicchiere d’acqua?

Eppure le considerazioni di Ajahn Mahapanyo mi portano a “vedere” più aspetti che sembrano contraddittori se presi uno per uno. La razionalità ha una sua funzionalità come si è detto, ma accanto a questa dimensione ci possiamo rapportare alla realtà “di pancia”. Questa “visione” fa riferimento al nostro atteggiamento reattivo e impulsivo, diciamo ancestrale, una dimensione in cui la razionalità non è ancora comparsa. E’ lo spazio in cui le emozioni non sono ancora codificate, sono solo un grumo pronto ad espandersi e a contrarsi. Eppoi ci possiamo rapportare a noi stessi, agli altri e allo spazio “di cuore” dimensione da cui scaturisce la capacità di accogliere e respingere, la nostalgia e il rammarico, la gioia e la tristezza.

Non entriamo nei dettagli di questi “reami”, avvaliamocene  invece per comprendere che cosa accade in pratica, o meglio nella pratica buddhista, per giungere ad intuire  come possa quell’acqua essere ferma e immobile al contempo. Nell’avvicinarsi al buddhismo emerge un’altra importante qualità che è l’intuizione. Nel coltivare “buone idee” incoraggiamo un atteggiamento che viene a purificare il nostro temperamento sbilanciato unicamente verso una di queste tre propensioni. Coltivare “buone idee” vuol dire alimentare quella consapevolezza intuitiva che sa fondere tutto questo in un messaggio più coeso in cui ci possiamo riconoscere con tutto noi stessi.

Si potrebbe così trovare uno spazio ricco di comprensione, di spontaneità e di entusiasmo appassionato. Uno dei luoghi privilegiati in cui avviene questo incontro è il respiro. Forse ci saremmo aspettati qualcosa “di più” e invece è proprio nella spontaneità del respiro, nel affidare la nostra consapevolezza al respiro che la farina si setaccia con leggerezza e pazienza dalle sue impurità, senza sforzo, riposando con fiducia nello scorrere del tempo. Si tratta di una tenacia diversa da quella del guerriero, è la tenacia di intuire che la presenza del respiro la si dimentica e la si ritrova, è il lievito più sicuro e immediato per cadenzare la crescita interiore. Il suo primo frutto è la capacità di sorridere intimamente e con piacevolezza sia nel prendere che nel lasciare, sia nell’accogliere che nel donare. La forza della creatività sa trasformare ogni cosa in ogni cosa, quel coltello che ferisce in quello che taglia il pane, quella parola che ferisce in una che incoraggia. Ben nutrita e ben usata, capace di vedere la connessione tra razionalità, affettività e passionalità, la forza creativa è capace di fare di ogni evento proprio quello appropriato, proprio quella “buona idea” che serve per fare un passo avanti.

Dalla retta visione scaturisce una retta intenzione, entrambe fonti di una scelta interiore e di un comportamento sociale sano. Occorre mantenere vigile l’attenzione, occorre una particolare abilità nell’osservare, serve un mente-cuore-pancia raccolto e pacificato per poter vedere negli oggetti proprio quegli oggetti, scremati da tutte le pulsioni contraddittorie di una mente, di un cuore e di una pancia pronti a contendersi la supremazia.

Il respiro è quel maestro riservato che ci insegna, nella semplicità apparente della sua natura, come miscelare gli ingredienti necessari ad apprezzare la vita. Noi lo percepiamo nel suo andare e tornare, ma assai frequentemente ci sfugge quel momento di sospensione tra una fase e l’altra, quella breve pausa che non è più questo e non ancora quello, che non è né questo né quello, che è un varco verso la comprensione che  “l’acqua scorre immobile”.

Se ci chiediamo che cosa vediamo in questa bella stanza arredata, ogni occhio si soffermerebbe su questo o su quello, a tutti o quasi sfuggirebbe la cosa più essenziale: lo spazio. E’ questo l’elemento “più bello” perché è proprio lo spazio che permette alle cose di essere viste, in sua assenza tutto si ridurrebbe ad un mattone. Questo spazio è il respiro, questo spazio è al contempo nelle pause in cui l’inspiro si rovescia nell’espiro e viceversa. La consapevolezza del respiro ci insegna tutto questo. Senza questo risveglio vedremmo solo una faccia di ciò che ci circonda e sarebbe proprio quella più secondaria, quella dell’apparenza, quella con cui i sensi entrano in contatto.

Questo spazio è quello di un mente-cuore-pancia che, immobili, contemplano, che vivono ma non perdono il contatto con la “terra” e con quello che ci insegna di momento in momento, di respiro in respiro. La pratica meditativa consiste proprio nel fare amicizia con lo spazio e allo scopo individua diverse vie. Una delle più usate nel buddhismo è l’attenzione al respiro, ma sono molteplici gli strumenti che ci permettono di comprendere la bellezza dello spazio, la troviamo nella recitazione di un mantra, nello spazio tra una parola e l’altra. Ma ogni momento è l’attimo di un battito di ciglia, è un attimo di sospensione, un attimo di pace. L’acqua è immota, ma pronta a fluire. Questo è il punto di partenza  della crescita interiore. Lo sguardo si dovrà volgere a cogliere questa saggezza maturata con la meditazione in ogni pulsione di rabbia, di attaccamento o di avversione, in ogni nebbia, in ogni incertezza. Vale a dire che questa capacità si deve cimentare con quel grande fiume del divenire che è la vita, il samsara. Lunga questa strada la pratica si arricchisce di particolari strumenti. La retta visione andrà a cogliere i grandi fenomeni che cadenzano il karma, li sperimenterà e li comprenderà.  Allora il karma non farà più presa e sia il karma che il samsara si inchineranno allo stupore del nirvana che non si arrocca su se stesso ma è pronto a celarsi nuovamente nel samsara. Allora si vedrà l’acqua scorrere immobile.

Rodolfo

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