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Quattro nobili verità, tre caratteristiche e poco sale nei biscotti – A. Mahapanyo, Riflessioni a margine sull’incontro del 18lug- Simona

Quattro nobili verità, tre caratteristiche e poco sale nei biscotti

 

 Sedersi una mattina a La Pagoda, sentire qualcuno che taglia l’erba fuori (e chiedersi se doveva farlo proprio quella mattina!), sentire il canto delle cicale e pensare a cosa faranno le formiche con tutto questo caldo, come retaggio di antiche fiabe.

Bene, introdotto lo spazio esterno, è però a quello interno che si rivolge la nostra attenzione.

Il respiro lo attraversa come fa sempre, ma l’attenzione non sempre c’è e va coltivata, come l’orto. Naso, petto, pancia poi tutto per far sì che l’identificazione non sia parziale e la percezione del corpo completa.

E’ con l’attenzione al respiro che la mente si placa (almeno un po’ e per un po’), che il rumore esterno scompare e il suono interno prevale.

Siamo come un orto: per far emergere ciò che naturalmente c’è – a volte anche far nascere ciò che manca, ciò che vogliamo ci sia – sono necessarie osservazione e azione. Rimuovere le erbacce (la sofferenza) presuppone la loro conoscenza, il loro riconoscimento.

E’ un ruolo attivo quello che ci aspetta, ma senza affanno. L’insegnamento del Buddha ci dice che siamo noi, con le nostre azioni e i nostri pensieri, a riempirci di inutili sofferenze.

Anziché rincorrere uno sfuggente (o comunque effimero) successo, sarebbe meglio educare la mente/il cuore ad essere liberi da troppi condizionamenti. Quando questi avvengono, almeno riuscire a discernerli come tali.

Ci vorrebbero degli occhiali correttivi che riportino la visione delle cose a quello che sono e rimuovano le continue etichette che appiccichiamo ostinatamente alla realtà materiale e non, ai fenomeni fisici e mentali.

Ci vorrebbero anche forbici robuste per tagliare tutte le catene che ci tengono legati a false convinzioni, a punti che crediamo fissi, per rimuovere l’attaccamento che provoca dolore.

Non si delega, però, e l’utilizzo delle bacchette magiche non è consentito perché non esistono. Non ci sono strumenti esterni a noi che possano fare questo lavoro e, di conseguenza, emerge che possiamo fare tutto da soli!

Sì, ma fosse facile…

Eppure Ajahn Mahapanyo ci dice di provare e di non scoraggiarsi, di cercare una strada, ce ne indica una, non ne esclude altre. Dice che le porte hanno pari  dignità e che se non passiamo dalla prima che abbiamo individuato ce n’è sempre una vicina, a lato, e non è detto che non sia valida per il nostro cammino.

E’ un “esercizio” da fare a 360°, che non manca di ironia, perché dubitare fa bene (sempre senza eccedere) ed aiuta a non mettere i piedi nelle sabbie mobili.

Come spesso accade, ci sono soluzioni semplici a problemi complessi. Semplici, ma non facili. Ma vale la pena provare.

La meditazione può cambiare in meglio la qualità della nostra esistenza (ma ho la certezza che si tratti di una rivoluzione!) e Ajahn Mahapanyo ci invita a farlo con poche e semplici indicazioni.

La sua presenza è discreta, sembra che lasci a noi il compito più grande (e forse lo fa), ma allo stesso tempo ci dona una cosa meravigliosa: la fiducia.

E’ sicuramente la fiducia di chi ha già sperimentato.

E’ questa, forse, la parte più insidiosa: non farsi prendere (quando va bene), ingabbiare (quando va poco bene) o stritolare (quando va proprio male) da categorie e modi di pensare – quindi di agire – non adatti. Modalità che, alla fine, ci rendono schiavi di tutto, tanto del mondo fisico quanto di quello psichico. Riuscire a portare la pratica nella vita di tutti i giorni e far sì che all’approccio sincero e consapevole che si alimenta nelle intenzioni possano seguire azioni altrettanto ispirate. Lasciando fare a Sisifo il suo lavoro.

E’ un approccio tutto qualitativo quello che propone: risvegliare e coltivare l’attenzione su ciò che ci accade. E la sensazione è quella di infrangere le regole spazio-temporali così come siamo abituati a viverle, i nessi causali così come siamo abituati a concepirli.

Quattro Nobili Verità, Tre Caratteristiche e un giusto bilanciamento degli ingredienti: osservare e riconoscere, mettere ciò che manca, togliere ciò che non deve esserci e ciò che è in eccesso.

Resta un dubbio: qual è lo yogurt preferito dai monaci? Aspetteremo la prossima volta per non saperlo.

Simona Giambagli

 

 

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